Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48744 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48744 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Vittor Pierluigi, n. a Palmanova il 21/05/1963;
Citta Fabio, n. a Gorizia il 14/10/1958;
Colonnello Paolo, n. a Palmanova il 09/10/1967;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste in data 16/05/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale E. Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udite le conclusioni dell’Avv. C. Tapparo, difensore di fiducia di Citta Fabio, che
ha chiesto l’accoglimento e dell’Avv. G. Garzo difensore d’ufficio di Colonnello
Paolo, che ha chiesto l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16/05/2012 la Corte d’Appello di Trieste, in parziale riforma
della sentenza del Gup presso il Tribunale di Udine, esclusa l’aggravante di cui

Data Udienza: 14/11/2013

all’art.80, comma 2, del d.P.R. n. 309 del 1990, ha ridotto la pena inflitta agli
imputati Citta Fabio, Vittor Pierluigi e Colonnello Paolo per vari reati di cui
all’art.73 del medesimo d.P.R.

2. Ha proposto ricorso per cassazione tramite il difensore anzitutto Vittor
Pierluigi che, con un unico motivo, quanto alla recidiva reiterata contestata, di

non abbia adeguatamente valutato, ai fini della sua esclusione, in una disamina
complessiva, gli elementi indicativi della significatività o meno di una maggiore
rimproverabilità e pericolosità sociale dell’imputato, essendosi limitata a
considerare il solo dato ponderale.

3. Ha proposto ricorso anche Citta Fabio.

3.1. Con un primo motivo, volto a lamentare violazione di legge, si duole del

mancato riconoscimento della attenuante speciale di cui all’art. 73, comma 7, del
d.P.R. n. 309 del 1990. Evidenzia che sin da subito la collaborazione prestata
dallo stesso si è caratterizzata per la sua totale e limpida spontaneità anche
attraverso il coinvolgimento nelle indagini di ulteriori persone rinviate a giudizio;
in particolare, egli si è da subito offerto spontaneamente quale possibile “esca”
per potere far giungere gli inquirenti alla persona dello spacciatore e fornitore
dello stupefacente, il sedicente “Giancarlo” di Milano, il quale, lasciato
eccezionalmente all’imputato un notevole quantitativo di sostanza, aveva
anticipato che sarebbe a breve ricomparso per recuperare il costoso quantitativo
e farlo così transitare verso il mercato sloveno, ma tale disponibilità non è stata
utilizzata dalla Procura. Facendo erronea applicazione dei principi
giurisprudenziali, e nonostante il riconoscimento del contributo, la Corte avrebbe
invece illegittimamente negato i presupposti dell’attenuante in ragione
dell’arresto in flagranza, non compatibile con la condotta spontanea, del
rinvenimento dello stupefacente nell’abitazione dell’imputato, con conseguente
inefficacia di condotte collaborative, e della vaghezza nell’indicazione sulla
provenienza dell’hashish. Né potrebbe essere ritenuta ostativa la mancata
prestazione di elementi atti a condurre all’identificazione e cattura dello
spacciatore Giancarlo quale soggetto a lui sovraordinato, senza considerare
comunque i numerosi dettagli riguardo a persona, ruolo, fisiognomica,
autovetture utilizzate, del suddetto Giancarlo comunque forniti da Citta.

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natura facoltativa, lamenta che, in violazione dell’art. 99 c.p., la Corte territoriale

3.2.

Con un secondo motivo lamenta violazione di legge in relazione

all’eccessività delle pene inflitte, stante il ruolo marginale rivestito come
emergente dalla subita imposizione da parte di terzi, del tutto eccezionale e
straordinaria a fronte dei precedenti episodi di occasionale spaccio, di un
provvisorio deposito di un rilevante quantitativo.

della motivazione, e dolendosi della pretesa apoditticità di valutazione da parte
del giudice, lamenta la mancata prova certa della cessione contestata al capo f)
dell’imputazione stante l’esito negativo dell’ispezione dei luoghi a lui riconducibili
e il fatto che, diversamente, egli avrebbe dovuto essere arrestato già in data
15/01/2008 e non il 22/02/2008. Né sarebbero desumibili elementi dalle
telefonate intercettate. Tali argomentazioni sono state reiterate dal ricorrente
con memoria del 09/04/2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Quanto in primo luogo al ricorso presentato da Vittor Pierluigi, lo stesso è
infondato.
Va premesso che, alla stregua dell’interpretazione sul punto elaborata da questa
Corte anche a Sezioni Unite (Sez. U., n. 5859 del 27/10/2011, Marcianò, Rv.
251690) incombe sul giudice uno specifico dovere di motivazione sia quando egli
ritenga sia quando escluda la rilevanza della recidiva;infatti, esclusi i casi di
recidiva c.d. obbligatoria, di cui al comma 5 dell’art. 99 c.p., il giudice può
attribuire effetti alla recidiva unicamente quando la ritenga effettivamente idonea
ad influire, di per sé, sul trattamento sanzionatorio del fatto per cui si procede ed
è quindi, in particolare, tenuto a verificare se il nuovo episodio criminoso sia
“concretamente significativo – in rapporto alla natura e al tempo di commissione
dei precedenti ed avuto riguardo ai parametri indicati dall’art. 133 c. p. – sotto il
profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo”
(vedi Corte cost., sent. n. 192 del 2007).
In altri termini, si è aggiunto, “è precipuo compito del giudice del merito
verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di
riprovevolezza e pericolosità, tenendo conto […] della natura dei reati, del tipo di
devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del margine di
offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità
3

4. Ha proposto ricorso anche Colonnello Paolo. Deducendo manifesta illogicità

esistente fra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro
possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del
grado di colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale
dell’esistenza di precedenti penali” (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv.
247838).
Ciò posto, nella specie la Corte territoriale, facendo una corretta applicazione dei

serie di precedenti per reati di furto, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni,
violazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni
sportive, ricompresi in un arco temporale che spazia dal 1982 al 2010, la
partecipazione ad un traffico non marginale di sostanze stupefacenti, pur
eterogeneo rispetto ai predetti precedenti illeciti, rappresenta, proprio per il più
rilevante grado di illiceità, una “escalation” criminale e, come tale, deve essere
considerata, secondo una valutazione la cui logicità sfugge a qualunque
sindacato da parte di questa Corte, espressione di una più marcata pericolosità.

6. Quanto al ricorso di Citta Fabio, il primo motivo dello stesso è infondato.
E’ indubbio che la collaborazione considerata dall’art. 73, comma 7, del d.P.R. n.
309 del 1990 debba anzitutto essere caratterizzata da un contributo pieno, nel
senso che la messa a disposizione delle autorità investigative delle proprie
conoscenze deve avvenire, da parte del collaboratore, in maniera completa e
senza alcuna reticenza (cfr. Sez. 4, n. 5699 del 13/04/1999, Lorenzini ed altri,
Rv. 213485; Sez. 6, n. 9891 del 15/06/1995, Amistà ed altri, Rv. 202645). Ne
consegue che deve ritenersi correttamente esclusa la circostanza attenuante in
questione, laddove, come nella specie, si sia messo in evidenza che il
comportamento di chi l’attenuante invoca, si sia, invece, caratterizzato, per
ragioni anzitutto logiche ( in particolare il fatto che 65 chilogrammi di hashish
non potrebbero mai essere consegnati da un terzo in “deposito temporaneo”
senza che tra i due interessati si siano stabiliti possibili canali di successiva
comunicazione e senza quindi che il depositarlo non sia in grado di fornire altri
elementi se non il nome di battesimo e l’autovettura del “depositante”) per una
evidente incompletezza. E ciò tanto più avendo la Corte territoriale specificato la
“caratura” del ricorrente quale soggetto in grado di movimentare,
evidentemente, rilevanti quantitativi di hashish da diffondere sul territorio.
Sicché, in altri termini, non essendo in questione tanto l’efficacia della
collaborazione prestata, ma, ancor prima, la stessa possibilità di ravvisare nella
condotta tenuta proprio la collaborazione stessa (su tale punto sottraendosi, per
quanto già detto, la motivazione della Corte territoriale a qualsivoglia sindacato)
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principi appena menzionati, ha posto in rilievo il fatto che, a fronte di una lunga

tutte le argomentazioni del ricorrente sul punto restano evidentemente
recessive.
Quanto al secondo motivo, la sentenza impugnata ha posto adeguatamente in
rilievo, come appena detto, il ruolo niente affatto marginale dell’imputato, di per
sé non compatibile con un trattamento sanzionatorio inferiore rispetto a quello
individuato dalla Corte d’Appello già inferiore, peraltro, per la riconosciuta minor

manifesta infondatezza della doglianza sollevata.

7. Infine, quanto al ricorso di Colonnello Paolo, con cui, nella sostanza, si
contesta che lo stupefacente rinvenuto a casa di Taverna fosse a questi stato
fornito dallo stesso Colonnello essendo stato rinvenuto in più punti, va anzitutto
premesso che, anche dopo la modifica dell’art. 606 lett. e) c. p. p. introdotta
dalla I. n. 46 del 2006, il sindacato della Cassazione continua a restare quello di
sola legittimità sì che esula dai poteri della stessa quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione pur anche laddove possa
essere prospettata dal ricorrente una diversa e più adeguata valutazione delle
risultanze processuali (tra le altre, Sez.2, n. 23419 del 23/05/2007, P.G. in proc.
Vignaroli, Rv. 236893). Ne consegue che si sottrae al sindacato di questa Corte
l’apparato argomentativo della sentenza di merito, che, in particolare con
riferimento alla valutazione del compendio probatorio acquisito in giudizio, sia
coerentemente e logicamente espresso.
Nella specie, il giudice di seconda istanza, condividendo gli approdi cui già il
giudice di primo grado era pervenuto, dopo avere esposto che nell’abitazione del
Taverna era stato trovato, a seguito dell’accesso degli operanti, e quasi tutto in
un cassetto, un involucro contenente due pezzi di hashish del peso complessivo
di gr. 25,2 ed un pezzo di hashish del peso di gr. 9,6 (mentre un altro pezzo di
hashish di gr.1,5 si trovava vicino al divano letto) e che da tale abitazione era
appunto uscito Colonnello poco prima della perquisizione, ha logicamente
attributo all’imputato, del resto dedito a vendere abitualmente hashish, la
cessione dello stupefacente stesso sulla base del tenore delle conversazioni
telefoniche intercorse tra i due finalizzate a concordare la visita a Taverna e della
breve durata di questa, del tutto compatibile con il solo scopo della consegna in
oggetto, essendo invece più difficilmente rapportabile, tale visita, all’intento,
affermato dall’imputato, di recuperare un portafogli ivi lasciato, però, ben tre
giorni prima e senza che di tale finalità mai si fosse significativamente fatto
cenno nelle telefonate predette.

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pericolosità della sostanza, a quello praticato dal Tribunale, con conseguente

Tali conclusioni, cui la Corte di merito è pervenuta all’esito di un ragionamento
non manifestamente illogico, si sottraggono, dunque, per quanto detto sopra, e
pur a fronte di una possibile, alternativa, lettura, al sindacato di questa Corte e
conducono al rigetto del ricorso.

8.

In conclusione, i ricorsi vanno tutti rigettati con condanna di ciascuno dei

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrentit:ì pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2013

Il Consi ere

t.

ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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