Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48732 del 18/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48732 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAMPICELLI GIUSEPPE N. IL 09/07/1949
avverso l’ordinanza n. 17/2013 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 07/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;

Data Udienza: 18/03/2015

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Carnpicelli Giuseppe, a mezzo del difensore, ricorre per cassazione avverso
l’ordinanza indicata in rubrica, con cui la Corte d’assise d’appello di Taranto, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di sostituzione della
pena dell’ergastolo con isolamento diurno – inflitta al ricorrente con sentenza in
data 30.04.1997 della Corte d’assise di Taranto, confermata in appello il
13.10.1999 e divenuta definitiva il 26.10.2001 – con quella di anni 30 di
reclusione; la Corte territoriale rilevava che nel caso di specie non sussistevano i

della Corte costituzionale e nella sentenza emessa dalla CEDU il 17.09.2009 nel
caso Scoppola c/Italia, in quanto il Campicelli era stato giudicato nelle forme del
rito ordinario, e non in quelle del rito abbreviato, non risultando aver mai
formulato la relativa richiesta, e in ogni caso l’imputato non avrebbe potuto
essere ammesso al rito alternativo, che all’epoca della celebrazione dell’udienza
preliminare e della pronuncia della sentenza di condanna di primo grado non era
consentito proporre per i reati puniti con la pena dell’ergastolo, alla stregua della
sentenza n. 176 del 1991 della Consulta.
Il ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione dell’ordinanza
impugnata, rilevando che il Campicelli aveva presentato richiesta di giudizio
abbreviato, ma essa era stata disattesa, e ribadisce l’applicabilità alla fattispecie
dei principi discendenti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte,
nonché dalla giurisprudenza di rango costituzionale e convenzionale sopra citata.
Il ricorso è inammissibile, sia perché generico, nella misura in cui non chiarisce,
in violazione del principio di autosufficienza, se la richiesta di giudizio abbreviato,
che il ricorrente assume essere stata

illo tempore

proposta, fosse stata

tempestivamente formulata in relazione alla fase processuale, né chiarisce le
sorti della stessa (alla stregua del regime vigente prima della legge n. 479 del
1999, allorchè il rito alternativo non costituiva ancora un diritto dell’imputato ma
era soggetto alla previa valutazione del giudice sulla decidibilità del processo allo
stato degli atti); sia – soprattutto – perché si rivela manifestamente infondato,
alla stregua dell’affermazione, più volte ribadita in modo costante da questa
Corte, per cui il principio discendente dalla sentenza della CEDU in data
17.09.2009 sul caso Scoppola contro Italia può trovare applicazione soltanto nei
confronti di coloro che siano stati giudicati nelle forme del rito abbreviato a
seguito di richiesta, ammessa, formulata nel periodo (compreso tra il 2 gennaio
e il 24 novembre 2000) di vigenza dell’art. 30, comma 1, lett. b, legge n. 479 del
1999 (che prevedeva che, in esito al rito speciale, alla pena dell’ergastolo fosse
sostituita quella di anni trenta di reclusione), alla quale abbia fatto seguito la
pronuncia di condanna all’ergastolo in data successiva al 24.11.2000, e dunquec ,»
1

presupposti per l’applicazione di quanto statuito nella sentenza n. 210 del 2013

dopo l’entrata in vigore dell’art. 7, comma 2, del D.L. n. 341 del 2000 (convertito
nella legge n. 4 del 2001), che aveva ripristinato, con decorrenza dalla sua
entrata in vigore, l’irrogabilità, all’esito del giudizio abbreviato, della pena
dell’ergastolo in sostituzione di quella dell’ergastolo con isolamento diurno (nei
casi di concorso di reati e di reato continuato), perché solo in questo caso, che
non può essere generalizzato, l’intervenuta modifica legislativa ha prodotto
l’effetto di determinare un irragionevole pregiudizio a carico dell’imputato che
aveva fatto richiesta del rito speciale nella vigenza di una norma che non

della nuova legge sopravvenuta al momento della condanna, così da giustificare
la conversione dell’ergastolo nella pena di anni trenta di reclusione in sede
esecutiva (ex multis, Sez. 1 n. 4008 del 10/01/2014, Rv. 258272; Sez. 1 n.
23931 del 17/05/2013, Rv. 256257); di conseguenza il principio discendente
dalla sentenza della CEDU non è applicabile alle situazioni che – come quella
rappresentata dal Campicelli, giudicato in primo grado e condannato all’ergastolo
prima del 2 gennaio 2000, allorchè la possibilità dell’imputato di essere giudicato
nelle forme del rito speciale, in luogo di quelle ordinarie, per i reati puniti con
pena perpetua non era normativamente prevista – non sono sovrapponibili a
quella valutata dalla Corte sovranazionale, in quanto la natura sostanziale,
predicata dalla CEDU, della diminuente premiale stabilita per il rito abbreviato
dall’art. 442 comma 2 cod.proc.pen. non implica la trasformazione della natura
processuale della residua normativa concernente presupposti, termini e modalità
di accesso al rito, rimessi alle scelte discrezionali del legislatore nazionale.
Con tali principi il ricorrente neppure si confronta, così che il ricorso va dichiarato
inammissibile, con conseguente condanna del Campicelli al pagamento delle
spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della sanzione
pecuniaria che si ritiene equo determinare nella somma di 1.000 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 18/03/2015

consentiva l’inflizione della pena perpetua, divenuta invece irrogabile in forza

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