Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48810 del 16/04/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 48810 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MARISEI COSIMO N. IL 16/03/1965
avverso l’ordinanza n. 385/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
PERUGIA, del 08/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;
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Data Udienza: 16/04/2015
RITENUTO IN FATTO
1.
Con ordinanza deliberata in data 8 maggio 2014 il Tribunale di
sorveglianza di Perugia ha respinto il reclamo di Marisei Cosimo avverso
l’ordinanza del Magistrato di Spoleto, emessa 1’11 ottobre 2012, di rigetto della
sospensione condizionata della pena ai sensi della legge n. 207 del 2003.
A ragione della decisione il Tribunale ha addotto che il Marisei era detenuto
Ord. Pen., precisando che alcune condanne erano divenute irrevocabili dopo
l’entrata in vigore della suddetta legge n. 207 del 2003.
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Marisei personalmente, il quale denuncia di aver espiato tutti i reati previsti
dall’art. 4-bis Ord. Pen. per cui ha subito condanne, e di essere detenuto in
esecuzione di condanna per violazione della legge sulle armi con riguardo alla
quale aveva ottenuto l’indulto, successivamente revocatogli.
Nei motivi aggiunti, pervenuti il 21 gennaio 2015, ribadisce l’insussistenza
della causa ostativa al beneficio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Dalla consultazione degli atti pertinenti alla posizione giuridica del
condannato, risulta che il Marisei è attualmente detenuto in esecuzione della
pena complessiva di anni tre, mesi otto e giorni tre di reclusione per il delitto di
cui agli artt. 110 e 628, commi 1 e 3, cod. pen. (c.f.r. posizione giuridica
dettagliata in atti).
Sussiste, dunque, la causa ostativa al beneficio di cui all’art. 1, comma 3,
lett. a), legge 1° agosto 2003, n. 207, come correttamente ritenuto dal
Tribunale.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’ art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna
al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria
che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in euro mille.
1
in espiazione di cumulo di pene per delitti inclusi nel catalogo di cui all’art. 4-bis
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa della
ammende.
Così deciso il 16 aprile 2015.