Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48910 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48910 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOLTANI LARBI BEN MOKTAR, nato il 16/02/1978
avverso l’ordinanza n. 517/2014 TRIBUNALE di FIRENZE del
04/08/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale dott. Alberto Cardino,
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza depositata il 4 agosto 2014 il Tribunale di Firenze, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato il beneficio dell’indulto, previsto
dalla legge n. 241 del 2006 e concesso, nella misura di anni tre di reclusione e di
euro ottocentocinquanta di multa, in favore di Soltani Larbi Ben Moktar, per
avere lo stesso commesso in data 8 maggio 2008, e quindi nel quinquennio

riportando la condanna di cui alla sentenza del 5 dicembre 2008 del G.i.p. del
Tribunale di Livorno, esecutiva il 2 marzo 2010.

2. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione, con atto personale,
l’interessato, che ne chiede l’annullamento.
2.1. Il ricorrente deduce, a ragione del suo ricorso, di avere presentato
istanza di restituzione nel termine per impugnare cinque sentenze contumaciali
emesse nei suoi confronti, di avere avanzato contestuale richiesta ai sensi
dell’art. 670 cod. proc. pen. e richiesta subordinata di applicazione della
disciplina del reato continuato tra i reati per i quali ha riportato condanna, e di
avere interposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 24 dicembre
2013 del Tribunale di Firenze, che aveva dichiarato inammissibile la prima
istanza e rigettato le altre, rappresentando che a suo carico era intervenuto
errore di persona e non erano a lui riportabili i reati commessi ad Asti il 27 aprile
2007 e a Musile di Piave il 2 novembre 2006, in quanto alle dette date era stato
espulso, i reati commesso a Soave il 6 novembre 2005 per essere all’epoca
detenuto, e quelli commessi a S. Donà di Piave il 22 giugno 2001 per non essere
ancora arrivato in Italia.
2.2. Il ricorrente, ulteriormente opponendo di essere stato condannato due
volte per il reato di danneggiamento, commesso il 10 ottobre 2005, senza che
fosse stata disposta la sua traduzione ai sensi dell’art. 159 cod. proc. pen.,
nonostante il suo stato detentivo, nel procedimento definito con sentenza del 28
settembre 2009 del Tribunale di Firenze, deduce che non è potuto comparire nel
procedimento definito con sentenza dell’8 novembre 2006 del Tribunale di Pisa
per essere fuori territorio, e di non avere ricevuto alcuna notifica con riguardo al
procedimento definito con sentenza del 19 gennaio 2009 dello stesso Tribunale,
anche contestando di avere potuto commettere reati nei periodi indicati per il
suo stato fisico in dipendenza del suo recente ricovero ospedaliero e degli
interventi chirurgici e sanitari cui è stato sottoposto.
2.3. Secondo il ricorrente, che evidenzia che la predetta ordinanza è stata
annullata con rinvio per nuovo esame da questa Corte con sentenza del 16 luglio

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decorrente dalla data di entrata in vigore della indicata legge, altro reato

2014 e che la revoca dell’indulto è basata su procedimento erroneo per scambio
di persona e per mancato avviso dei procedimenti, mentre sono a lui relative
solo le sentenze del 3 dicembre 2008 del Tribunale di Trapani, la revoca
dell’indulto deve essere annullata “fin che venga esaminata l’ordinanza” già
annullata da questa Corte, con concessione della rimessione in termini per la
mancata comunicazione dei provvedimenti contumaciali, che costituisce
violazione del diritto di difesa.

scritta, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per essere aspecifici i rilievi e le doglianze su cui
si fonda.

2. Questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio,
che a fondamento dell’atto di impugnazione devono esserci censure collegate alle
ragioni della decisione impugnata, che non possono essere ignorate da parte di
chi ne reclama la riforma (tra le altre, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, dep.
28/05/2009, P.M. in proc. Candita e altri, Rv. 244181; Sez. 3, n. 16851 del
02/03/2010, dep. 04/05/2010, Cecco e altro, Rv. 246980).
2.1. Il ricorrente, nel caso di specie, non muove critiche specifiche alla
decisione del Tribunale di Firenze, che, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha
ritenuto che la condanna da esso riportata con sentenza del 5 dicembre 2007 del
G.i.p. del Tribunale di Livorno, irrevocabile il 2 marzo 2010, ed espressamente
indicata nella richiesta del Procuratore della Repubblica presso lo stesso
Tribunale di Firenze, incorporata nel suo provvedimento di esecuzione di pene
concorrenti del 24 gennaio 2014, comportasse la revoca dell’indulto per anni tre
di reclusione ed euro ottocentocinquanta di multa, già applicatogli.
Gli argomenti svolti nell’atto di ricorso dal ricorrente concernono, invece,
come emerge dai richiami al suo contenuto, esposti per sintesi sub 2.1., 2.2.
2.3. del “ritenuto in fatto”, precedenti sentenze di condanna, cui è estranea la
sentenza di condanna predetta, apprezzata quale causa di revoca dell’indulto
nella indicata misura, e attengono a dedotti vizi, denunciati come incidenti sulla
tutela del contraddittorio e sul diritto di difesa, da farsi valere attraverso i rimedi
già esperiti, quale quello enunciato come pendente, o esperibili secondo le regole
fissate dal codice di rito penale.
2.2. Né una richiesta di rimessione nei termini per impugnare provvedimenti
contumaciali, peraltro avanzata in termini del tutto generici nella esposizione

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3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria

delle richieste conclusive del ricorso, può trovare alcuno spazio di apprezzamento
in questa sede.

3. Il ricorrente, in conseguenza della inammissibilità del ricorso, deve
essere, pertanto, condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento in favore della Cassa
delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa correlati al

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 11 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

proposto ricorso, si determina nella congrua somma di euro mille.

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