Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48850 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48850 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

Data Udienza: 24/11/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PATTUSI CINZIA N. IL 23/03/1974
avverso l’ordinanza n. 18/2015 TRIB. LIBERTA’ di PESARO, del
07/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Ritenuto in fatto

PATTUSI Cinzia ricorre per cassazione avverso l’ordinanza di cui in epigrafe, con la
quale il Tribunale del riesame ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di
sequestro probatorio di materiale vario [apparecchio televisivo, telefoni cellulari,
polizze di pegno do oggetti preziosi] emesso nei confronti della stessa PATTUSI,
nell’ambito di procedimento avente ad oggetto un furto in appartamento,
argomentando sul rilievo che trattavasi di materiale pertinente alle indagini, vuoi

verificare la localizzazione al momento del furto, vuoi perché rispetto alle polizze era da
riscontrare se riguardavano i preziosi oggetto di sottrazione.

Il Tribunale, prima di rigettare il riesame, riteneva di non poter prendere in
considerazione una memoria difensiva, perché trasmessa irritualnnente mediante fax e
posta elettronica.

Con il ricorso la PATTUSI censura la omessa considerazione della memoria difensiva,
comunicata a mezzo fax, di cui peraltro non si articola la specifica rilevanza.

Prospetta inoltre, rispetto al sequestro, l’insussistenza del fumus di reato, articolando
le ragioni di fatto che avrebbero dovuto portare ad escludere il proprio coinvolgimento
nel furto oggetto del procedimento penale. Si deduce, in particolare, che all’interno
dell’abitazione della Pattusi non sono stati rinvenuti beni riconducibili al furto

Prospetta ancora la non riconducibilità al furto di alcuno degli oggetti sequestrati, tra cui
un televisore, articolando censure fattuali sulle indagini svolte che avevano portato i
carabinieri ad ipotizzare la sussistenza di un sodalizio criminoso al cui vertice sarebbero
l’indagata ed il coniuge.

Considerato in diritto

Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto alla prima doglianza, è sufficiente osservare, a conforto della correttezza della
decisione, che in relazione alle comunicazioni ed alle notificazioni dei privati e dei
difensori si applica la previsione di cui all’articolo 121 c.p.p., per la quale le memorie e
le richieste delle parti devono essere presentate al giudice per iscritto mediante
deposito in cancelleria, mentre il fax può essere utilizzato, per il disposto dell’articolo

perché il televisore era quello sottratto, vuoi perché i telefoni erano di interesse per

150 c.p.p., solo dai funzionari di cancelleria (Sezione VI, 30 gennaio 2013, Baglieri, rv.
256894).

A ciò dovendosi aggiungere che, nel processo penale, allo stato, per la parte privata
non è neppure consentito avvalersi della posta elettronica, neanche se certificata (PEC),
per le comunicazioni e/o notificazioni (Sezione III, 11 febbraio 2014, Vacante, rv.

In ogni caso, la doglianza è generica perché non viene spiegata, e tantomeno
documentata, la decisività della memoria, tale da rendere immotivata o gravemente
illogica la decisione gravata.

Anche gli altri argomenti non possono trovare accoglimento, trattandosi di doglianze di
fatto, basate su una critica qui neppure considerabile sugli esiti delle investigazioni e
sulla pretesa non pertinenza ai fatti sub iudice

degli oggetti sequestrati che non

possono essere prese in considerazione in sede di legittimità, a fronte di decisione che
appare sufficientemente motivata sul tema della rilevanza probatoria degli oggetti
sequestrati, rispetto al furto sub iudice.

Del resto, il Tribunale ha rispettato il principio secondo cui, in tema di sequestro
probatorio, per “cose pertinenti al reato” devono intendersi non solo quelle
caratterizzate da un’intrinseca, specifica e strutturale strumentalità, rispetto al reatt
commesso ed a quelli futuri di cui si paventa la commissione, ma anche quelle che
risultino indirettamente legate al reato per cui si procede, le quali, come recita l’articolo
253, comma 1, c.p.p., siano “necessarie per l’accertamento dei fatti” (cfr. Sezione II,
13 marzo 2007, Minnella).

Mentre, va soggiunto, per corrispondere

ai argomento sviluppato in ricorso, neppure

interessa il profilo del compendio indiziario a carico della prevenuta, giacchè ai fini del
sequestro è solo necessario e sufficiente che sussista il profilo della rilevanza probatoria
rispetto al fatto oggetto di investigazione: profilo come detto affrontato in modo
satisfattivo.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa della ricorrente (Corte Cost., sent.
7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna della ricorrente medesima al
pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in
mille euro, in favore della cassa delle ammende.

2

258443).

PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 25 novembre 2015

Il Consigliere estensore

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