Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48730 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48730 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FIORAVANTI GIAMPAOLO N. IL 26/09/1970
avverso la sentenza n. 2531/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del
25/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 25/09/2013

Osserva

Propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia di Fioravanti Giampaolo avverso la
sentenza emessa in data 25.9.2012 dalla Corte di Appello di Ancona che confermava quella
resa in data 10.11.2009 dal Tribunale di Ascoli Piceno con cui il predetto era stato
condannato alla pena di anni mesi sei di arresto ed C 1.500,00 di ammenda per il reato di
cui all’art. 186 comma 2 lett. c) C.d.S.
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla prova della sua penale responsabilità e di essersi
messo alla guida essendosi trovato in stato di necessità poiché nessuno era disposto a

generiche e al mancato contenimento della pena nel minimo.
Il ricorso è inammissibile essendo le censura mosse aspecifiche, manifestamente infondate
e non consentite nella presente sede di legittimità.
E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che han riproposto in questa sede
pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da
quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile, laddove ha escluso gli estremi dello stato di necessità, evidenziato la congruità
degli elementi probatori raccolti a carico dell’imputato, negato la sussistenza degli estremi
per il riconoscimento delle attenuanti generiche ed apprezzata come equa la misura della
pena inflitta.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Peraltro si rammenta che il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come
modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione
di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha
alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si
trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora
consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti
ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di
apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito; peraltro, il vizio
motivazionale deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu
oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza.

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ricondurlo a casa; nonché in ordine all’omessa concessione delle circostanze attenuanti

Ma le censure addotte dal ricorrente attinenti alla penale responsabilità mirano appunto ad
una improponibile rivalutazione della prova e si risolvono in deduzioni in punto di fatto,
insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità, sottraendosi la
motivazione della impugnata sentenza ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza,
di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in € 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 25.9.2013

assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

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