Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48912 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48912 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MASCALI GIOVANNI, nato il 15/11/1984
avverso l’ordinanza n. 646/2015 TRIBUNALE LIBERTÀ di CATANIA
del 04/05/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale dott. Sante Spinaci,
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
preso atto che nessuno è comparso per il ricorrente.

Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 4 maggio 2015, il Tribunale di Catania, costituito ai
sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha respinto la richiesta di riesame proposta
avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa il 21 aprile 2015 dal
G.i.p. dello stesso Tribunale nei confronti di Mascali Giovanni, in relazione ai
reati, contestati in concorso con Mascali Agatino, di detenzione illegale e porto in

matricole abrase (capo 1) e di ricettazione della stessa arma (capo 2).
La misura non era stata, invece, applicata in relazione al reato di cui agli
artt. 2 e 7 legge n. 895 del 1967 (capo c), contestato relativamente alla
detenzione di trentasei cartucce, delle quali trentatré cal. 12 di marca “Smart
Strike-T3” e tre cal. 12/67 di marca “R&P”.
1.1. Il Tribunale richiamava per sintesi la vicenda cautelare, procedendo dal
controllo, operato nel viale Castagnola di Catania il 18 aprile 2015 intorno alle
ore 11,20 da una pattuglia dell’U.P.G.S.P. della Questura di Catania, di
un’autovettura Fiat Panda, che, procedendo con due uomini a bordo in direzione
opposta, aveva aumentato la velocità alla vista degli operanti e, inseguita, era
stata fermata.
A seguito di quanto riferito dai due occupanti, identificati nel ricorrente
Mascali Giovanni e nel fratello Agatino, circa la presenza di un’arma nel
portabagagli dell’autovettura, erano state rinvenute nello stesso, all’interno di
una custodia avvolta in una coperta, il fucile e le cartucce di cui alla imputazione.
1.2. Il Tribunale dava conto dell’iter logico-argomentativo seguito dal primo
Giudice, che aveva convalidato l’arresto di entrambi gli indagati e applicato loro
la misura custodiale, ripercorrendo:
– le dichiarazioni spontanee di Mascali Agatino, che aveva riferito in merito
al rinvenimento del fucile e delle munizioni, avvenuto poco prima, da parte di un
cittadino rumeno, cui sua moglie aveva conferito l’incarico di ripulire l’aiuola
antistante alla loro abitazione, e in merito al suo intervento, avvisato dalla
moglie, per prendere l’arma, che aveva avvolto in una coperta -mentre il
ricorrente Mascali Giovanni, suo fratello, con cui era giunto, era rimasto in autocon l’intenzione di abbandonare l’arma in un terreno incolto;
– le dichiarazioni del cittadino rumeno Ferdes Mihai, che aveva riferito di
essere stato incaricato da tale Giusy Freni di ripulire una parte del giardinetto
condominiale; di avere casualmente rinvenuto, mentre toglieva le erbacce in
un’aiuola, l’arma e le munizioni; di avere consegnato le stesse a una donna che,
affacciatasi al balcone prospiciente il giardinetto, gliene aveva fatto perentoria
richiesta; di avere visto dopo una decina di minuti, mentre aveva ripreso a

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luogo pubblico di fucile Beretta S/60 a canne sovrapposte e mozzate con

lavorare, due uomini affacciati allo stesso balcone, uno dei quali, da lui
conosciuto come il marito della predetta donna, gli aveva dato una banconota da
dieci euro, non compresa nel suo compenso che aveva poi ricevuto, dicendogli di
non dire nulla, mentre l’altro non era da lui conosciuto;
– le dichiarazioni rese nel suo interrogatorio di garanzia dinanzi al G.i.p. dal
predetto Mascali Agatino, che aveva ribadito che era sua intenzione disfarsi
dell’arma e delle munizioni e che suo fratello Giovanni, rimasto sempre in auto,
non era consapevole del prelievo dell’arma e delle munizioni da lui solo

spettantegli;
– le dichiarazioni rese nella stessa occasione dal ricorrente, che aveva
escluso di avere saputo della presenza dell’arma sull’auto fino a quando non
glielo aveva riferito il fratello in occasione del loro controllo da parte delle Forze
dell’ordine.
1.3. Secondo il Tribunale, gli elementi raccolti integravano un grave quadro
indiziario a carico del ricorrente riguardo ai reati ascrittigli, poiché consentivano
di ricondurre allo stesso e al fratello l’arma rinvenuta in termini di qualificata
probabilità, avendo riguardo, in particolare:
– alla posizione, prossima al balcone dell’abitazione del fratello, dell’aiuola in
cui la stessa arma era occultata;
– all’intervento immediato della moglie del fratello, che aveva reclamato al
cittadino rumeno, incaricato di lavori di pulizia, la consegna dell’arma;
– alla rapida iniziativa dei fratelli Mascali Agatino e Mascali Giovanni, che,
giunti a casa del primo, avevano preso l’arma, occultandola nel portabagagli
dell’auto e allontanandosi, dopo che lo stesso aveva dato la somma aggiuntiva di
dieci euro al possibile informatore, che aveva espressamente invitato a non dire
nulla;
– alla certa presenza nell’abitazione del ricorrente, le cui fattezze fisiche
coincidevano del tutto con quelle descritte dal cittadino rumeno, né avendo,
peraltro, Mascali Agatìno riferito della presenza di altro uomo nella sua
abitazione;
– alla mancanza della reazione naturale, consistente nella denuncia del
ritrovamento dell’arma e della sua consegna alle Forze dell’ordine, da parte sia
del ricorrente sia del fratello e della moglie.
1.4. Erano corrette le operate qualificazioni dei fatti ascritti, poiché
sussisteva il reato di detenzione di arma clandestina e non era assorbito in esso
il reato di detenzione di arma comune da sparo, entrambi contestati in fatto al
capo a) e solo il primo in diritto; era ravvisabile il reato di porto dell’arma e non
il suo solo trasporto, ricorrendo la condizione della

“quasi immediata”

utilizzabilità dell’arma, rinvenuta scarica ma accompagnata da trentasei

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effettuato, mentre il denaro da lui dato al rumeno era l’acconto sul compenso

cartucce; ricorreva il reato di ricettazione dell’arma avente canne alterate e i
numeri di matricola abrasi, in concorso formale con il delitto di detenzione e
porto di arma clandestina.
1.5. L’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione criminosa di cui all’art.
274 lett. c) cod. proc. pen. trovava fondamento, quanto a Mascali Giovanni, nelle
specifiche modalità della condotta delittuosa, che inducevano a ritenere
l’indagato inserito in circuito criminale di particolare spessore, e nel vissuto
criminale dello stesso, gravato da precedenti per detenzione e cessione di

2009.
La pericolosità sociale dell’indagato, correlata alla probabile sussistenza di
suoi legami con il detto circuito criminale, la sua costante refrattarietà alle regole
e alle prescrizioni e il luogo di detenzione dell’arma, consistente in una
pertinenza dell’abitazione del fratello, ne escludevano la minima affidabilità e
fondavano il giudizio di esclusiva idoneità della custodia intramuraria.

2. Avverso detta ordinanza, reiettiva della richiesta di riesame, ricorre per
cassazione con atto personale Mascali Giovanni, che ne chiede l’annullamento
sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 273 cod. proc. pen., difetto di
motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Secondo il ricorrente, il Tribunale del riesame è incorso nel denunciato vizio
per avere, travisando il fatto, ricostruito la sua condotta in termini difformi dalla
sua logica apprezzabilità, secondo un percorso argomentativo apodittico e
illogico.
Contrariamente a quanto ritenuto nell’ordinanza, egli è assolutamente
estraneo al fatto, poiché la circostanza riferita dal cittadino rumeno circa la
presenza di due uomini, la descrizione di uno dei quali è approssimativamente
riferibile a lui, contrasta con le concordi dichiarazioni rese in sede di udienza di
convalida da parte sua e del fratello Agatino, che ha aggiunto la circostanza, non
riportata nel verbale d’interrogatorio, circa la identificazione del secondo uomo
con il figlio minorenne avente le stesse fattezze fisiche di esso ricorrente, suo
zio.
Né si sottrae al denunciato vizio l’esclusa qualificazione del fatto quale
trasporto e non porto dell’arma, poiché il Tribunale, dopo avere richiamato alcuni
principi di diritto, non ne ha fatto corretta interpretazione, ritenendo la

“quasi

immediata utilizzabilità” dell’arma, che era all’interno di una custodia avvolta in

un sacco di plastica, a sua volta avvolto in una coperta e chiuso nel portabagagli
dell’auto.
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sostanze stupefacenti e ricettazione, commessi rispettivamente nel 2011 e nel

Né si è considerato che del reato di ricettazione, contestato per la
clandestinità dell’arma, manca l’elemento psicologico per non avere Mascali
Agatino, avvertito dalla moglie, controllato la presenza o meno dei numeri di
matricola o la provenienza dell’arma.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 274 cod. proc. pen.,
difetto e/o omessa motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze
cautelari.

priva di fondamento logico, poiché egli svolge regolare attività lavorativa, la cui
continuità ha dimostrato; è stato ammesso all’affidamento in prova per fatti del
2013, conseguendo per il suo buon esito l’estinzione della pena, e per il reato del
2009; non vive di proventi illeciti e ha sempre rispettato le prescrizioni imposte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo del ricorso, che attiene alla contestata sussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, è inammissibile.
1.1. Si premette in diritto che le valutazioni da compiersi dal giudice ai fini
dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo
le linee direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo
giudizio prognostico di “elevata probabilità di colpevolezza”, tanto lontano da una
sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure
presuntivo, poiché di tipo “statico” e condotto, allo stato degli atti, sui soli
elementi già acquisiti dal Pubblico Ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte
Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent.
n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).
1.1.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di
misure cautelari personali, non è richiesto il requisito della precisione e della
concordanza, ma quello della gravità degli indizi di colpevolezza, per tali
intendendosi tutti quegli elementi a carico ancorati a fatti certi, di natura logica o
rappresentativa, che non valgono di per sé a dimostrare, oltre ogni dubbio, la
responsabilità dell’indagato e tuttavia sono tali da lasciar desumere con elevata
valenza probabilistica l’attribuzione del reato al medesimo (Sez. U, n. 11 del
21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantino e altro, Rv. 202002, e, tra le
successive, Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep. 15/04/1999, Capriati e altro,
Rv. 212998; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep. 09/02/2004, Acanfora, Rv.
227511; Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, dep. 08/07/2013, Cardella, Rv.
256657), e la loro valutazione, a norma dell’art. 273, comma 1-bis, cod. proc.
pen., deve procedere applicando, tra le altre, le disposizioni contenute nell’art.
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Secondo il ricorrente, la motivazione adotta dal Tribunale è apodittica e

192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., che delineano, pertanto, i confini del libero
convincimento del giudice cautelare (tra le altre, Sez. U, n. 36267 del
30/05/2006, dep. 31/10/2006, RG. in proc. Spennato, Rv. 234598; Sez. 1, n.
19517 del 01/04/2010, dep. 24/05/2010, Iannicelli. Rv. 247206).
1.1.2. Si è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali,
l’ordinamento non conferisce a questa Corte alcun potere di revisione degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore
degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive

misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito
esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura
cautelare, nonché del tribunale del riesame (tra le altre, Sez. 6, n. 2146 del
25/05/1995, dep. 16/06/1995, Tontoli e altro, Rv. 201840; Sez. 2, n. 56 del
07/12/2011, dep. 04/01/2012, Siciliano, Rv. 251760).
Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, limitato, in relazione
alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che a esso ineriscono, all’esame del
contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente
significative, che hanno determinato il giudice della cautela ad affermare la
gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, e dell’adeguatezza e della
congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi
indiziari rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che ne governano
l’apprezzamento (tra le altre, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000,
Audino, Rv. 215828; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007,
Terranova, Rv. 237012; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, dep. 20/06/2013,
P.M. in proc. Tiana, Rv. 255460), senza che possa integrare vizio di legittimità la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994,
dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998,
dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999,
dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331, e, tra le plurime più recenti, Sez. 1. n.
45847 del 26/02/2014, dep. 04/11/2014, Bentornato, non massinnata).
1.2. Svolte le indicate premesse, e passando alla concreta verifica di
legittimità della decisione impugnata, si rileva che il convincimento manifestato
dal Tribunale circa la sussistenza a carico dell’indagato, odierno ricorrente, di
gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di cui ai capi a) e b) della
imputazione provvisoria -ai quali è riferita l’applicazione della misura custodialeappare immune da vizi giuridici e logici perché espressione di un percorso
argomentativo ragionevole e corretto nell’applicazione dei criteri di valutazione
del materiale indiziario, congruo con le acquisizioni processuali richiamate nella
decisione e coerente con i condivisi principi di diritto fissati da questa Corte e con
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dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle

le regole della logica e della non contraddizione.
1.3. L’ordinanza, che ha ripercorso le fonti di prova utilizzate nell’ordinanza
genetica con ampi richiami al loro contenuto (sintetizzati nella precedente parte
espositiva sub 1.1. e 1.2.), ha ritenuto, in particolare, che le emergenze
acquisite fossero dimostrative, in termini coerenti con la verifica demandata alle
fasi cautelare e de libertate, della sussistenza di una solida piattaforma indiziarla
con riferimento alle contestate ipotesi criminose di detenzione, porto e
ricettazione di arma clandestina, poiché gli elementi raccolti (indicati sub 1.3. e
“ritenuto in fatto”)

erano tali da ricondurre l’arma il

munizionamento rinvenuti nell’auto, che il ricorrente e il fratello Mascali Agatino
occupavano al momento del suo controllo nella via Castagnola di Catania, al
ricorrente, per quanto qui interessa, e le condotte criminose alle contestate
previsioni normative.
Il Tribunale è pervenuto a tale valutazione all’esito di una critica disamina
dei dati tratti dalle fonti di prova, specificamente enunciando le ragioni della loro
valorizzazione e rimarcando in diritto, con richiamo a pertinenti principi tratti dai
condivisi arresti di questa Corte, la correttezza della contestazione e
dell’apprezzamento dei delitti di:
– detenzione e porto sulla pubblica via di arma da sparo clandestina, sia
sotto il profilo della non configurabilità dell’assorbimento del reato di detenzione
di arma comune da sparo in quello di detenzione di arma clandestina, sia sotto il
profilo della sussistenza del reato di porto illegale dell’arma, invece che del suo
reclamato “trasporto”;
– ricettazione della stessa arma, avente canne alterate e numeri di matricola
abrasi, che ne hanno determinato la clandestinizzazione.
1.4. A fronte dell’articolato giudizio espresso nell’ordinanza, fondato su
apprezzamenti di fatto non incongrui ai dati riferiti ed esente da vizi giuridici, il
ricorrente oppone censure prospettate come deduzioni dimostrative della
illogicità del discorso giustificativo della decisione in rapporto alle emergenze
processuali e ai rilievi difensivi quanto alla proprietà dell’arma, alla qualificazione
della condotta in termini di porto dell’arma, invece che come trasporto, e alla
sussistenza dell’elemento psicologico del reato di ricettazione.
Tali censure sono, innanzitutto, prive di alcuna fondatezza nella
contestazione dell’iter argomentativo della decisione, affidata dal ricorrente al
rilievo della propria assoluta estraneità al fatto, che tuttavia si traduce,
invadendo in termini generici non incongrui apprezzamenti di merito, nella
contrapposta affermazione del medesimo di essere rimasto in auto durante
l’ingresso del fratello nella sua abitazione e in attesa della sua uscita e di essere
del tutto estraneo, rappresentando a ragione di dette affermazioni difensive la
circostanza, pure solo asserita e peraltro solo in questa sede -in replica al rilievo
7

1.4. dello stesso

del Tribunale circa la sua identità con il secondo uomo visto e descritto da Ferdes
Mihai- della sua somiglianza con il nipote, figlio del fratello Mascali Agatino, priva
di qualsiasi riscontro documentale, che è stato anzi espressamente escluso per
l’ulteriore asserzione che quanto riferito in sede d’interrogatorio non è stato
verbalizzato

.

I rilievi svolti sono, inoltre, inammissibili nella parte in cui, senza contestare
i principi di diritto, richiamati nell’ordinanza e attinenti alla differenza tra porto e
trasporto di arma e al concetto di “quasi immediata” utilizzabilità dell’arma, del

reclamando una rilettura, non consentita in questa sede, degli elementi di fatto
ritenuti congruenti nella competente fase del merito, in vista di un diverso
risultato in diritto.
Tale inammissibilità investe anche la sussistenza, contestata dal ricorrente,
dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione in capo al fratello Mascali
Agatino, che avrebbe omesso di verificare la presenza dei numeri di matricola e
la provenienza illecita dell’arma, che a sua volta si collega alla tesi della non
riconducibilità a esso stesso dell’arma in oggetto, già ampiamente vagliata e
correttamente disattesa dal Tribunale distrettuale, e si traduce in una ulteriore
richiesta di rilettura in fatto della vicenda, estranea ai limiti del sindacato di
legittimità.

2. Sono, infine, manifestamente destituite di fondamento le deduzioni e
osservazioni, oggetto del secondo motivo del ricorso, attinenti alla sussistenza
delle esigenze cautelari.
Il giudizio espresso dal Tribunale è stato, infatti, esaustivamente e
coerentemente correlato al pericolo di recidivata criminosa del ricorrente a fronte
delle specifiche modalità e circostanze della condotta criminosa ascritta,
sintomatica del suo inserimento in circuito criminale di particolare spessore, e
avuto riguardo al suo vissuto criminale, attestato da due gravi precedenti penali
per reati commessi, rispettivamente, nel 2009 e nel 2011, e dalla costante
refrattarietà alle regole e alle prescrizioni dell’autorità.
Tale giudizio, non disgiunto da quello attinente alla proporzionalità e alla
esclusiva adeguatezza della misura applicata, resiste alle obiezioni del ricorrente
che, limitandosi a eccepire l’apodittici e illogicità della motivazione, contrappone
circostanze, che, neppure provate in coerenza con il principio di autosufficienza
del ricorso, sono non pertinenti o sub valenti rispetto alla completezza dell’analisi
svolta o comunque generiche, quali lo svolgimento di attività lavorativa, le
intervenute ammissioni alla misura alternativa alla detenzione, il rispetto delle
prescrizioni imposte e l’omessa fruizione di proventi o profitti illeciti.

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tutto infondatamente oppongono l’erronea interpretazione operatane,

3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Segue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e -per i profili di colpa correlati alla irritualità della impugnazione- al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina
nella misura, ritenuta congrua, di euro mille.
La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94,
comma 1-ter, disco. att. cod. proc. pen.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
Cassa delle ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al
LO

cd *
*5.
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8

Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disco. att.
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, in data 11 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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