Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48834 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48834 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MONDELLA FILIPPO N. IL 08/11/1973
avverso l’ordinanza n. 344/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 11/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 14/11/2013

-1- Tramite difensore, Mondella Filippo, indagato del delitto, in concorso, di trasferimento fittizio
di quote sociali della società Ca&Mo Servic s.r.l. di Mancuso Giuseppe, al fine di eludere le
disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali — ex artt. 110 c.p. e 12
quinquies D.L. n. 306/1992,7 D.L. n. 152/1991- ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza del
tribunale di Catanzaro 11.4/20.5.2013 che, in sede di riesame, eliminata la circostanza aggravante di
cui all’ art. 7 1. 203/1991, sostituiva la misura cautelare in carcere come disposta dall’ ordinanza del
gip di Catanzaro datata 25.3.2013 , con quella degli arresti domiciliari, denunciando vizi di
motivazione ed inosservanza della legge penale
In particolare la difesa del ricorrente segnala discrasia temporale tra la data – il 1.8.2007 – della
costituzione della società de qua, e della sottoposizione del Mancuso alla misura della sorveglianza
speciale di P.S. per la durata di anni tre a far data dal 10.2.2006, e la data delle intercettazioni
telefoniche tra il prevenuto e Mancuso Giuseppe – Aprile e Giugno dell’ anno 2010 – quando il
predetto aveva finito di scontare la misura di prevenzione alla quale era stato in precedenza
sottoposto. Dal dato temporale evidenziato si dovrebbe, secondo le ragioni di doglianza del ricorso,
desumere l’ insussistenza della interposizione fittizia anche se in parte e, comunque, il difetto del
dolo specifico caratterizzante il delitto contestato, per il fatto che i contatti i con il Mancuso, noto
personaggio gravitante nell’ambito del clan di `ndranghera in Limbadi, oggetto di numerosi
procedimenti penali e di prevenzione,molti definiti, emergono per tabulas solo successivamente di
qualche anno dalla costituzione della società.
Il ricorso ricorso non può accogliersi perché è sorretto da ragioni inammissibili in sede di
legittimità.
Sta di fatto che il ricorrente non contesta il carattere compromettente delle conversazioni
intercettate e non contesta nemmeno che dal loro contenuto si trae con particolare nitore la
partecipazione nascosta del Mancuso alla gestione della società ed alla proprietà almeno in parte
delle quote. Contesta invece che gestione e proprietà posano farsi risalire al tempo in cui il Mancuso
era sottoposto alle misure di prevenzione. Ora, a parte la considerazione che ai fini della
integrazione della fattispecie contestata non è certo essenziale che la misura di prevenzione sia in
concreto applicata, potendo essere la predetta per la caratura ed i precedenti della persona
potenzialmente applicabile e rinnovabile, sta di fatto che, anche per la considerazione dei valori
della probabilità, e non della certezza processuale, sottesi alla fase procedimentale, che è quella
delle indagini preliminari, è congruo e del tutto logico desumere,dalle conversazioni intercettate e
dalle quali emerge un chiaro interessamento e partecipazione del Mancuso alle vicende
economiche della società, in difetto di circostanza probatorie contrarie, la intestazione delle quote
sociali anche in tempo risalente. Il fatto che per quel tempo non si registrano le conversazioni
compromettenti come quelle acquisite invece in un tempo successivo ben può spiegarsi per non
essere quelle intercettazioni state all’epoca disposte o per una maggiore prudenza degli interlocutori
in costanza della misura di prevenzione adottata. Un discorso che si snoda su un filo logico quello
dei giudici di merito, a cui la difesa contrappone una serie di considerazioni e circostanze che non
valgono ad infirmare la possibile coerenza del discorso come criticato, ma che si traduce in n
tentativo di indurre questa corte ad un esame del merito, proponendo criteri di ragione che non
valgono certo a denunciare di manifesta illogicità i criteri di collegamento fra i dati di fatto
considerati e le postulazioni accusatorie.
Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte
privta che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento,
nonché — ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ( Corte

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Fulvio Baldi, per l’ inammissibilità del ricorso;
Udite le conclusioni del difensore dell’ imputato, avv. Domenico Alvaro, che ne ha chiesto invece
1′ accoglimento.

cost. n. 186/2000; Cass. S.U. 27.6.2001, Cavalera Rv. 219532) – al pagamento a favore della cassa
delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14.11.20,13

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