Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48731 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48731 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RONDI WILMA ANGELA N. IL 09/07/1957
avverso la sentenza n. 525/2013 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE
di TERAMO, del 21/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO
BLAIOTTA;

Data Udienza: 25/09/2013

158 Rondi Wilma
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il gravame è manifestamente infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato
il principio che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato
alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui
l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò
implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al
richiamato art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione solo
nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la
possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è
stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (Sez. un 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. Un.
27 dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della
decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,la
continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della pena e
la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle
enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica
ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti
valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la
statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinuncia
ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa Corte ha più
volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per
cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Nel caso di specie il giudice dà conto che, alla luce degli atti, la pena è
correttamente determinata e che non vi sono le condizioni per una diversa e più
favorevole pronunzia.
Il ricorso è quindi inammissibile. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen.,
la condanna delloficorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a
favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 1.500 a titolo di sanzione pecuniaria.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna itkricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro
1.500.
Roma 25 settembre 2013

L’imputato- in epigrafe ricorre per cassazione avverso la sentenza recante
applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. in ordine al reato di furto
aggravato.

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