Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48776 del 25/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 48776 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Marangon Aristide, nato a Imperia 1’1.1.1954, avverso la sentenza
pronunciata dal giudice di pace di Imperia il 12.6.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Antonio Mura, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente il difensore di fiducia, avv. Giribaldi Mario del Foro
di Imperia, il quale ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso, di cui
chiede l’accoglimento.

Data Udienza: 25/06/2013

FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza pronunciata il 12.6.2012 il giudice di pace di Imperia
condannava Marangon Aristide alla pena ritenuta di giustizia, in
relazione ai reati di cui agli artt. 594 e 612, c.p.
2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia,

articolando due motivi di impugnazione.
3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge
relativamente agli artt. 20, co. 1, lett. d), e co. 6, d. Ivo. 28.8.2000, n.
274, in quanto il decreto di citazione a giudizio notificato all’imputato in
data 16.10.2009, conteneva un evidente errore nella indicazione della
data di celebrazione dell’udienza dibattimentale, individuata nel 9
febbraio 2009, che ha determinato la nullità della sentenza oggetto di
ricorso, pronunciata all’esito dell’udienza svoltasi nella contumacia del
Marangon,

trattandosi

di

violazione

riguardante

l’intervento

dell’imputato, che, pur essendo stata tempestivamente dedotta nel
giudizio, veniva disattesa dal giudice procedente.
4. Si tratta di un motivo infondato.
Come è stato rilevato, infatti, con decisione condivisa dal Collegio, non è
causa di nullità assoluta del decreto che dispone il giudizio l’errore
intervenuto nell’indicazione della data di udienza, allorché lo stesso sia,
per la sua evidenza e macroscopicità, agevolmente riconoscibile e
inidoneo a ingenerare equivoco sull’identificazione della data
effettivamente fissata per la comparizione (cfr. Cass., Sez. II,
6.12.2005, n. 47169, B. e altri, rv. 232930).
Nel caso concreto affrontato nell’arresto da ultimo citato era stata
indicata nel decreto, per errore, la data, ormai decorsa, corrispondente
allo stesso giorno e mese dell’anno precedente, con riferimento alla sua
data di emissione, fattispecie, in tutta evidenza, sovrapponibile a quella
in esame in cui l’errore riguarda esclusivamente l’indicazione dell’anno,
nel senso che l’effettiva data di udienza era il 9.2.2010 e non il
9.2.2009.

2

4

Né coglie nel segno l’assunto difensivo, secondo cui l’imputato, stante la
pendenza di numerosi procedimenti penali tra il ricorrente, la persona
offesa e la madre convivente di quest’ultima, non sarebbe stato in grado
di comprendere a quale di essi si riferisse l’udienza, posto che, a
dissipare ogni eventuale dubbio al riguardo, sarebbe bastato fare
riferimento al numero di R.G.N.R., che consentiva di distinguere ciascun
5. Con il secondo motivo di ricorso, il Marangon lamenta violazione di
legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 533 e 530, c.p.p., per
avere il giudice di pace fondato la sua decisione solo sulle dichiarazioni
della persona offesa, la cui attendibilità è messa in dubbio: 1) dalla
reciproca pendenza di procedimenti penali tra i soggetti in precedenza
indicati; 2) dalla circostanza che pende a carico della Valzano Anna,
madre convivente della persona offesa Tiziano Guarise, procedimento
penale per il reato di cui all’art. 594, c.p., commesso in danno
dell’imputato, nelle stesse circostanze di luogo e di tempo dei reati per
cui si è proceduto nei confronti del Marangon, sorto sulla base di una
querela di quest’ultimo, in cui si evidenzia come, a differenza di quanto
affermato in sede dibattimentale dalla persona offesa, la Valzano era
presente ai fatti per cui è processo; 3) dal fatto che nello stesso giorno il
giudice di pace aveva pronunciato sentenza di condanna per altri
analoghi fatti a carico della Valzano.
6. Evidente l’inammissibilità di questo motivo di ricorso per l’assoluta
genericità dello stesso, che non individua concrete ragioni per dubitare
della credibilità soggettiva e della attendibilità delle dichiarazioni della
persona offesa, non considerate dal giudice di pace, limitandosi a
formulare delle vaghe illazioni sulla presunta inattendibilità di
quest’ultima.
Costituisce, invero, causa di inammissibilità del ricorso la genericità dei
relativi motivi in violazione dell’art. 581, lett. c), c.p.p., che nel dettare,
in generale, quindi anche per il ricorso in Cassazione, le regole cui
bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo
atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri,

3

“i motivi, con

procedimento dall’altro.

l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che
sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591, co. 1,
lett. c), c.p.p., determina l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr.
Cass., sez. VI, 30.10.2008, n. 47414, Arruzzoli e altri, rv. 242129;
Cass., sez. VI, 21.12.2000, n. 8596, Rappo e altro, rv. 219087).
13 Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va,

c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 25.6.2013

dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616,

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