Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48711 del 01/12/2015


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Penale Ord. Sez. 2 Num. 48711 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da Piergotti Laura nata a Nettuno il 9/2/1976
avverso la sentenza, emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., dal
giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Velletri in data 4/3/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
lette le conclusioni del Procuratore Generale che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Piergotti Laura ricorre avverso la sentenza, in data 4/3/2015, del Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Velletri, con la quale, le è stata
applicata la pena, concordata tra le parti, ex art. 444 cod. proc. pen., di
anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 400,00 di multa per il reato di
cui agli artt. 81 640 comma 1 cod. pen., chiedendone l’annullamento per il
seguente motivo: mancanza di motivazione in ordine all’insussistenza delle
ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen., evidenziando che, in relazione ad

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Data Udienza: 01/12/2015

alcuni episodi di truffa contestati, il termine di prescrizione era decorso già
alla data di emissione della richiesta di rinvio a giudizio.
2. Il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato
inammissibile, facendo rilevare che la prescrizione, ancorché maturata
antecedentemente alla sentenza di patteggiamento non può essere fatta
valere in sede di impugnazione, in quanto l’adesione all’accordo fra le parti
rappresenta una forma di rinuncia espressa e non più revocabile alla causa

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Deve in via preliminare evidenziarsi che effettivamente, sulla base della
formulazione del caso di imputazione, per alcuni degli episodi contestati,
alla data di emissione della sentenza impugnata, era già decorso il termine
massimo di prescrizione di cui agli artt. 157 e ss cod. proc. pen, facendosi
riferimento a condotte commesse dal 20 novembre 2007 fino al mese di
aprile 2012, sia pure avvinte dal vincolo della continuazione ai sensi
dell’art. 81 cod. pen.
Detto ciò, sulla questione posta dal Procuratore Generale alla base
della richiesta di inammissibilità del ricorso si registra un contrasto di
giurisprudenza finora mai risolto. Difatti da un lato la quarta sezione, con
decisione assunta recentemente (Sez. 4, n. 51792 del 30/9/2014, Rv.
261570) e richiamata adesivamente dal Procuratore Generale, ha affermato
che la prescrizione, ancorché maturata antecedentemente alla sentenza di
patteggiamento, non può essere fatta valere in sede di impugnazione, in
quanto l’adesione all’accordo tra le parti rappresenta una forma di rinuncia
espressa e non più revocabile alla causa estintiva. La sentenza si inscrive
nell’ambito delle conformi decisioni secondo le quali, con la richiesta di
patteggiamento e con il consenso del pubblico ministero, si realizza un
accordo che non è più revocabile dalle parti, implicando necessariamente la
rinuncia alla prescrizione, che è insita nell’intesa sul computo della pena da
comminare (sez. 5 n. 1409 del 28/10/1999, Rv. 215799; sez. 2 n. 2900 del
20/11/2003, Rv. 227887; sez. 5 n. 7021 del 25/11/2009, Rv. 246151; sez.
2 n. 47940 del 6/12/2011, Rv. 252052; sez. 3 n. 207 del 5/7/2012, Rv.
254144). Si è ritenuto, in sostanza, nell’ambito delle citate decisioni che il
perfezionamento del procedimento speciale consensuale, volto
all’applicazione della pena, costituisce una dichiarazione legale tipica di

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estintiva.

rinuncia alla causa estintiva del reato, evidenziandosi anche che la
possibilità di consentire alla parte richiedente di porre nel nulla l’accordo
raggiunto con il pubblico ministero e ratificato dal giudice, attraverso il
meccanismo impugnatorio, equivarrebbe a riconoscere un potere di revoca
della proposta (ovvero del consenso), che è escluso dal vigente sistema
processuale.
Ma nella giurisprudenza della Corte esiste anche una diversa
posizione, secondo la quale il giudice, a norma dell’art. 129 c.p.p., deve

questo senso si è espressa la terza sezione (Sez. 3 n. 14331 del 4/3/2010,
Rv. 246608), che ha negato che la richiesta di applicazione della pena
possa costituire rinuncia alla prescrizione, presupponendo, quest’ultima,
una dichiarazione di volontà espressa e specifica, che non ammette
equipollenti. Alle medesime conclusioni è pervenuta anche la quinta sezione
(Sez. 5 n. 45023 del 12/10/2010, Rv. 249077), la quale ha ribadito che la
richiesta di applicazione concordata della pena non costituisce una ipotesi
di rinuncia alla prescrizione non più revocabile. Ed ancora la quinta e la
prima Sezione (Sez. 5 n. 3548 del 26/11/2009, Rv. 245841 e Sez. 1 n.
18391 del 13/3/2007, Rv. 236576) hanno giustificato tale diverso
orientamento con la peculiare disciplina della rinuncia alla prescrizione,
prevista dall’art. 157 c.p., introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251,
che richiede una volontà espressa e specifica, che non ammette
equipollenti. Pertanto, alla richiesta di applicazione di pena concordata non
potrebbe attribuirsi contenuto ed effetto della rinuncia alla prescrizione già
maturata, in quanto difetterebbe il requisito di legge della forma espressa.
Ed ancora recentemente si è affermato che la rinuncia alla prescrizione
costituisce un diritto personalissimo riservato all’imputato che non rientra
nel novero degli atti processuali che possono essere compiuti dal difensore
a norma dell’art. 99 cod. proc. pen. (sez. 1 n. 21666 del 14/12/2012, Rv.
256076).
Deve poi rilevare che le Sezioni Unite di questa Corte, affrontando il
tema della impugnazione proponibile avverso sentenza di proscioglimento,
emessa dal giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di
decreto penale di condanna (Sez. U, n. 43055 del 30/09/2010, Rv. 248379)
al punto 5 della motivazione hanno affermato che la rinuncia alla
prescrizione, secondo il testuale dettato dell’art. 157 comma 7 cod. pen.,
così come novellato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, art. 6, richiede

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dichiarare d’ufficio anche l’intervenuta causa estintiva della prescrizione. In

una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette
equipollenti, per cui, essa non si può desumere implicitamente dalla mera
proposizione del ricorso per cassazione.
Da ultimo rileva il Collegio che la medesima questione è stata già
sottoposta al vaglio delle sezioni unite (sez. F ordinanza n. 25 del
6/8/2013), ma nell’occasione il Supremo Collegio rilevava l’irrilevanza della
stessa, in quanto per nessuno reato la prescrizione era maturata alla data

5. Alla stregua delle considerazioni fin qui esposte, rilevato che la tematica
esaminata ha dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale, appare
necessario rimettere alle Sezioni Unite Penali di questa Corte, a norma
dell’art. 618 c.p.p., la seguente questione: “Se la presentazione della
richiesta di applicazione della pena da parte dell’imputato o il consenso a
quella proposta dal pubblico ministero costituiscano una dichiarazione
legale tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile”.

P.Q.M.

rimette il ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2015 .

della sentenza di patteggiamento.

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