Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4887 del 23/09/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4887 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

suit ricorsd proposta da:
DELLA VITA ANTONINO N. IL 06/11/1966
MARINO FRANCESCO N. IL 18/02/1975
avverso la sentenza n. 1782/2003 CORTE APPELLO di CATANIA, del
11/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la rte civile, l’Avv
Uditi s.ensor Avv.

Data Udienza: 23/09/2014

-1- Della Vita Antonino e Marino Francesco, imputati ex artt. 110 cod. pen. e 73 co. 1 e 1
bis del d.p.r. n. 309/90 (per avere detenuto a fini di spaccio e ceduto a terzi sostanza
stupefacente del tipo cocaina, di cui una dose caduta in sequestro) -capo A) della rubrica-,
nonché ex artt. 110 e 337 cod. pen. -capo B)- propongono ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Corte d’Appello di Catania, dell’ 11 gennaio 2013, che, nel dichiarare non
doversi procedere nei confronti del Marino in ordine al reato sub B) perché estinto per
sopravvenuta prescrizione (con conseguente rideterminazione della pena allo stesso inflitta
dal primo giudice), ha confermato, nel resto, la sentenza del Gup del Tribunale di Catania
che ha affermato la responsabilità degli imputati e, ritenuta, quanto al reato sub capo A),
l’ipotesi attenuata di cui al 5° comma dell’art. 73, con la continuazione e la diminuente del
rito, li ha condannati alle pene ritenute di giustizia.
-2- Deducono i ricorrenti i vizi di violazione di legge e di motivazione della sentenza
impugnata che, nell’adottare la decisione contestata, si sarebbe basata, quanto alla
affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo A), su elementi accusatori privi di
riscontri e su mere ipotesi investigative; una corretta valutazione dei fatti avrebbe portato la
corte territoriale, a giudizio dei ricorrenti, ad emettere una sentenza assolutoria. Il vizio di
motivazione viene altresì dedotto con riguardo al trattamento sanzionatorio in punto, sia di
determinazione complessiva della pena, sia di diniego delle attenuanti generiche.
Con un secondo motivo, il Della Vita deduce la violazione di legge in punto di omessa
declaratoria, anche nei suoi confronti, di prescrizione del reato di cui all’art. 337 cod. pen.
Considerato in diritto.
-1- Le censure proposte sono manifestamente infondate, oltre che ripetitive di
considerazioni in relazione alle quali i giudici del gravame hanno fornito coerenti ed
esaurienti risposte.
Hanno, invero, detti giudici legittimamente richiamato quanto accertato da agenti di PG nel
corso di un servizio diretto alla repressione del narcotraffico, svolto in abiti civili ed
utilizzando auto con targa di copertura. Nel corso di tale sevizio, essi hanno direttamente
osservato i due imputati che, a bordo di un’auto “Y 10”, dopo essersi affiancata ad altra
auto, appena sopraggiunta con a bordo tre persone, dopo avere scambiato con questi ultimi
poche parole, si erano allontanati per ritornare poco dopo. Accostatisi i due alla stessa auto,
rimasta in sosta sul posto, gli imputati avevano consegnato agli occupanti della stessa un
involucro contenente del denaro che il Della Vita aveva prontamente contato. A quel punto
erano intervenuti gli agenti intimando l’alt all’auto dei due imputati che, però, si erano dati
alla fuga, dapprima a bordo della stessa auto, lanciata lungo le strade ad alta velocità e,
quindi, a piedi, dopo avere tamponato un’auto e la stessa vettura di servizio degli operanti.
Raggiunti dagli agenti i due, pur avendo opposto violenta resistenza all’arresto, sono stati
infine bloccati.
La successiva perquisizione degli arrestati e della loro auto ha poi consentito di rinvenire,
all’interno del vano porta oggetti dell’abitacolo, una dose di cocaina racchiusa in un
involucro di cellophane e, indosso al Marino, la somma di 325,00 euro.
Orbene, alla luce di tali precise emergenze probatorie, del tutto coerente si presenta la
decisione impugnata, mentre generiche e palesemente infondate si presentano le critiche
svolte nel ricorso con le quali, in sostanza, si tende a proporre una diversa valutazione delle
richiamate emergenze, non proponibile nella sede di legittimità.

Ritenuto in fatto.

-3- Infondato è anche il motivo di ricorso proposto dal solo Della Vita che, in termini del
tutto generici, lamenta che la corte territoriale non abbia, anche nei suoi confronti, dichiarato
la prescrizione del reato di resistenza a pubblico ufficiale, contestato sub capo B).
A tale proposito, invero, occorre ribadire che anche nel caso di specie deve trovare
applicazione la vecchia disciplina relativa alla prescrizione, atteso che, al tempo dell’entrata
in vigore delle nuove disposizioni in materia (con legge n. 251 del 2005), il presente
procedimento, definito in primo grado con sentenza del 28.2.03, si trovava pendente in
grado di appello. Ciò, alla stregua di quanto previsto dalla norma transitoria inserita nella

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-2- Tanto osservato, occorre tuttavia rilevare, ancora con riferimento al reato sub A), che, a
seguito di recenti interventi del legislatore e della Corte Costituzionale, l’assetto normativo
in materia di stupefacenti è radicalmente mutato.
In particolare, occorre evidenziare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 32 del
12.2.2014, ha dichiarato costituzionalmente illegittimi, per contrasto con l’art. 77, secondo
comma, della Costituzione, gli artt. 4 bis e 4 vicies ter del d.l. 30.12.05 n. 272 (convertito
dall’art. 1 co. 1 della legge 21.2.06 n. 49), che avevano unificato il trattamento
sanzionatoti°, in precedenza differenziato, previsto dal d.p.r. n. 309/90 per i reati aventi ad
oggetto le c.d. “droghe leggere” e per quelli concernenti le c.d. “droghe pesanti”.
In conseguenza di tale pronuncia, ritrova oggi applicazione l’art. 73 del richiamato d.p.r., e
relative tabelle, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le norme ritenute
incostituzionali, con il conseguente ripristino del differente trattamento sanzionatorio in
precedenza previsto per i reati concernenti le diverse tipologie di droghe (da due a sei anni di
reclusione, oltre la multa, per le “droghe leggere”, da otto a venti anni di reclusione, oltre la
multa, per le “droghe pesanti”).
Nella materia, per quanto specificamente oggi interessa, è altresì intervenuto il legislatore
con il d.l. 23.12.13 n. 146, convertito con la legge 21.2.14 n. 10, con riguardo alla fattispecie
prevista dall’art. 73 co. 5 del d.p.r. n. 309/90, nel senso che, se da un lato ne sono stati
confermati gli elementi caratterizzanti la individuazione dei fatti di minor gravità, dall’altro,
ne è stata ridefinita la natura giuridica poiché essa non costituisce più circostanza attenuante,
bensì autonomo titolo di reato (come è già possibile rilevare fin dall’apertura del testo
normativo che, con la formula “salvo che non costituisca più grave reato”, chiarisce che si è
in presenza di un’autonoma fattispecie incriminatrice). La stessa novella ha anche rivisto in
melius il trattamento sanzionatorio che, per l’ipotesi di cui al 5° comma, prevede una pena
edittale massima più contenuta (cinque anni di reclusione). Ancor più di recente, poi, la
materia ha subito un’ulteriore modifica, ancora favorevole all’imputato, posto che, in sede di
conversione del d.l. 20.3.14 n. 36, (con la legge 16.5.14 n. 79) è stata prevista, per la
fattispecie in esame, la pena della detenzione da sei mesi a quattro anni e della multa da
1032,00 a 10.329,00 euro, con eventuale sostituzione della stessa con la sanzione del lavoro
di pubblica utilità.
Il nuovo assetto normativo, sicuramente applicabile al reato di cui al capo A) della
imputazione, ex art. 2 cod. pen., in quanto più favorevole, comporta anche la previsione di
un diverso e più breve termine prescrizionale, individuabile, nel massimo, in sette anni e sei
mesi, ex art. 157 cod. pen. (secondo la più favorevole previgente disciplina della
prescrizione, nella cui vigenza sono stati commessi i fatti contestati). Termine che deve
ritenersi interamente decorso, ove si consideri che il reato in questione risulta commesso il
27 luglio 2002.
D’altra parte, come già osservato, le coerenti argomentazioni svolte dalla corte territoriale
escludono qualsiasi possibilità di proscioglimento nel merito, ex art. 129, comma 2°, c.p.p.
Con riferimento al reato di detenzione e cessione di cocaina (capo A dell’imputazione) la
sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata senza rinvio, essendo detto reato estinto
per prescrizione.

P.Q.M.

AAA1,
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato riorgifinmg 7, A) nei
confronti di entrambi i ricorrenti perché estinto il reato per prescrizione; e per l’effetto
dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania per la
rideterminazione della pena in ordine al reato sub B) nei confronti del Della Vita. Rigetta nel
resto il ricorso del Della Vita stesso.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2014.

predetta legge, secondo cui, oltre alle disposizioni più sfavorevoli, anche quelle più
favorevoli contenute nella nuova disciplina non trovano applicazione nei confronti dei
procedimenti già pendenti in grado di appello alla data di entrata in vigore della citata legge.
Ed allora, poiché il reato di cui all’art. 337 è punito con pena fino a cinque anni di
reclusione, il tempo necessario a prescrivere è, secondo quanto previsto dal previgente art.
157 co. 1 n. 3 cod. pen., pari a dieci anni, prorogabile fino ad altri cinque anni per effetto
dell’intervento di atti interruttivi.
Nulla, peraltro, cambierebbe ove anche si volesse applicare la nuova disciplina, in
considerazione dei consistenti aumenti colà previsti per i soggetti che, come il Della Vita,
siano gravati da recidiva reiterata infraquinquennale e del conseguente significativo
prolungamento dei termini di prescrizione.
Né vale sostenere che nei confronti del coimputato Marino Francesco,ia corte territoriale
ha già dichiarato il reato in questione estinto per prescrizione. Trattasi, invero, di statuizione
errata, di cui non può giovarsi l’esponente, ed alla quale questa Corte non può rimediare,
stante la irrevocabilità della stessa in assenza di impugnazione da parte del PG territoriale.
Deve, quindi, essere confermata la responsabilità di detto imputato per il reato di resistenza
a pubblico ufficiale, in relazione al quale occorre rinviare alla Corte d’Appello di Catania
per la rideterminazione la pena.

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