Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48751 del 13/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 48751 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Centenara Maurizio;
avverso l’ordinanza emessa il 20 febbraio 2012 dalla corte d’appello di
Venezia;
udita nella camera di consiglio del 13 novembre 2013 la relazione fatta
dal Consigliere Amedeo Franco;
lette le conclusioni del Procuratore generale dott. Mario Fraticelli, che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
ritenuto in fatto
Con sentenza 08.06.2011 il giudice del tribunale di Verona condannò Centenara Maurizio alla pena di anni due di reclusione per commercio illegale di rifiuti speciali tossico-nocivi.
La sentenza venne dichiarata definitiva per mancata impugnazione nei
confronti del Centenara in data 08.11.2011.
Successivamente in data 6 dicembre 2011 il difensore del Centenara depositò atto di appello e contestuale domanda di restituzione nel termine per proporre impugnazione, sostenedo: – che mentre era in attesa della notifica dell’estratto contumaciale, essendo rimasto contumace per tutto il dibattimento, aveva
saputo informalmente dalla cancelleria che l’imputato risultava essere stato presente, con la conseguenza che il termine per impugnare era stato calcolato a far
data dalla scadenza del termine per il deposito della sentenza; – che in realtà
l’imputato era rimasto contumace, come dimostrato dal verbale stenotipico dal
quale non risultava alcuna revoca della contumacia inizialmente dichiarata,
mentre, asseritamente per un errore del verbalizzante, nel verbale riassuntivo
dell’udienza del 17.03.2009 la revoca risultava pronunciata; – che il Centenara
aveva avuto anche altri procedimenti in nessuno dei quali era stato presente,
salvo un procedimento celebrato davanti allo stesso giudice con il medesimo
personale di cancelleria nel quale si era presentato ma soltanto al fine di contestare un riconoscimento fotografico.
Con l’ordinanza in epigrafe, la corte d’appello di Venezia dichiarò inamjv
,

Data Udienza: 13/11/2013

.
missibile per tardività l’appello, osservando: – che le parti per ragioni di opportunità erano state citate nelle forme dell’incidente per instaurare un contraddittorio sul punto dell’ammissibilità della restituzione nel termine: – che in ogni caso
la corte era competente a decidere sull’ammissibilità dell’appello; – che l’istanza
di restituzione nel termine era infondata; – che invero per l’udienza del tribunale
in data 17.03.2009 vi era un verbale manoscritto riassuntivo, sottoscritto dal
cancelliere, sulla prima pagina del quale risulta indicato: “Centenara Maurizio,
libero già contumace oggi presente il Giudice revoca la contumacia”, mentre
successivamente viene disposta la riunione del procedimento a quello principale; – che nel corrispondente verbale stenotipico della stessa udienza del
17.03.2009 si legge: “si dà atto che l’imputato Centenara Maurizio è libero
presente, il giudice revoca la dichiarazione di contumacia.”; – che quindi non
vi è alcuna diversità di contenuto tra il verbale riassuntivo, che in ogni caso avrebbe la prevalenza per essere atto pubblico fidefacente fino a querela di falso,
ed il verbale stenotipico; – che pertanto doveva escludersi un errore da parte
dell’imputato perché dai verbali risultava che la contumacia del Centenara, inizialmente dichiarata, era stata revocata all’udienza del 17 marzo 2009 e successivamente l’imputato, non presente, era stato dichiarato assente fino all’ultima
udienza; – che egli quindi non aveva diritto alla notifica dell’estratto contumaciale, sicché l’impugnazione era tardiva.
L’imputato propone personalmente ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione di legge. Lamenta che erroneamente era stato indicato come
imputato assente e non come contumace. Ricorda che pendevano nei suoi confronti diversi procedimenti dinanzi al tribunale di Verona, derivati da un unico
originario maxi-processo. Il 17 marzo 2009, venne celebrata udienza dibattimentale per l’istruzione di due separati e distinti processi per fatti ascritti anche
a lui. Nell’ambito del procedimento n. 10486/2004 R.G.N.R egli comparve per
dimostrare la sua identità, e in seguito fu assolto per non aver commesso il fatto. Nella relativa sentenza del 12.5.2009 venne correttamente indicato come assente, mentre nella motivazione della sentenza è qualificato come contumace.
Lo stesso giorno 17 marzo 2009, dinanzi allo stesso giudice ed allo stesso ufficio di cancelleria si svolse anche il procedimento n. 6592/2005 R.G.N.R., nel
quale egli rimase contumace. E’ quindi evidente che chi redasse il verbale d’udienza manoscritto incorse in un errore dando per scontato che, essendosi l’imputato presentato nel corso del precedente procedimento, fosse presente anche
per il diverso e autonomo processo. Pertanto, all’imputato è stata impedita la
conoscenza del procedimento conclusosi con la sentenza di condanna appellata
e la conoscenza tempestiva della sentenza stessa, atteso che tutte le notifiche
furono irritualmente effettuate all’imputato, presso il difensore, malgrado egli
avesse un domicilio dichiarato. Inoltre, spetta al giudice di dimostrare la conoscenza da parte dell’imputato e nel dubbio va disposta la remissione in termini.
Nella specie è evidente la mancata conoscenza della sentenza di condanna, non
essendo verosimile che egli abbia coscientemente omesso di impugnare l’unica
sentenza di condanna, sicché è palese che si è trattato di un caso fortuito
2) mancanza di motivazione sulla valutazione della produzione documentale offerta dal difensore durante l’udienza camerale svoltasi dinanzi alla corte
-2

i

d’appello di Venezia, dalla quale risultavano gli elementi dianzi indicati sullo
svolgimento dei due processi nella medesima udienza.
3) erronea applicazione di legge e mancanza e contraddittorietà di motivazione per avere il dispositivo deciso ultra petita. Osserva che il Procuratore generale aveva chiesto che la questione avrebbe dovuto essere esposta e valutata
nell’ambito dell’udienza di trattazione dell’appello in quanto questione pregiudiziale al merito. La corte, invece, ha deciso sulla richiesta di remissione in termini e si è pronunciata per l’inammissibilità dell’appello. Vi è quindi mancanza
di corrispondenza con quanto sollevato pregiudizialmente dalla difesa. Vi è poi
irritualità della fissazione di una udienza camerale e mancanza di motivazione
sul punto, perché si è al di fuori delle ipotesi di decisione in camera di consiglio. La corte d’appello avrebbe dovuto limitarsi a non concedere la remissioni
in termini e, quindi, solo in sede di dibattimento dichiarare l’inammissibilità
dell’appello presentato oltre il termine di legge.
considerato in diritto
La Corte condivide pienamente le considerazioni svolte dal Procuratore
generale nella sua requisitoria scritta e quindi le fa proprie.
E difatti, come sottolineato anche nella ordinanza impugnata, sia nel verbale riassuntivo che in quello stenotipico dell’udienza del 17.3.2009 è dato atto
della presenza in aula dell’odierno ricorrente e del conseguente provvedimento
di revoca della dichiarazione di contumacia. Il ricorrente ora sostiene che entrambi i fatti andavano riferiti ad altro procedimento tenutosi quello stesso giorno a carico dell’istante, davanti alla stessa AG e con lo stesso personale di cancelleria. Va però osservato che, anche a voler seguire questa tesi. è indubbio che
l’imputato quel giorno era al corrente di entrambi i procedimenti tant’è vero che
ha scelto accuratamente in quale costituirsi stante la palese complicazione derivante dalla compresenza dei due riti. Allora, una semplice verifica degli atti
processuali una volta emessa la sentenza gli avrebbe consentito di presentare
tempestivamente l’appello. Non sussiste, pertanto, l’ignoranza del procedimento,
presupposta dall’art. dell’art. 175, c.p.p. per la concessione del beneficio della
restituzione nel termine. Quanto all’ignoranza del provvedimento conclusivo
del procedimento stesso, quand’anche sussistente, sarebbe stata determinata
dall’incuria dell’imputato e del di lui difensore. Non è pertanto suscettibile di
censura la decisione della corte d’appello di rigetto dell’istanza di remissione in
termini.
Non è poi censurabile nemmeno il fatto che l’ordinanza impugnata abbia
conseguentemente dichiarato l’inammissibilità dell’appello per tardività. Difatti, come richiesto dal Procuratore generale in appello e come sembra sostenere
nel ricorso lo stesso ricorrente, la questione sulla dedotta forza maggiore e sulla
richiesta di restituzione nel termine è stata trattata dalla corte d’appello come
questione pregiudiziale alla trattazione nel merito della impugnazione e, poiché
la questione pregiudiziale è stata esattamente ritenuta infondata, la corte d’appello ha conseguentemente deciso l’impugnazione rilevandone la tardività e dichiarandola ,pertanto inammissibile. Stante la evidente inammissibilità per tardività dell’appello, la relativa pronuncia ben poteva essere presa con ordinanza
in camera di consiglio.

-3

i(?•U

-4-

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 13
novembre 2013.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA