Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48736 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48736 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAIETTO STEFANO N. IL 09/10/1987
avverso la sentenza n. 2545/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
06/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 25/09/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Maietto Stefano avverso la sentenza emessa in
data 6.11.2012 dalla Corte di Appello di Roma che, in parziale riforma di quella in data
20.12.2011 del Tribunale di Civitavecchia, riduceva la pena inflitta al predetto ad anni tre e
mesi otto di reclusione ed C 22.000,00 di multa per i reati di cui agli artt. 73 comma 1 bis dPR
309/1990, 337 c.p., 61, 635 n. 3 c.p., lesioni aggravate e tentato omicidio.
Denunzia la violazione di legge in ordine alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art.
73 c. VII dPR 309/1990.

E’ palese la sostanziale aspecificità della censura mossa che han riproposto in questa sede
pedissequamente la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte territoriale e da quel
giudice disattesa con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile, laddove ha escluso la ricorrenza degli estremi per la concessione dell’impetrata
attenuante.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1
lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive
conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di
colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 25.9.2013

Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata ed aspecifica.

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