Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48839 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48839 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE CURTIS NICOLA N. IL 06/01/1963
avverso l’ordinanza n. 568/2013 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
28/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 14/11/2013

-1- De Curtis Nicola, indagato per due delitti, in concorso con altri, di intestazione fittizia di valori
societari al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale nonché
di agevolare la commissione di reati ex artt. 648 /648 bis c.p. – capi u) e u bis) delle imputazioniricorre per cassazione avverso l’ ordinanza del tribunale di Bologna 28.5/3.6.2013 che, in sede di
appello, confermava il pregresso provvedimento del gip del tribunale di Rimini, datato 19.4.2013,
che, in via cautelare disponeva nei di lui confronti la misura interdittiva del divieto di esercizio della
professione di avvocato per la durata di due mesi, a decorrere dal 20.4.2013.
-2- In modo concorde i giudici di merito,di primo e di secondo grado, in forza dei contatti risalenti
del De Curtis con tale D’ Agostino Francesco, un pregiudicato,così definito nelle ordinanze
impugnate, dedito all’ acquisto sotto falso nome di locali notturni nel territorio riminese, nonché
dal contenuto di intercettazioni telefoniche tra i due, il cui contenuto era ,secondo il pensiero
giudiziale, non equivoco nel senso della consapevolezza e della partecipazione attiva dell’
imputato, formalmente,e solo formalmente,avvocato della controparte nell’acquisto del night Club
La Perla da parte del D’Agostino, hanno ritenuto fittizia l’attribuzione delle quote della società
MLsrl a tali Manca Livia Fictoria e Fogliata Diego, come ancora fittizia l’attribuzione alla predetta
società del possesso materiale del ramo di azienda costituto per 1 appunto dal night club sopra
indicato.
-3- Diffusi e articolati le ragioni di doglianza del ricorrente: il primo, nel senso della
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella misura in cui, contrariamente al vero,
si attribuisce all’ indagato un ruolo sostanziale, al d là delle forme, di legale del D’Agostino. Una
tale ricostruzione, sarebbe contraddetta tra 1 altro dal tenore delle dichiarazioni rese dall’
indagato, mesi addietro alla data dei delitti come contestati, alla polizia giudiziaria che in data
17.12.2012 lo interrogava sulla attività criminosa del D’ Agostino di cui proprio l’ interrogato
aveva spiegato il discutibile modus operandi, ancora depotenziata, la ricostruzione giudiziale, dal
fatto che la prima interposizione di persona si era già realizzata, come riferito nel predetto
interrogatorio, nel Gennaio 2012, con l’ intestazione dell’ intero pacchetto delle quote sociali della
M.S. s.r.1 a tale Tito Roberto, uomo del D’Agostino, ancora svilita la postulazione dei giudici, dal
fatto della mancanza di conoscenza da parte del De Curtis dei fittizi ultimi intestatari delle quote,
tali Fogliata Diego e Manca Livia.
-4- La seconda e terza ragione di doglianza si impegnano a segnalare, la seconda, la violazione dell’
art. 110 c.p. sotto il profilo della mancanza di consapevolezza dell’ intestazione fittizia della
intestazione, che non si trarrebbe dalle scarne intercettazioni telefoniche acquisite, la terza,la
violazione dell’art. 12 quinquies D.L. n. 306/1992 nella parte in cui il dolo specifico, il fine di
eludere, era al limite solo rappresentato dall’ indagato. In particolare si sostiene dalla difesa che la
condotta del proprio assistito dovrebbe al più inquadrarsi in una mera connivenza come tale non
punibile per essere stato 1′ indagato solo il ricettore di volontà esternategli dal D’Agostino, già
assunte anche in forza dei consigli del suo effettivo legale, tale Bertozzi.
-5- Il ricorso non può accogliersi perché inammissibile..
In via pregiudiziale deve ritenersi, che l’ esecuzione allo stato della misura interdittiva temporanea
ha di fatto eliminato l’ interesse dell’indagato a ricorrere per l’annullamento di provvedimenti
cautelari interdittivi, revocati o divenuti inefficaci per essere stato dichiarato incostituzionale- sent.
n. 121 del 2009 – la disposizione dell’art. 405, comma primo bis, cod. proc. pen., secondo cui, ove la

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Fulvio Baldi, per l’ inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna iericorrentéal pagamento delle spese processuali e
al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14.11.2013

Corte di Cassazione si pronunci in ordine all’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, e non
siano acquisiti, successivamente, ulteriori elementi, il P.M. è tenuto a formulare richiesta di
archiviazione. Sulla disposizione, oggi espunta dal sistema, si fondava la giurisprudenza per
ravvisarvi la ragione dell’ interesse dell’ imputato ad impugnare il provvedimento anche a misura
interdittiva del tutto eseguita.
Il rilievo pregiudiziale rende ultronee le pur possibili considerazioni critiche in merito alle ragioni
di doglianza costitutive dei motivi di ricorso
Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte
privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento,
nonché — ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ( Corte
cost. n. 186/2000; Cass. S.U. 27.6.2001, Cavalera Rv. 219532) – al pagamento a favore della cassa
delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

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