Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48705 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48705 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RUSCIANO TOMMASO -N. IL 26/01/1978
RENDOLA LUIGI N. IL 04/03/1946
RENDOLA SALVATORE N. IL 09/07/1979
avverso la sentenza n. 10643/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
06/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 25/09/2013

Osserva
Ricorrono per cassazione Rusciano Tommaso, personalmente, e il comune difensore
di fiducia di Rendola Salvatore e Rendola Luigi avverso la sentenza emessa in data
6.7.2012 dalla Corte di Appello di Napoli che, in parziale riforma do quella resa in
data 20.4.2011 dal G.i.p. del Tribunale di Napoli, tra l’altro, rideterminava la pena
inflitta ai medesimi in anni nove e mesi quattro di reclusione ed C 40.000,00 di multa
ciascuno, per Rusciano Tommaso e Rendola Salvatore e in anni nove, mesi dieci e
giorni 20 di reclusione ed C 48.000,00 di multa per Rendola Luigi per il delitto di cui

artt. 110, 81 cpv. c.p. e 73 e 80 dPR 309/1990.
Tutti denunziano il vizio motivazionale in ordine al mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche; i due Rendola rappresentano anche il difetto
assoluto di motivazione in relazione alla mancata esclusione dell’aggravante
contestata di cui all’art. 7 L. 203/1990; nell’interesse di Rendola Salvatore si deduce,
infine, la violazione dell’art. 129 c.p.p., attesa la sua insufficienza mentale di grado
medio e, quindi, il mancato accertamento della sua imputabilità e l’erronea
applicazione dell’art. 99 c.p.
I ricorsi sono inammissibili essendo le censure mosse manifestamente infondate ed
aspecifiche.
L’espressa rituale rinuncia in appello, quale risulta dalla sentenza impugnata quale
risulta dalla sentenza impugnata, a tutti i motivi di merito da parte degl’imputati, ad
eccezione di quelli attinenti alla misura della pena preclude, in virtù, del principio del
devolutum, la sottoposizione alla cognizione di questa Corte delle censure relative al
riconoscimento delle attenuanti generiche sia dell’esclusione dell’aggravante di cui
all’art. 7 L. 203/1991. E’ stato affermato, al riguardo, che “È inammissibile il ricorso
per cassazione avverso la decisione del giudice di appello che, rilevata la rinuncia
dell’imputato ai motivi di appello diversi da quelli relativi alla riduzione di pena,
dichiari, in virtù degli art. 589, commi secondo e terzo e 591, comma primo, lett. d)
cod. proc. pen., l’inammissibilità sopravvenuta dei motivi oggetto di rinuncia,

all’art. 74 comma V dPR 309/1990 e 7 L. n. 203/1990 nonché per quello di cui agli

omettendone l’esame ai fini dell’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., considerato
che la rinuncia ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il
giudizio di legittimità. Pertanto, poiché, ex art. 597, comma primo, cod. proc. pen.,
l’effetto devolutivo dell’impugnazione circoscrive la cognizione del giudice del
gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, una volta
che essi costituiscano oggetto di rinuncia, non può il giudice di appello prenderli in
considerazione, né può farlo il giudice di legittimità sulla base di un’ipotetica implicita
revoca di tale rinuncia, stante l’irrevocabilità di tutti i negozi processuali, ancorché (444òiiii!7
unilaterali (Cass. pen. Sez. II, n. 3593 del 3.12.2010, Rv. 249269).

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Peraltro, la rinuncia a tutti i motivi di appello ad esclusione soltanto di quello
riguardante la misura della pena deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi
attraverso i quali l’appellante aveva richiesto il riconoscimento di circostanze
attenuanti (nella specie, delle circostanze attenuanti generiche). (Cass. pen. Sez. I,
n. 19014 del 11.4.2012, Rv. 252861), ovvero l’esclusione di aggravanti o della
recidiva.
Comunque è palese la sostanziale aspecificità della censura relativa al mancato
riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. (che nemmeno risultano

questa sede pedissequamente la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla
Corte territoriale e da quel giudice disattesa con motivazione ampia e congrua,
immune da vizi ed assolutamente plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Quanto alle condizioni psichiche di Rendola Salvatore, le medesime non risultano
nemmeno rappresentate ai giudici di merito né dimostrate adeguatamente, sicchè
non sono deducibili in questa sede. Analoghe considerazioni van fatte in relazione alla
protestata erronea applicazione dell’art. 99 c.p.
Infine, risulta evidente che il potere discrezionale in punto di trattamento
dosimetrico, alla luce delle pene come rideterminate, è stato dalla Corte territoriale
correttamente esercitato ed adeguatamente motivato.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in € 1.000,00, per ciascuno, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 25.9.2013

essere state oggetto di motivo di appello da parte del Rusciano) che ha riproposto in

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