Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48702 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48702 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARIN JANINA, nata in Romania il 24.8.1985

avverso l’ordinanza del 13.8.2015 del Tribunale del Riesame di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott.ssa Paola Filippi che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputata l’avv. Vincenzo Iofrida, che ha concluso riportandosi ai
motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 11.8.2015 il Tribunale del riesame di Catania- su
ricorso nell’interesse dell’indagata Marin Janina avverso l’ordinanza cautelare di
applicazione di misura cautelare in carcere emessa il 5.2.2015 dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Ragusa- confermava detta ordinanza con la
quale erano stati riconosciuti sussistenti a carico della Marin gravi indizi di

Data Udienza: 25/11/2015

colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento e sfruttamento della
prostituzione in concorso con altri indagati.

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale proponeva ricorso per cassazione la
difesa dell’indagata, articolando il seguente motivo:
Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione
agli artt. 273,274 e 275 cod. proc. pen. per mancanza dei gravi indizi di
colpevolezza ed erronea valutazione degli stessi.

appare basarsi su mere supposizioni e dicerie legate ai suoi vincoli familiari
piuttosto che a reali elementi indiziari.
Deduce che dalle dichiarazioni rese dalle presunte persone offese e dal
contenuto delle intercettazioni non emergerebbe in maniera inequivoca un
coinvolgimento della Marin nel reato di favoreggiamento e sfruttamento della
prostituzione.
Chiede, pertanto, l’annullamento della misura della custodia cautelare in
carcere o comunque la sostituzione con altra meno afflittiva.
All’ odierna udienza camerate la difesa ha dichiarato che la ricorrente si
trova al momento agli arresti domiciliari ed ha insistito per l’annullamento della
misura cautelare non sussistendo i gravi indizi di colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
2.Va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo
consolidata nell’affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi
indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 c.p.p., devono intendersi tutti quegli
elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo in nuce
tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non
valgono, di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e
tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la
futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale
responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di
colpevolezza. (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995 – dep. 01/08/1995, Costantino ed
altro, Rv. 202002, Sez. 2, Sentenza n. 28865 del 14/06/2013, dep.08/07/2013,
Rv.256657).
E’ stato, poi, ribadito da questa Corte che in tema di misure cautelari personali,
l’obbligo di motivazione dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in
carcere nonché di quella di conferma in sede di riesame non può ritenersi

2

La difesa lamenta che il quadro indiziario raccolto a carico della Marin Janina

assolto, per quanto concerne l’esposizione dei gravi indizi di colpevolezza, con la
mera elencazione descrittiva degli elementi di fatto, occorrendo invece una
,

valutazione critica ed argomentata delle fonti indiziarie singolarmente assunte e
complessivamente considerate, il cui controllo in sede di legittimità deve limitarsi
a verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza di completezza espositiva (Sez.6, Sentenza n 40609 del 01/10/2008,
dep.30/10/2008, Rv.241214, Sez.6, Sentenza n 18190 del 04/04/2012,
dep.14/05/2012, Rv. 253006, Sez. 6, Sentenza n. 27928 del 14/06/2013, dep.

La recente legge 16 aprile 2015 n. 47 avente ad oggetto “modifiche al codice di
procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche alla legge 26
luglio 1975 n. 354 in materia di visita a persone affette da handicap in situazione
di gravità” ha codificato tale principio, rendendo più rigoroso l’obbligo
motivazionale e, prima ancora, valutativo del giudice della cautela, inserendo alle
lett. c) e c-bis del secondo comma dell’art. 292 cod. proc. pen., accanto alla
“esposizione”, l’ulteriore requisito della “autonoma valutazione” degli elementi ivi
indicati (esigenze cautelari, indizi, irrilevanza delle argomentazioni difensive,
ecc.)
La funzione di legittimità, dunque, è limitata alla verifica della adeguatezza
del ragionamento e della valutazione adottata nel provvedimento sottoposto al
suo esame, che deve manifestare con chiarezza ed esaustività quale
argomentazione critica lo abbia sorretto nel pervenire alla ricostruzione dei fatti,
tenendo conto di tutti gli elementi, sia contro che a favore del soggetto
sottoposto al suo esame (Sez.6,Sentenza n 40609 del 01/10/2008,
dep.30/10/2008, Rv.241214, Sez.6, Sentenza n. 18190 del 04/04/2012,
dep.14/05/2012, Rv.253006, Sez.6,Sentenza n. 27928 del 14/06/2013, dep.
26/06/2013, Rv. 256262).
3. Ciò premesso, nella specie, nell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha
elencato le risultanze delle emergenze investigative ( dichiarazioni della persona
offesa, riscontri delle intercettazioni ambientali e telefoniche, tabulati relativi alle
schede postepay, dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni ) ed, allo
stesso tempo, ha valutato, in maniera critica e congruamente argomentata, i
dati fattuali emergenti dai predetti atti di indagine.
Va ricordato che questa Corte (Cass., sez. 6, 22 dicembre 1993-2 marzo
1994, n. 4235, Sez.3,Sentenza n.17205, dep.06/05/2010, Rv.246995) – nel
richiamare l’art. 273 c.p.p. che richiede la sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza quale indefettibile “minímum” probatorio per l’adozione di una
misura cautelare – ha affermato – ciò che va ora ribadito – che, allorquando
sussista una prova diretta e non soltanto elementi di prova indiziaria, deve

26/06/2013, Rv.256262).

escludersi la necessità di fare ricorso al concetto di “gravità” inerente alla prova
logica costituente l’indizio, ne’ occorre la verifica di attendibilità intrinseca o il
riscontro esterno, in quanto il minimo di gravità indiziaria è soverchiato dal
diverso e più soddisfacente grado di prova acquisita. Pertanto la dichiarazione
della parte offesa del reato di per sè rappresenta un “plus” rispetto all’apporto
richiesto dall’art. 273 c.p.p. e non abbisogna, per l’emissione del provvedimento
cautelare, nè di altri elementi di prova ne’ di riscontro esterno.
4.L’ avvenuta sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere

determina la sopravvenuta carenza di interesse in ordine alla doglianza avente
ad oggetto la mancata adozione di misura meno afflittiva della misura carceraria.
5. Il ricorso, pertanto, va rigettato, e la ricorrente condannata al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 25/11/2015

con quella degli arresti domiciliari – circostanza dichiarata dalla difesa-

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