Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48906 del 20/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48906 Anno 2013
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ROMBOLA’ MARCELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ALBERO VITTORIO N. IL 06/07/1952
VIO STEFANIA N. IL 06/09/1974
avverso l’ordinanza n. 4241/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
18/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCELLO
ROMBOLA’;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. RYr.,L.9
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Data Udienza: 20/11/2013

Con ordinanza 18/7/13 il Tribunale del riesame di Napoli in sede di rinvio – annullata con
sentenze 14112112 e 813113 dalla V sez. pen. della S.C. una prima ordinanza del Tribunale del
riesame del 9/7/12 nei confronti, tra l’altro, di Vio Stefania e di D’Albero Vittorio, indiziati di più
reati di bancarotta fraudolenta in relazione al fallimento della EnerAmbiente spa dichiarato il
22/2/12 dal Tribunale di Napoli (capo A, entrambi in concorso con altri; capi B e D, la sola Vio
in concorso con altri), violenza e minaccia (di licenziamento) per costringere a commettere un
reato (capo G, la sola Vio in concorso con altri), estorsione continuata aggravata in danno del
responsabile e di un dipendente della San Marco scarl (capo I, entrambi in concorso con altri),
corruzione (capo L, entrambi in concorso con altri), associazione per delinquere finalizzata a
commettere più reati di bancarotta fraudolenta e connessi (capo M, entrambi in concorso con
altri), estorsione continuata aggravata in danno degli amministratori di Asia, spa interamente
partecipata dal Comune di Napoli per la raccolta dei rifiuti solidi urbani e degli stessi sindaco e
vicesindaco pro tempore del Comune di Napoli (tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011: capo O,
il solo D’Albero in concorso con altri) – confermava, riguardo ai detti Vio e D’Albero, l’ordinanza
di custodia cautelare emessa nei loro confronti dal Gip del Tribunale di Napoli il 12/6/12: in
riferimento all’annullamento della misura operato dalla S.C. su ricorso del Pm in relazione al
capo G per la Vio (in atto sottoposta solo all’obbligo di dimora, fermo per il resto il giudicato
cautelare nei suoi confronti) e su ricorso dell’indagato in relazione al capo M per il D’Albero (in
atto sottoposto anch’egli all’obbligo di dimora dopo l’annullamento della misura da parte del
primo giudice del riesame relativamente ai capi A ed L, fermo il giudicato cautelare per I ed O).
In sintesi vengono contestati con i detti capi più reati commessi nell’ambito del dissesto della
EnerAmbiente spa, che dal 2007 fino al suo fallimento aveva operato in appalto dal Comune di
Napoli nel settore della R.S.U._ Nella società (di cui era amministratore unico e poi liquidatore
Gavioli Stafano) la Vio era direttrice dell’ufficio finanziario, il D’Albero dirigente sindacale della
FIADEL e come tale coinvolto con la stessa Vio (e con tale Faggiano Giovanni) nella gestione
degli appalti campani, punto di riferimento (sindacale) per le vicende legate al reclutamento, la
gestione e l’organizzazione dei lavoratori del settore. A tutti contestato (compreso il D’Albero),
con i singoli reati fine, quello di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più
reati di bancarotta fraudolenta (patrimoniale, documentale e preferenziale) in danno di più
società del gruppo Gavioli, nonché di falso in bilancio e altre comunicazioni sociali, emissione e
utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, ricorso abusivo al credito, truffa aggravata in
danno di istituti di credito, corruzione ed estorsione.
Ricorrevano per cassazione, per quanto di interesse nel presente procedimento, D’Albero e Vio.
D’Albero Vittorio, a mezzo del proprio difensore, deduceva: 1) violazione di legge processuale
per avere il giudice del rinvio disatteso le indicazioni della S.C. circa la necessità di riesaminare
il complesso indiziario sull’addebito associativo, tanto più dopo l’esclusione della sussistenza di
un adeguato apparato indiziario in ordine al concorso nella bancarotta fraudolenta sub A (e
quindi sulla sola base del giudicato cautelare in ordine alle due ipotesi estorsive sub I ed 0); 2)
vizio di motivazione per la mancata risposta alla memoria depositata all’udienza del 9/7/12 e ai
motivi nuovi depositati all’udienza del 23/7/13; 3) vizio di motivazione per essersi limitato il
giudice del rinvio a riportarsi, per relationem, all’ordinanza annullata. Chiedeva l’annullamento
dell’ordinanza impugnata.
Vio Stefania, a mezzo dei propri difensori, deduceva: 1) violazione di legge processuale per il
mancato avviso all’indagata (nelle more trasferitasi altrove) dell’udienza in camera di consiglio
(giusta decreto 30/5/13) del 2/7/13 (l’irritualità non era stata considerata, assente la parte e i
suoi difensori, neppure alla successiva udienza del 18/7/13); 2) violazione di legge processuale
1

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Ritenuto in fatto

All’udienza camerate fissata per la discussione il PG concludeva per l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza in relazione ad entrambi i ricorrenti, la difesa del D’Albero per raccoglimento del
proprio ricorso. Nessuno compariva per la Vio.
Considerato in diritto
Il ricorso di Vio Stefania è fondato nel suo primo motivo. Non è dato sapere se il trasferimento
di domicilio dell’indagata (da Spinea in provincia di Venezia a Carovigno in provincia di Brindisi)
fosse o meno rituale (vista la stessa posizione processuale e l’affievolito status libertatis del
soggetto), ma, una volta non reperita la ricorrente all’indirizzo conosciuto, la notifica andava
effettuata ai sensi dell’art. 161.4. cpp_ Ciò non risultando, il provvedimento emesso in assenza
della parte, violando il diritto di difesa, va annullato senza rinvio con trasmissione degli atti per
nuovo esame al Tribunale di Napoli (impregiudicati i restanti motivi).
Diversamente è a dirsi per il ricorso di D’Albero Vittorio. Contrariamente a quanto dedotto dalla
difesa (e in difformità dal parere del PG), la motivazione dell’ordinanza impugnata è priva di
contraddizioni, è logica e completa e in quanto tale dà implicita risposta a tutti i rilievi che le
sono mossi. La fondamentale censura è che, esclusi i gravi indizi di colpevolezza per i reati di
bancarotta (capo A, oltre che per la corruzione sub L), per ciò solo i gravi indizi di colpevolezza
verrebbero meno per il reato associativo ad essi finalizzato (capo M), tale reato non potendo
sostenersi solo sui residui reati estorsivi di cui ai capi I ed O. Ciò non corrisponde all’evidenza
processuale. Alle pagine 29-30 il giudice del rinvio prende specificamente in esame la posizione
del D’Albero, indicandolo tra i (consapevoli) destinatari di somme avulse dall’oggetto societario
e, quindi, di somme che hanno contribuito al dissesto economico della società di poi fallita (si
fa espresso richiamo al passaggio di una conversazione intercettata in ambientale dove la Vio
parla di lui con il Faggiano alludendo ad un pagamento di 80.000 euro “al nero”, coperto nella
contabilità relativa al rapporto con la Alghero Vernici; si ricorda che le indagini hanno rivelato
una movimentazione bancaria del sindacalista del tutto incongrua rispetto alle sue capacità
reddituali; si fa ancora espresso richiamo ad altri passaggi intercettati delle conversazioni tra la
Vio e il Faggiano, dove costoro fanno riferimento a lui come ad uno degli anelli della catena che
partiva dal Gavioli; al proposito si chiarisce che il D’Albero non aveva condiviso certe scelte del
Gavioli e del coindagato Tonetto nei confronti della ASIA ma sol perché riteneva che dalla detta
società si potesse ottenere – estorcere – molto di più; che proprio per le capacità “persuasive”
del D’Albero il Gavioli, a colloquio con la coindagata Totaro, aveva insistito affinché fosse il
primo, a preferenza dell’altro coindagato Prandin, ad esercitare le dovute pressioni sul Comune
e sulla ASIA). In definitiva, osserva il giudice, era quello il compito del D’Albero all’interno del
“sistema” (ovvero dell’associazione) e, anche dopo la rottura dei rapporti tra il Faggiano e il
Gaviano, il D’Albero continua a interessarsi della società, lasciandosi coinvolgere nell’iniziativa
del primo (e di altri fornitori) di costituire una “cordata” per acquisire la società medesima e gli
appalti. La conclusione del tutto logica è la chiara partecipazione del D’Albero all’associazione,
tesa alla commissione di innumerevoli reati (vedi le estorsioni continuate aggravate sub I e O),
tutti volti a garantire a ciascuno (dei sodali) un profitto personale in danno dei lavoratori, che
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e difetto assoluto di motivazione per non aver il giudice del rinvio dato conto dei motivi della
propria pronuncia, limitandosi a riportare quelli della pronuncia annullata e senza dare conto
della nota difensiva ritualmente pervenutagli (sulla scadenza del termine custodiale di fase in
ordine al capo G e la conseguente assenza di interesse in sede cautelare a verificare gli indizi
di colpevolezza nei confronti dell’indagata; sulla già dedotta inutilizzabilità delle s.i.t. rese dagli
indagabili Visentin Lorenzo e Pazienza Carmela senza ricevere gli avvisi di cui all’art. 63 cpp;
nel merito sull’infondatezza dell’accusa, basata sulle dichiarazioni del Visentin non confermate
dalla Pazienza; infine sulle esigenze cautelari). Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.

venivano, così, a ciò strumentalizzati. Il giudice del rinvio non si è dunque sottratto al dictum
del giudice di legittimità, appuntando la sua autonoma analisi argomentativa sul reato
associativo, di cui le estorsioni (e non solo i reati fallimentari) sono dei possibili reati fine. Può
dunque affermarsi, in armonia con la sentenza a S.U. Audino (n. 11 del 22/3/00, rv. 215828),
che il giudice di merito ha dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare
la gravità del quadro indiziarlo a carico dell’indagato. Il ricorso va pertanto rigettato. Al rigetto
del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di Vio Stefania e rinvia per nuovo esame al
Tribunale di Napoli. Rigetta il ricorso di D’Albero Vittorio e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Roma, 20/11/13

Pqm

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