Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48723 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48723 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MOURADI JIHAD N. IL 21/05/1991
avverso la sentenza n. 106/2013 TRIBUNALE di LIVORNO, del
24/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 25/09/2013

Motivi della decisione
Mouradi Jihad ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Livorno in data 24.01.2013, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena di mesi otto di reclusione oltre la multa, in
ordine alla violazione dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
Con unico motivo l’esponente denuncia la mancanza di motivazione e

pena. Al riguardo, richiama la oggettiva modestia dei fatti e la giovane età del
prevenuto.
Il ricorso è inammissibile.
Giova considerare che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che
l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla
particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle
linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale
con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle
ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una
specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena – che viene specificamente in rilievo nel caso di specie – e la sua sospensione,
la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle
Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a
struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti
valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento
che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede l’applicazione della
pena ex art. 444 cod. proc. pen. rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare
l’accusa. Ne consegue, come questa Suprema Corte ha più volte avuto modo di

l’errata applicazione della legge penale in riferimento al giudizio di congruità della


affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure
che coinvolgono il patto dal medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che,
nel caso di specie, il giudice ha evidenziato che la pena appariva congrua e che
correttamente era stata prospettata l’ipotesi attenuata di cui al V comma dell’art.
73, cit., in considerazione del modesto quantitativo di droga detenuto.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 a

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 25 settembre 2013.

favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.

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