Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48713 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48713 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 25/09/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CONVERSANO DONATO N. IL 09/02/1987
MONTERISI RICCARDO N. IL 13/12/1984
avverso la sentenza n. 44/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
18/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

9y.

Osserva

Ricorrono per cassazione i difensori di fiducia di Conversano Donato e Monterisi
Roberto (quest’ultimo con due difensori) avverso la sentenza emessa in data
18.10.2012 dalla Corte di Appello di Bari che confermava quella pronunciata in data
4.10.2007 dal G.u.p. del Tribunale di Trani con cui i predetti erano stati condannati
alla pena di anni 3 di reclusione ed C 16.000,00 di multa il primo e a quella di anni 4 e
mesi 4 di reclusione ed C 20.000,00 di multa il secondo, per il reato di spaccio
continuato di stupefacenti e, il Conversano, anche per quello di resistenza a pubblico

Entrambi deducono il vizio motivazionale in relazione all’art. 129 c.p.p., alla
integrazione dell’attività delittuosa contestata; al mancato riconoscimento del 5°
comma dell’art. 73 dpr 309/1990 (altro difensore del Monterisi al riguardo deduceva,
con separato atto, anche la violazione di legge); alla realizzazione della
compartecipazione dei due imputati; all’integrazione della fattispecie criminosa di cui
all’art. 337 c.p.p. contestata al Conversano.
I ricorsi sono inammissibili perché proposti per motivi non consentiti nella presente
sede, manifestamente infondati nonché aspecifìci.
E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che han riproposto in questa
sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da
vizi ed assolutamente plausibile ciò con specifico riferimento alla valutazione del
materiale probatorio raccolto in ordine ai ripetuti episodi di spaccio al ruolo
degl’imputati, alla loro compartecipazione, all’impossibilità di ravvisare l’integrazione
dell’attenuante della lieve entità e degli estremi del reato di resistenza a pubblico
ufficiale.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Peraltro, il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla
L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha
alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e

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ufficiale e per quello di cui agli artt. 61 n. 2, 482-477 c.p..

non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva,
non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite,
trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito; peraltro,
il vizio motivazionale deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato
a rilievi di macroscopica evidenza.
Ma le censure addotte, inerenti la penale responsabilità, mirano appunto ad una

insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità,
sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza ad ogni sindacato per le
connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Quanto al diniego del riconoscimento dell’attenuante di cui al V comma dell’art. 73
dPR 309/1990, la censura è anche manifestamente infondata, poiché la Corte ha fatto
corretta applicazione della normativa di settore, come costantemente interpretata
dalla Corte di legittimità: in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o
del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a
complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli
concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa): dovendo, conseguentemente,
escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi
porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di “lieve entità”. E in
un tale contesto valutativo, ove la quantità di sostanza stupefacente si riveli
considerevole, la circostanza è di per sé sintomo sicuro di una notevole potenzialità
offensiva del fatto e di diffusibilità della condotta di spaccio (tra le più recenti: Cass.
Pen. Sez. IV, n. 43399 del 12.11.2010 Rv. 248947).
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, per ciascuno, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 25.9.2013

improponibile rivalutazione della prova e si risolvono in deduzioni in punto di fatto,

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