Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48709 del 25/09/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 48709 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SPAGNOLO MICHELANGELO N. IL 26/07/1972
avverso la sentenza n. 456/2012 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 27/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
Data Udienza: 25/09/2013
Osserva
Propone ricorso per cassazione, personalmente, Spagnolo Michelangelo avverso la sentenza
emessa in data 27.11.2012 dalla Corte di Appello di Caltanissetta che confermava quella
resa in data 23.2.2012 dal G.u.p. del Tribunale di Caltanissetta con cui lo Spagnolo era
stato condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed C 4.000,00 di multa per
il reato di cui all’art. 73 comma 1 bis lett. a) dPR 309/1990.
Si duole della penale responsabilità ritenuta dalla Corte territoriale sulla base delle sole
dichiarazioni della madre del ricorrente medesimo.
legittimità.
Il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio
2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della
motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha alterato la fisionomia del
giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo
giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di
Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione
del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva
al giudice del merito; peraltro, il vizio motivazionale deve essere evidente, cioè di spessore
tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo
essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza.
Ma le censure addotte dal ricorrente attinenti alla penale responsabilità mirano appunto ad
una improponibile rivalutazione della prova e si risolvono in deduzioni in punto di fatto,
insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità, sottraendosi la
motivazione della impugnata sentenza ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza,
di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 25.9.2013
Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa non consentita nella presente sede di