Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48745 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48745 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIOTTO DIEGO N. IL 21/05/1976
avverso la sentenza n. 323/2011 CORTE APPELLO di TRENTO, del
18/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSIO SCARCELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E
et,6 w
che ha concluso per LN 6eTt.0 pe,-at p coos o

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. C

CD(.4-A

Data Udienza: 14/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Riotto Diego ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di
Trento in data 18/07/2012 con cui la stessa ha parzialmente riformato la
sentenza del Tribunale di Rovereto di condanna per i reati di cui agli artt. 21,
legge 13.09.1982 n. 646 e 118, comma 9, del D. Lgs. 12.4.2006, n. 163,

beneficio della sospensione condizionale della sola pena pecuniaria.

2. Dalla sentenza impugnata, in particolare, emerge che al Riotto era stato
contestato, quale amministratore unico della COS.ME Costruzioni metalliche
s.r.I., di aver ricevuto in subappalto dalla S.P.A. Officine Bertazzon, presso il
cantiere sito in Avio Loc. Campagnola, lavori di assemblaggio e messa in opera
delle strutture metalliche del ponte sul canale ENEL per un importo pari ad oltre
1 milione e 300.000 euro senza la preventiva autorizzazione della committente
(Provincia Autonoma di Trento); che, in particolare, il 26 febbraio 2008 la
committente affidava in appalto all’ATI costituita tra le imprese “Costruzioni
Casarotto s.r.l.” (capogruppo) e la “Officine Bertazzon S.p.A.” (mandante) i
lavori di rifacimento del ponte sul canale ENEL in loc. Campagnola; che, a
seguito di una visita ispettiva del 2/09/2009 era stato accertato che il
16/07/2009 le società “CO.SME Costruzioni metalliche” e la “Officine Bertazzon”
avevano stipulato un contratto di distacco secondo cui la prima avrebbe
distaccato presso la seconda, proprio personale allo scopo di “soddisfare un
proprio interesse per migliorare le capacità tecniche ed organizzative del proprio
personale relativamente all’assemblaggio, saldatura e varo di strutture
metalliche di impalcati per ponti e viadotti stradali e capacità di collaborazione e
di interfaccia con altre aziende”; che, il 17/07/2009, la CO.SME aveva
comunicato agli uffici competenti della Provincia committente il distacco presso le
Officine Bertazzon di cinque dipendenti e, il successivo, 21/07/2009, di altri otto
dipendenti, per la durata di 3 mesi; che, a seguito dell’ispezione era emerso che
erano addetti alle operazioni di assemblaggio e saldatura delle strutture
metalliche undici lavoratori, tutti dipendenti della CO.SME e non vi era alcun
dipendente delle Officine Bertazzon; che dalle deposizioni di due dipendenti della
CO.SME (Tesan e Hudak), unici in grado di comprendere e parlare in lingua
italiana, risultava che in cantiere era stato presente un primo gruppo di
lavoratori, sempre della CO.SME a far data dal 10/07/2009, cui si era aggiunto, il
successivo 21/07/2009, il restante personale; che, durante tutto il periodo, i
2

riducendo la pena a mesi 4 di arresto ed C 102.304 di ammenda, concedendo il

lavori di assemblaggio e saldatura erano stati eseguiti esclusivamente dal
personale della CO.SME e che, per le Officine Bertazzon, che mai aveva
realizzato in precedenza ponti metallici, era intervenuto in cantiere con
frequenza bisettimanale, tale ing. Calligaris, all’esclusivo scopo di verificare lo
stato di avanzamento dei lavori; che tutta l’attrezzatura utilizzata per i lavori era
di proprietà della CO.SME; che, conclusivamente, secondo la Corte di merito, era
evidente che la S.p.A. Officine Bertazzon aveva affidato in subappalto alla S.r.l.

ponte sul canale ENEL, senza la preventiva autorizzazione della committente
Provincia autonoma di Trento.

3. Con un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari
per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., i difensori – procuratori
speciali del Riotto lamentano la manifesta illogicità della motivazione con
riferimento alla ritenuta insussistenza dei presupposti del contratto di distacco e
della sussistenza di un contratto di subappalto in violazione di legge; lamentano,
inoltre, l’erronea applicazione dell’art. 30, comma 1, D. Lgs. n. 276/2003; infine
lamentano l’erronea applicazione dell’art. 21 della L. n. 646/1982 e dell’art. 118,
del D. Lgs. n. 162/2006.

3.1.

Deducono, in particolare, che la Corte di Appello avrebbe ritenuto

inoperante il distacco operato, benchè formalmente corretto e ritualmente
comunicato all’Ente appaltante, ritenendo che esso simulasse in realtà un
subappalto, richiesto ma non autorizzato, di lavori non direttamente eseguibili
dal Riotto. In sostanza, la Corte di merito avrebbe ritenuto insussistente
l’interesse della distaccante al distacco stesso, come previsto dalla norma di
riferimento.

3.2. Quanto sopra, a detta della difesa, sarebbe conseguenza di una non
corretta valutazione delle risultanze istruttorie, anche dibattimentali; che, in
particolare, tenuto conto delle finalità normative dell’istituto del distacco,
quest’ultimo deve essere tenuto distinto dalla somministrazione di lavoro altrui,
essendo elemento differenziante tra distacco e somministrazione proprio
l’interesse del distaccante, laddove nella somministrazione si realizza il solo
interesse economico del somministratore; richiama, a tal proposito, una circolare
Ministeriale (la n. 3/2004), un parere del Ministero del lavoro (parere 2.02.2011,
reso a seguito di interpello n. 1/2011), oltre a giurisprudenza di questa Corte,
che hanno precisato come l’interesse alla destinazione del lavoratore presso una
3

CO.SME i lavori di assemblaggio e messa in opera delle strutture metalliche del

diversa unità produttiva ai fini della formazione professionale non può che
essere, per definizione, un interesse proprio del datore di lavoro distaccante.

3.3. Richiamando l’interpretazione giurisprudenziale, la difesa sostiene che
l’interesse del distaccante deve riguardare l’attività istituzionalmente svolta dal
medesimo e, dunque, far riferimento ad una qualsiasi motivazione tecnica,
produttiva ed organizzativa facente capo al medesimo; che, l’interesse, oltre a

esigenze produttive od organizzative dell’impresa distaccante; che, a seguito dei
chiarimenti offerti dalla richiamata Circolare n. 3/2004 del Ministero del Lavoro e
del parere 2.02.2011 del Ministero del Lavoro, reso a seguito dell’interpello n.
1/2011, alla luce della risultanze istruttorie, nel caso in esame, dovevano
ritenersi sussistere gli elementi formali e sostanziali di un regolare rapporto di
distacco di personale, ossia, da un lato, la temporaneità del distacco e, dall’altro,
l’interesse specifico, rilevante, persistente e concreto del distaccante, dato
dall’esigenza della CO.SME di formare, in maniera specifica, il proprio personale
nell’ambito di un cantiere ove erano previste delle modalità di esecuzione
particolari ed innovative (es. tipologie di “varo” e tecniche di tesatura mai poste
in essere da CO.SME, come confermato dal teste Tesan nonché dai testi sentiti
ex art. 391-bis c.p.p., Pellegrini e Fabrizio Bertazzon), modalità che sarebbero
state sostanzialmente replicate in altra attività (realizzazione di un ponte a
Dallas), ciò che costituirebbe riscontro a quanto dichiarato dal Bertazzon F.

3.4. In definitiva, dunque, la difesa sostiene che le uniche due circostanze
valorizzate nella sentenza gravata per sostenere l’esistenza di un subappalto
simulato anziché un distacco (ossia, la mancanza di altro personale presente in
cantiere oltre quello distaccato , al momento dell’ispezione; l’utilizzo, da parte di
detto personale, dell’attrezzatura di proprietà della CO.SME) non sarebbero
decisive in quanto: a) con riferimento all’assenza di altro personale, la
circostanza sarebbe irrilevante ai fini della contestazione; b) con riferimento
all’utilizzo dell’attrezzatura, in atti vi sarebbe la prova inequivoca dell’esistenza di
un regolare contratto di nolo a freddo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è in parte inammissibile per tardività ed in parte per manifesta
infondatezza.

4

dover essere naturalmente lecito e rilevante, non deve derivare da stabili

5. E’ inammissibile per tardività ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod.
proc. pen., in quanto l’impugnazione davanti a questa Suprema Corte è stata
proposta fuori termine. Ed invero, la sentenza della Corte trentina, decisa
all’udienza del 18/07/2012 con termine per il deposito della motivazione di gg.
90, risulta depositata in cancelleria il 12/10/2012, dunque tempestivamente
rispetto al termine indicato in dispositivo. L’avviso di deposito con l’estratto della
sentenza d’appello venne notificato all’imputato contumace in data 9/11/2012 a

Michelangelo n. 40 di Fiume Veneto (PN), mentre l’impugnazione risulta
depositata in data 12/03/2013, dunque intempestivamente rispetto al termine
di gg. 45 previsto dall’art. 585, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., decorrente dal
termine di cui alla lett. d) del comma 2 dell’art. 585 citato.

6. E’, in ogni caso, manifestamente infondato in quanto il ricorso appare rivolto a
criticare la valutazione del merito dei presupposti fattuali in base ai quali è stato
ritenuto dai giudici di appello insussistente il contratto di distacco e configurabile
un contratto di subappalto in difetto di autorizzazione della committente, dunque
diretto, come chiaramente desumibile dal riepilogo del contenuto di cui sopra, a
richiedere una lettura dei fatti alternativa a quella già effettuata dai giudici di
appello sotto l’apparente censura di violazione di legge.
Infatti, alla Corte di Cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre
la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei
precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata
alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la
sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (Sez.
Un., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260); resta dunque esclusa, pur dopo
la modifica dell’art. 606 lett. e) c.p.p., la possibilità di una nuova valutazione
delle risultanze da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito,
attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o
una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o
attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380 dell’ 11/01/2007, Messina ed
altro, Rv. 235716).
Allo stesso tempo, la denunzia di minime incongruenze argomentative o
l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali
da determinare una diversa decisione (ma che non siano inequivocabilmente
muniti di un chiaro carattere di decisività), non possono dar luogo
all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce

vizio

della

motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati
5

mezzo posta e ricevuto dalla madre convivente del RIOTTO all’indirizzo di via

dal contesto. Al contrario, è solo l’ esame del complesso probatorio entro il
quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la
consistenza e la decisività degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza
ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della
motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789;
Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).

alla ritenuta insussistenza dei presupposti del contratto di distacco e della
sussistenza di un contratto di subappalto in violazione di legge emergono
chiaramente dalla ricostruzione fattuale e dall’esegesi normativa operata dai
giudici d’appello, che hanno dettagliatamente analizzato le risultanze processuali,
valutando le critiche difensive alla sentenza di primo grado impugnata, con cui
era stata dedotta l’erronea interpretazione delle risultanze processuali e delle
norme di legge in materia di distacco di personale. Sul punto, in particolare,
correttamente la Corte territoriale ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale
di questa Corte che ritiene necessario ai fini della legittimità del distacco la
sussistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro che consenta di
qualificare il distacco come atto organizzativo dell’impresa che lo dispone, così
determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione
lavorativa, in una con il carattere essenzialmente temporaneo del distacco (cfr.,
sul punto: Cass pen., Sez. 3, n. 47006 del 29/10/2009 – dep. 10/12/2009,
Umana, Rv. 245621). Nel caso

sub judice,

tale interesse specifico è

rappresentato – secondo il ricorrente – nell’esigenza della CO.SME di formare il
suo personale nelle attività di assemblaggio di strutture metalliche per ponti e
viadotti, in particolare di apprendere nuove modalità di esecuzione in
quest’ambito. La Corte di merito, a tal proposito, al fine di valutare la doglianza
difensiva, analizza criticamente, sotto ponendole a rigoroso vaglio, le
dichiarazioni dei testi assunti in sede di indagini difensive (Fabrizio Bertazzon,
Roberta Pellegrini e Roberto Tesan), evidenziando come, soprattutto alla luce
della dichiarazioni rese dal Tesan nell’immediatezza dei fatti alla PG, emergesse
univocamente l’insussistenza dei presupposti indefettibili necessari alla ricorrenza
dell’istituto del distacco, in difetto di un interesse specifico dell’impresa
distaccante. La Corte, del resto, argomenta puntualmente anche operando una
utile comparazione con le dichiarazioni rese in sede di indagini difensive,
concludendo coerentemente per l’inesistenza di una contraddizione tra quanto
dichiarato dal Tesan davanti alla PG e quanto da questi dichiarato in sede di
indagini difensive, in quanto costituiva dato oggettivo emergente dall’istruttoria
6

fr(

6.1. Nella specie, la logicità e congruità complessiva della motivazione in ordine

svolta come la Bertazzon Sp.A. non avesse mai costruito in precedenza ponti
metallici e si era, dunque, rivolta alla CO.SME che vantava una lunga esperienza
(trentennale) in materia. La Corte territoriale, del resto, coglie poi un elemento
centrale – già chiaramente individuato dal primo giudice – che destituisce di
fondamento quanto argomentato dalla difesa del ricorrente, ossia la circostanza
per la quale il distacco di personale aveva costituito soltanto “lo strumento
giuridico apparente” per aggirare l’ostacolo del diniego dell’autorizzazione, in

opposto dalla committente Provincia autonoma: il tutto, all’evidenza, come
evidenziato nella sentenza impugnata, per procedere comunque all’esecuzione
dell’opera in collaborazione con la CO.SME. Il percorso motivazionale
dell’impugnata decisione, dunque, analizzando con rigore ed adeguato apparato
logico-argomentativo le risultanze processuali, ha criticamente affrontato
compiutamente le doglianze difensive, pervenendo a concludere che, in realtà,
dagli elementi probatori in atti fosse evidente che coloro che avevano prestato il
proprio lavoro nell’opera in questione non avevano fatto altro che applicare le
proprie conoscenze e la pluriennale esperienza, nell’espletamento di un’attività
che non differiva da quelle precedentemente svolte, rendendo palese che
l’assunto interesse della distaccante era, in realtà, insussistente.

6.2.

Difettano, conclusivamente, di spessore argomentativo le doglianze

difensive prospettate nell’unico, articolato, motivo di ricorso, anzitutto sotto il
profilo dell’illogicità manifesta della motivazione, non avendo assolto il ricorrente
all’onere, sussistente anche dopo la novella codicistica introdotta con la L. n. 46
del 2006, di dimostrare che l’iter argomentativo della decisione impugnata è
assolutamente carente sul piano logico, a nulla peraltro rilevando eventuali altre
letture del materiale probatorio, pur egualmente corrette sul piano logico (v., tra
le tante: Cass. pen., Sez. 6, n. 37270 del 17/10/2006 – dep. 09/11/2006,
Ouardass, Rv. 235506). Diversamente, l’esame dell’apparato argomentativo
della sentenza impugnata consente a questa Corte di apprezzare una completa e
corretta analisi del complesso probatorio entro il quale ogni elemento è stato
contestualizzato, verificandosi la consistenza e la decisività degli elementi
medesimi e la ininfluenza delle argomentazioni difensive ai fini di una presunta
disarticolazione della compattezza logica dell’impianto argomentativo della
motivazione. Altrettanto, poi, è a dirsi quanto ai prospettati vizi di violazione di
legge, sotto il profilo dell’erronea applicazione della legge penale (art. 30,
comma 1, D. Lgs. n. 276/2003; art. 21, I. 646/1982 e 118, D. Lgs. n.
163/2006), posto che la Corte trentina ha correttamente interpretato la
7

precedenza richiesta dalle Officine BERTAZZON per procedere al subappalto,

disciplina normativa evocata dalla parte impugnante, sia con riferimento alla
normativa sul distacco (art. 30, D. Lgs. n. 276/2003) – posto che, anche
secondo la giurisprudenza civilistica, la dissociazione fra il soggetto che ha
proceduto all’assunzione del lavoratore e l’effettivo beneficiario della prestazione
(c.d. distacco o comando) è consentita soltanto a condizione che essa realizzi,
per tutta la sua durata, uno specifico interesse imprenditoriale tale da
consentirne la qualificazione come atto organizzativo dell’impresa che la dispone,

prestazione lavorativa e la conseguente temporaneità del distacco, coincidente
con la durata dell’interesse del datore di lavoro allo svolgimento della
prestazione del proprio dipendente a favore di un terzo, precisandosi che il
relativo accertamento è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede
di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi, come nel
caso in esame (v., sul punto: Cass. civ. Sez. lavoro, 15 maggio 2012, n. 7517
(rv. 622885), Biello c. Enelpower S.p.A.) – sia con riferimento alla disciplina
normativa dettata dall’art. 21 della L. 13 settembre 1982 n. 646 (essendo
evidente che, nel caso in esame, la Corte territoriale, come già prima il giudice di
prime cure, ben avevano inquadrato giuridicamente la questione ritenendo
violata la disposizione del citato art. 21, essendovi stato, per le ragioni dianzi
evidenziate, un distacco simulato in violazione del divieto di subappalto, in
quanto non previamente autorizzato – anzi, già negato, come visto – dalla
committente Provincia autonoma) che con riferimento alla disciplina normativa di
cui all’art. 118, D. Lgs. n. 163/2006 riguardante la materia del “Subappalto,
attività che non costituiscono subappalto e tutela del lavoro”, specifica quando,
ai fini della richiamata disposizione, si presume essersi in presenza di un
subappalto (e, nel caso esaminato, come detto, la Corte territoriale ha chiarito
correttamente come il distacco di personale costituiva lo strumento giuridico
apparente per aggirare l’ostacolo del diniego di autorizzazione, in precedenza
richiesta dalle officine Bertazzon per procedere al subappalto, diniego opposto
dalla committente Provincia autonoma).

7. Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile. All’inammissibilità del ricorso

consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna alle spese processuali, nonché alla
sanzione pecuniaria determinata in € 1000,00 a favore della cassa delle
ammende, non ricorrendo una ipotesi di inammissibilità incolpevole ai sensi della
sentenza n. 186/2000 della Corte cost.

P.Q.M.

8

così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2013

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Il

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