Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48725 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48725 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VOJNOVSKI BRANISLAV N. IL 08/05/1980
avverso la sentenza n. 6551/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
19/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 25/09/2013

Osserva
Ricorre per cassazione Vojnovski Branislav avverso la sentenza in data 19.11.2012
della Corte di Appello di Torino che confermava quella emessa in data 29.10.2010 dal
Tribunale di Alba con cui il predetto era stato condannato alla pena di mesi sei di
arresto ee C 3.000,00 di ammenda oltre alla sospensione delle patente di guida per la
durata di un anno e sei mesi per il reato di cui all’art. 186, 2° comma C.d.S. (tasso
alcolemico pari a 2,07 g/1).
Deduce la violazione di legge in relazione alla mancata notifica del decreto di citazione

motivazionale in ordine al diniego opposto alla richiesta delle circostanze attenuanti
generiche e della sospensione condizionale della pena e la mancanza di motivazione in
relazione al motivo d’appello con cui si era richiesta la rideterminazione nel minimo
della durata della sanzione accessoria della sospensione della patente.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate.
Infatti l’imputato era presente all’udienza del 29.10.2010, sicchè opera il principio
enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo il quale “In tema di
notificazione della citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista
dall’art. 179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della
citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da
quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da
parte dell’imputato; la medesima nullità non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata
esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale
consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc. pen.” (sent. n.
119 del 27.10.2004, Rv. 229539).
Per il resto, le censure mosse sono anche aspecifiche e non consentite nella presente
sede.
Invero i residui motivi sono aspecifici poiché ripropongono in questa sede
pedissequamente le medesime doglianze rappresentate in sede di appello e da quel
giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).

2

per il giudizio di primo grado in forme diverse da quelle prescritte; il vizio

Peraltro, la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale
rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo
compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati
nell’art. 133 c.p.: nel caso di specie sono state richiamate le significative e gravi
circostanze della condotta. A ciò dovendosi aggiungere che non è neppure è
necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta
contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena edittale. Nè si può sostituire
l’apprezzamento della Corte sul potere dosimetrico che la legge attribuisce al giudice

generiche nonché per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena rientra nei
poteri discrezionali del giudice a quo il cui esercizio, se effettuato nel rispetto dei
parametri valutativi di cui all’articolo 133 c.p., è censurabile in cassazione solo
quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Peraltro, la
giurisprudenza di questa Corte ammette sul punto la c.d. motivazione implicita (Cass.
sez. VI, 22.9.2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene
congrua” vedi Cass. sez. VI 4.8.1998 n, 9120 rv. 211583).
Nella specie, risulta evidente che il diniego delle attenuanti generiche e la
formulazione della prognosi negativa di recidivanza è stato dal giudice correttamente
effettuato con congrua motivazione che ha opportunamente valorizzato il precedente
penale specifico dell’imputato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 25.9.2013

del merito: la valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti

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