Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48802 del 26/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 48802 Anno 2013
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Brescia
nei confronti di
Ghidotti Chiara, nata a Sarnico il 22/01/1964
Scabelli Giovanni, nato a Brescia il 30/12/1956
awerso la sentenza del 18/01/2013 del G.i.p. del Tribunale di Brescia R.G. 872/2011
visti gli atti, il prowedimento impugnato e il ricorso;
udita in Camera di Consiglio la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De Marzo
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18/01/2013 il G.i.p. del Tribunale di Brescia ha dichiarato non luogo a
procedere nei confronti di Giovanni Scabelli e Chiara Ghidotti, cui era contestato,
rispettivamente nella qualità di amministratore unico e di liquidatrice della Restauri s.r.l. di
avere eseguito pagamenti in favore di tre banche in epoca in cui la società già versava in
stato di dissesto (in particolare, pagamenti per euro 177.560,00 erano riferibili al primo,
mentre pagamenti per euro 197.882,07, eseguiti durante l’amministrazione liquidatoria,
erano riferibili alla Ghidotti).
Il G.i.p., dopo avere sottolineato che, oltre ai pagamenti in favore delle banche, erano stati
eseguiti versamenti anche in favore di altri soggetti per oltre 100.000,00 euro, ha ritenuto
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Data Udienza: 26/09/2013

che, pur non essendo stato rispettato il criterio di proporzionalità tra i vari creditori, la
condotta degli agenti non era finalizzata a favorirne alcuni, ma solo a tentare di proseguire
nell’attività d’impresa, attraverso consistenti apporti di capitale personale ad opera dello
Sca belli.
2. Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Brescia ha proposto ricorso per
cassazione, lamentando violazione dell’art. 216, comma terzo, I. fall. e vizi motivazionali, per
avere il giudice esaminato in modo superficiale le ragioni che avevano indotto gli imputati a
ripianare, anche e soprattutto durante la fase della liquidazione, le passività sociali, non

sentenza, dell’esistenza di un possibile scenario di riequilibrio o di ripresa finanziaria della
società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Anche di recente, questa Corte si è espressa nel senso che il giudice dell’udienza preliminare
ha il potere di pronunciare la sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell’art. 425,
comma terzo, cod. proc. pen., solo quando l’insufficienza e la contraddittorietà degli
elementi acquisiti rivestano caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente
superabili nel giudizio (Sez. 6, n. 10849 del 12/01/2012, Petramala, Rv. 252280).
La funzione dell’udienza preliminare resta quindi pur sempre quella di verificare l’esistenza
dei presupposti per l’accoglimento della domanda di giudizio formulata dal P.M. Come hanno
sottolineato le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 39915 del 30/10/2002,
Vottari, in motivazione), anche l’obiettivo arricchimento, qualitativo e quantitativo,
dell’orizzonte prospettico del giudice, rispetto all’epilogo decisionale, attraverso gli strumenti
di integrazione probatoria previsti dagli artt. 421-bis e 422 bis cod. proc. pen., non
attribuisce infatti allo stesso il potere di giudicare in termini di anticipata verifica della
innocenza – colpevolezza dell’imputato, poiché la valutazione critica di sufficienza, non
contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori, secondo il dato letterale
del novellato terzo comma dell’art. 425, “è sempre e comunque diretta a determinare,
all’esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta più stabile per la tendenziale
completezza delle indagini, la sostenibilità dell’accusa in giudizio e, con essa, l’effettiva,
potenziale, utilità del dibattimento”.
Ciò posto in linea generale, deve ribadirsi che è certamente esatto che la bancarotta
preferenziale (art. 216, comma terzo, L. fall.), sul piano oggettivo richiede la violazione della
par candido creditorum nella procedura fallimentare e, sul piano soggettivo, la ricorrenza
della forma peculiare del dolo, costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore (o
ai creditori) soddisfatto, con l’accettazione dell’eventualità di un danno per altri, finalità che
deve risultare primario interesse perseguito dal debitore, con la conseguenza che la strategia
di alleggerire la pressione dei creditori, in vista di un ragionevolmente presumibile riequilibrio
finanziario e patrimoniale, è incompatibile con il delitto, soprattutto alla luce della riforma,

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essendo dato rinvenire negli atti elementi dai quali desumere il convincimento, espresso in

introdotta dal D.L.vo 269 del 2007, dell’azione revocatoria e specialmente dell’art. 67,
comma terzo, L. fall. (Sez. 5, n. 31168 del 20/05/2009, Scala, Rv. 244490).
E, tuttavia, nel caso di specie, emerge proprio dai dati fattuali indicati nella sentenza
impugnata che i pagamenti, in ampia parte intervenuti anche durante la fase liquidatoria e in
una situazione di insolvenza solo attenuata dalle iniziative in esame (basti pensare ai debiti
per euro 12.000,00 nei confronti dei dipendenti e per oltre euro 40.000,00 nei confronti della
società Equitalia), sono stati indirizzati non a colmare passività assistite da titoli di prelazione
prevalenti (come dimostrato proprio dal mancato soddisfacimento delle ragioni dei

che siano note le garanzie che assistevano questi ultimi.
In definitiva, mentre emerge con sicurezza una volontà di preferire alcuni creditori con
correlativo danno per i restanti, rimasti insoddisfatti, non è dato cogliere negli atti
processuali evidenziati alcuna ragionevole prospettiva di ripresa economica, da attuarsi
attraverso un equilibrato e paritario trattamento delle posizioni dei creditori stessi.
Ne discende che la sentenza va annullata con rinvio al Tribunale di Brescia per nuovo esame.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Brescia per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 26/09/2013

Il Componente estensore

Il Presidente

lavoratori), ma a sanare essenzialmente debiti nei confronti delle banche e senza, peraltro,

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