Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48804 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 48804 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Patroni Griffi Ugo quale curatore del fallimento della Infrastrutture e Servizi s.r.l.

avverso l’ordinanza dell’11/03/2013 della Sezione del riesame del Tribunale di
Bari

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il terzo ricorrente l’avv. Niccolò Alessandro Dello Russo, che ha
concluso per raccoglimento del ricorso;

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Data Udienza: 09/10/2013

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari del 09/11/2012, con la quale
veniva respinta l’istanza di revoca del sequestro preventivo disposto ai sensi
dell’art. 19 D.Igs. 8 giugno 2001, n. 231, fra l’altro, sui beni della Infrastrutture e
Servizi s.r.I., riconducibile all’indagato Alviero Antro e successivamente fallita, in
quanto funzionale alla confisca di cose di valore equivalente al profitto del reato

Antro nella cessione ad istituti bancari di crediti inesistenti.
Il curatore del fallimento ricorre quale terzo sui punti e per i motivi di
seguito indicati.
1. Sulla ritenuta obbligatorietà della confisca, il ricorrente deduce violazione
di legge osservando che il Tribunale citava a sostegno delle proprie conclusioni
una pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte che non affrontava
specificamente il tema dei rapporti fra la confisca e le pretese di terzi e fra essi,
in particolare, della curatela fallimentare. Aspetto, quest’ultimo, oggetto invece
di altra pronuncia delle stesse Sezioni Unite e di ulteriori successive, che
tracciavano una distinzione fra la confisca di cose intrinsecamente pericolose, la
cui obbligatorietà è funzionale ad evitare che le stesse rimangano comunque in
circolazione, e quella di cose intrinsecamente lecite, la cui obbligatorietà è invece
funzionale ad evitare che il reo torni in possesso dei beni, e riguarda pertanto
unicamente la loro sottrazione all’autore del reato e non anche la loro
destinazione allo Stato; caso nel quale il giudice deve valutare in concreto le
condizioni della procedura concorsuale nella prospettiva della possibilità che il
reo rientri nella disponibilità dei beni, dando conto della prevalenza delle ragioni
sottese alla confisca rispetto ai legittimi interessi dei creditori ammessi al
passivo, motivazione della quale il ricorrente denuncia la mancanza.
2. Sull’esclusione per la curatela fallimentare della qualifica di terzo in buona
fede, i cui diritti sono comunque espressamente garantiti dall’art. 19, comma
primo, D.Igs. n. 231 del 2001, il ricorrente deduce violazione di legge,
lamentando il riferimento sul punto ad una pronuncia delle Sezioni Unite di
questa Corte che viceversa attribuisce al curatore la posizione di terzo
legittimato a proporre istanza di revoca del sequestro preventivo in quanto
dotato di poteri propri e non mero rappresentante del fallito o dei creditori,
escludendo solo che lo stesso, subentrando nei rapporti patrimoniali del fallito,
possa essere ritenuto terzo estraneo al reato ai fini della confiscabilità dei beni
del fallimento; beni che, aggiunge il ricorrente, non appartengono più al fallito
ma sono funzionali al soddisfacimento delle pretese dei creditori, i cui diritti di
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di cui all’art. 640-quater cod. pen., ipotizzato a carico di Alviero Antro ed Erasmo

azione esecutiva sono assunti dalla curatela in una posizione pertanto distinta da
quella del fallito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo di ricorso relativo alla ritenuta obbligatorietà della confisca è
infondato.

corrispondenti al profitto del reato, prevista dall’art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001, è
stato infatti non solo affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la
pronuncia richiamata nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 26654 del
27/03/2008, Fisia Italimpianti s.p.a., Rv. 239925), ma altresì più volte ribadito
da conformi decisioni successive (Sez. 6, n. 14973 del 18/03/2009, Azzano, Rv.
243507; Sez. 2, n. 28683 del 09/07/2010, Battaglia, Rv. 247670; Sez. 6, n.
19051 del 10/01/2013, Curatela Fallimento Tecno Hospital s.r.I., Rv. 255255). E
se è vero quanto sostenuto dal ricorrente in ordine al non essere affrontato
specificamente da tali pronunce il tema dei rapporti fra la confisca e le pretese
creditorie di terzi, e fra essi in particolare della curatela fallimentare, viceversa
trattato dalla precedente decisione delle Sezioni Unite ampiamente citata nel
ricorso (Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, Focarelli, Rv. 228165), è vero altresì
che l’argomento veniva in quest’ultima sede discusso nella diversa prospettiva,
in effetti puntualmente segnalata nell’ordinanza oggetto di gravame, di un’ipotesi
di confisca facoltativa nell’ambito della previsione generale di cui all’art. 240 cod.
pen.; prospettiva nella quale l’affermata legittimità della confisca di beni
provento di attività illecita, ma appartenenti ad un’impresa dichiarata fallita nei
cui confronti sia stata instaurata la relativa procedura concorsuale, veniva
subordinata alla condizione che il giudice, nell’esercizio del suo potere
discrezionale, motivasse espressamente sulla prevalenza delle ragioni sottese
alla confisca rispetto a quelle attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei
creditori ammessi al passivo. Non è dato soprattutto trarre, dalla lettura della
citata pronuncia, la conclusione invece enunciata dal ricorrente in ordine
all’asserita distinzione fra una confisca obbligatoria di cose intrinsecamente
pericolose ed altra, pure obbligatoria ma riguardante cose intrinsecamente lecite,
per la quale sarebbe attribuito al giudice uno spazio valutativo discrezionale nei
termini appena descritti; emergendo invece dal testo della decisione in esame la
chiara affermazione dell’insensibilità alle ragioni della procedura fallimentare del
sequestro di beni la cui confiscabilità è prevista dalla legge in via obbligatoria,
per essere tale previsione fondata su una presunzione assoluta di pericolosità del
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Il principio della natura obbligatoria della confisca per equivalente di beni

bene, risultato di un giudizio formulato dal legislatore sull’esigenza che la
circolazione e l’utilizzazione del bene siano totalmente inibite in vista della sua
definitiva acquisizione da parte dello Stato.
Che invece, con particolare riguardo alla confisca di cui all’art. 19, comma
primo, d.lgs. n. 231 del 2001, sia necessaria una valutazione giudiziale sul
raffronto fra le esigenze poste a fondamento della confiscabilità dei beni e quelle
attinenti alla tutela dei creditori ammessi alla procedura fallimentare (Sez. 5, n.
33425 del 08/07/2008, Fazzalari, Rv. 240559), è dato che non pone in

in esame, ma discende dalla specifica formulazione della norma appena citata;
la quale, pur disponendo che nei confronti dell’ente sia sempre disposta, con la
sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, fa
espressamente salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. La descritta
valutazione, in altre parole, dipende non da una meno stringente dimensione di
obbligatorietà della confisca, ma dalla presenza di legittime pretese di terzi sul
bene; ed in questo senso il tema è oggetto del motivo di ricorso che sarà di
seguito esaminato.

2. Il motivo appena menzionato, relativo all’esclusione per la curatela
fallimentare della qualifica di terzo in buona fede, è, a differenza del precedente,
fondato.
La motivazione del provvedimento impugnato evidenzia la consapevolezza
dei giudici di merito in ordine alla tutela accordata dall’art. 19 d.lgs. n. 231 del
2001 alle ragioni dei terzi in buona fede, nel momento in cui il Tribunale
rigettava l’appello proposto dal ricorrente escludendone la qualifica di terzo
estraneo al reato, così sottintendendo la rilevanza di tale qualifica, ove
riconosciuta, pur nell’affermata obbligatorietà della confisca prevista dalla
predetta norma.
Questa conclusione veniva giustificata richiamando sostanzialmente le
argomentazioni esposte sul punto nella più volte citata pronuncia delle Sezioni
Unite di questa Corte (Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, Focarelli, Rv. 228165),
per le quali da un lato deve intendersi come terzo estraneo colui che non
partecipi in alcun modo, anche lecito, all’utilizzazione dei profitti derivanti dal
reato, condizione che non ricorrerebbe per la curatela del fallimento; e dall’altro
quest’ultima, pur avendo disponibilità giuridica e materiale dei beni del fallito,
non vanterebbe diritti sugli stessi, che rimangono di proprietà del fallito fino alla
vendita fallimentare. Aggiungendo il Tribunale che neppure dai creditori possono
essere vantati diritti sui beni in esame, atteso il vincolo di destinazione che grava
sugli stessi nel corso della procedura fallimentare.
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discussione l’obbligatorietà in quanto tale della confisca prevista nella fattispecie

Orbene, se è condivisibile che in linea generale non possa essere ritenuto
terzo chi utilizzi il profitto del reato, altrettanto non lo è che il curatore del
fallimento di un’impresa, nelle disponibilità della quale siano confluiti i proventi di
un’attività criminosa, si trovi in una posizione di questo genere. Non si può dire,
infatti, che il curatore faccia uso dei beni illeciti esistenti nell’attivo fallimentare;
essendo egli viceversa incaricato dell’amministrazione di tale attivo, e dei beni
che ne fanno parte, nell’esclusivo interesse dei creditori ammessi alla procedura
concorsuale. Questi ultimi da parte loro, per effetto di tale ammissione, sono

soddisfazione dei loro crediti; diritti che, pur convivendo fino alla vendita
fallimentare con quelli di proprietà del fallito e con il vincolo destinato alla
realizzazione della par condicio creditorum, trovano riconoscimento e tutela, nel
corso della procedura, attraverso l’azione del curatore.
E’ del resto significativo che la stessa, citata decisione delle Sezioni Unite
attribuisca al curatore, nell’espletamento dei suoi compiti di amministrazione del
patrimonio fallimentare, la legittimazione a proporre istanze di revoca e di
riesame del provvedimento di sequestro preventivo e di ricorrere per cassazione
avverso le eventuali ordinanze reiettive; e ciò proprio in considerazione della
funzione istituzionale di tale soggetto, volta alla ricostruzione dell’attivo. Al
curatore vengono in tal modo riconosciute facoltà di agire giudizialmente in una
posizione che non si identifica con quella del fallito né alla stessa è in alcun modo
assimilabile; essendo invece l’esercizio di tali facoltà diretto alla reintegrazione
dell’attivo in funzione dei diritti dei creditori, al soddisfacimento delle pretese dei
quali detto attivo è destinato, e che sono sicuramente terzi rispetto alle vicende
personali del fallito.
Questa condizione di terzo non può che trasferirsi sulla figura del curatore,
che agisce in rappresentanza dei diritti dei creditori. E questo è peraltro il
costante orientamento della giurisprudenza civilistica, che qualifica il curatore
come terzo in quanto per l’appunto soggetto agente nell’interesse della massa
creditoria (Cass. civ. Sez. 1, n. 1110 del 30/01/1995, Rv. 490141; Sez. 1, n.
1370 dell’08/02/2000, Rv. 533585).
Non è d’altra parte possibile ignorare che, ove al curatore non fosse
riconosciuta la possibilità di intervenire giudizialmente, nella procedura relativa
alla confisca dei beni, a sostegno dei diritti vantati dai creditori sull’attivo
fallimentare, gli stessi sarebbero irragionevolmente esclusi dalla tutela accordata
in generale dal citato art. 19 ai diritti acquisiti dai terzi in buona fede, con
evidenti implicazioni in termini di contrasto con i principi costituzionali.
Da ultimo, la stessa confiscabilità del profitto del reato incontra, nella
previsione dell’art. 19, il limite costituito dalla possibilità di restituire al soggetto
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portatori di diritti alla conservazione dell’attivo nella prospettiva della migliore

danneggiato parte del profitto stesso, pertanto non assoggettabile alla confisca.
Ove la figura del danneggiato coincida con quella di taluno dei creditori, la tutela
delle ragioni dello stesso, per quanto detto riconosciuta espressamente dalla
norma, non potrebbe trovare concreta attuazione se non in quanto attribuita al
curatore, al quale è attribuita in via esclusiva la rappresentanza delle pretese
creditorie.
Il curatore ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento
impugnato, deve in conclusione essere ritenuto rappresentante di interessi

posizione dei quali deve pertanto essere valutata dal giudice, secondo i principi
richiamati al punto precedente, nella prospettiva della prevalenza o meno,
rispetto agli stessi, delle esigenze cautelari sottese alla confisca. Il
provvedimento deve pertanto essere annullato con rinvio al Tribunale di Bari per
un nuovo esame che comprenda tale valutazione.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bari.
Così deciso in Roma il 09/10/2013

Il Consigliere tensore

qualificabili come diritti di terzi in buona fede sui beni oggetto di confisca; la

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