Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48700 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48700 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BUSCEMA ANDREA GIOVANNI, nato a Catania il 7.8.1989

avverso l’ordinanza del 8.7.2015 del Tribunale del Riesame di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott.ssa Paola Filippi che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 8.7.2015 il Tribunale del riesame di Catania- su ricorso
nell’interesse dell’indagato Buscema Andrea Giovanni avverso l’ordinanza di
applicazione della misura cautelare della custodia in carcere emessa il 29.6.2015
dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania- confermava detta
ordinanza con la quale erano stati riconosciuti sussistenti a carico del Buscema
gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 in

Data Udienza: 25/11/2015

concorso con altri indagati per trasporto e detenzione a fini di spaccio di sostanza
stupefacente di tipo cocaina.
2. Avverso l’ordinanza del Tribunale proponeva ricorso per cassazione la
difesa dell’indagato, articolando due motivi:
a. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per
mancanza di motivazione nonché manifesta illogicità ed erronea applicazione
della norma giuridica in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 110 cod. pen. .
La difesa lamenta che la motivazione dell’ordinanza impugnata si fondi su un
mero sillogismo indiziarlo e, cioè, sulla mera presenza in loco del Buscema al

alla vicenda principale che vede esclusivamente coinvolti il fratello, Buscea
Walter, reo confesso, e altri due indagati.
La sussistenza dei gravi indizi di reità si baserebbe su tale unico elemento di
fatto e su mere considerazioni logiche e non su un effettivo coinvolgimento e
comportamento attivo e consapevole del Buscema.
b. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza e
illogicità della motivazione in ordine al diniego di applicazione di misura gradata.
La difesa deduce che, alla luce della grave patologia psichica che affligge il
Buscema, era possibile applicare la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari
con il dispositivo del braccialetto elettronico presso l’abitazione dei genitori, con
divieto di comunicare con terzi estranei e con autorizzazione a recarsi presso il
dipartimento di salute mentale dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato.
2. Va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo
consolidata nell’affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi
indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 c.p.p., devono intendersi tutti quegli
elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo in nuce
tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non
valgono, di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e
tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la
futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale
responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di
colpevolezza. (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995 – dep. 01/08/1995, Costantino ed

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momento della perquisizione degli agenti, peraltro esterna e successiva rispetto

altro, Rv. 202002, Sez. 2, Sentenza n. 28865 del 14/06/2013, dep.08/07/2013,
Rv.256657).
E’ stato, poi, ribadito da questa Corte che in tema di misure cautelari personali,
l’obbligo di motivazione dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in
carcere nonché di quella di conferma in sede di riesame non può ritenersi
assolto, per quanto concerne l’esposizione dei gravi indizi di colpevolezza, con la
mera elencazione descrittiva degli elementi di fatto, occorrendo invece una
valutazione critica ed argomentata delle fonti indiziarie singolarmente assunte e

a verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza di completezza espositiva (Sez.6, Sentenza n 40609 del 01/10/2008,
dep.30/10/2008, Rv.241214, Sez.6, Sentenza n 18190 del 04/04/2012,
dep.14/05/2012, Rv. 253006, Sez. 6, Sentenza n. 27928 del 14/06/2013, dep.
26/06/2013, Rv.256262).
La recente legge 16 aprile 2015 n. 47 avente ad oggetto “modifiche al codice di
procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche alla legge 26
luglio 1975 n. 354 in materia di visita a persone affette da handicap in situazione
di gravità” ha codificato tale principio, rendendo più rigoroso l’obbligo
motivazionale e, prima ancora, valutativo del giudice della cautela, inserendo alle
lett. c) e c-bis del secondo comma dell’art. 292 cod. proc. pen., accanto alla
“esposizione”, l’ulteriore requisito della “autonoma valutazione” degli elementi ivi
indicati (esigenze cautelari, indizi, irrilevanza delle argomentazioni difensive,
ecc.)
La funzione di legittimità, dunque, è limitata alla verifica della adeguatezza
del ragionamento e della valutazione adottata nel provvedimento sottoposto al
suo esame, che deve manifestare con chiarezza ed esaustività quale
argomentazione critica lo abbia sorretto nel pervenire alla ricostruzione dei fatti,
tenendo conto di tutti gli elementi, sia contro che a favore del soggetto
sottoposto al suo esame (Sez.6,Sentenza n 40609 del 01/10/2008,
dep.30/10/2008, Rv.241214, Sez.6, Sentenza n. 18190 del 04/04/2012,
dep.14/05/2012, Rv.253006, Sez.6,Sentenza n. 27928 del 14/06/2013, dep.
26/06/2013, Rv.256262).
3. Ciò premesso, è infondato il primo motivo di ricorso.
Nell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha elencato le diverse fasi di
svolgimento delle indagini che esitavano nel sequestro della sostanza
stupefacente e nell’arresto dell’indagato, ha riportato il testo delle telefonate
intercettate tra i protagonisti della vicenda ed il contenuto dei messaggi
scambiati a mezzo del telefono, ed allo stesso tempo, ha valutato, in maniera

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complessivamente considerate, il cui controllo in sede di legittimità deve limitarsi

critica e congruamente argomentata, i dati fattuali emergenti dai predetti atti di
indagine.
Le censure che il ricorrente svolge, da un lato isolano dal contesto un
singolo profilo indiziante per screditarne il valore dimostrativo e, sotto altro
profilo, si rivelano in larga misura orientate verso un non consentito scrutinio del
merito.
Il Tribunale del riesame, nel confermare l’ordinanza applicativa della misura
cautelare, ha valutato in un quadro d’assieme unitario le diverse acquisizioni, per

requisito della gravità indiziaria in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e
73 d.P.R. n. 309/1009.
Dalle indagini, infatti, ed in particolare dalle intercettazioni e dai sequestri
effettuati, è emerso che l’imputato si portava presso l’abitazione del fratello nel
momento in cui doveva avvenire la cessione della sostanza stupefacente da
parte del fornitore; il predetto è stato trovato in possesso della somma di euro
43.000,00 in contanti, somma quasi identica a quella prospettata quale prezzo
della cessione.
Il Tribunale ha valutato i predetti elementi ed ha adeguatamente e
logicamente motivato in ordine alla configurabilità della condotta del ricorrente
quale indispensabile contributo agevolatore alla condotta criminosa del fratello
Buscema Walter, valorizzando gli elementi fattuali rilevanti (improvviso arrivo del
ricorrente in connessione con il pagamento della sostanza stupefacente;
sottoposizione di Buscema Walter alla misura degli arresti domiciliari e
conseguente impossibilità di custodire in casa la somma di denaro che doveva
costituire il prezzo della illecita cessione) e valutando come non credibile l’ipotesi
alternativa prospettata dalla difesa con motivazione plausibile ed esente da
censure.
4.E’, invece, fondato il secondo motivo di ricorso.
Va premesso che la legge 16 aprile 2015 n. 47 ha previsto nel nuovo comma
3 bis dell’art. 275 cod. proc. pen che : Nel disporre la custodia cautelare in
carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel
caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di
cui all’art. 275-bis, comma 1″.
Deve osservarsi che il comma c-bis dell’art. 292 cod. proc. pen. richiede, a
pena di nullità rilevabile d’ufficio, che l’ordinanza impositiva della misura
cautelare della custodia cautelare in carcere contenga “l’esposizione e
l’autonoma valutazione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze
di cui all’art. 274 non possano essere soddisfatte con altre misure.

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dedurne, poi, in forza di motivazione del tutto coerente, la sussistenza del

Il legislatore, quindi, ha introdotto un ulteriore specifico onere motivazionale
a carico del giudice che dispone la cautela inframuraria.
L’intento della novella è, pertanto, quello di riaffermare la funzione di
extrema ratio della custodia in carcere, sancendo espressamente un obbligo
motivazionale ulteriore per il giudice della cautela che deve spiegare perché non
possa applicare la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di
cui all’art. 275-bis, comma 1” in luogo di quella carceraria.
Nella specie, il Tribunale del riesame ha congruamente motivato,

sussistenza delle ragioni ostative all’adozione di misure meno afflittive della
custodia cautelare in carcere ma nulla ha argomentato, specificamente, in
relazione alla inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari con le
procedure di controllo di cui all’art. 275-bis, comma 1 cod. proc. pen., Il
Tribunale poteva sanare con propria motivazione integrativa le carenze
argomentative del provvedimento impositivo della misura cautelare in
considerazione dell’effetto interamente devolutivo che caratterizza il riesame
delle ordinanze applicative di misure cautelari.
5. La gravata ordinanza va quindi annullata per omessa motivazione sul
punto della inadeguatezza della misura degli arresti donniciliari con le procedure
di controllo di cui all’art. 275-bis, comma 1 cod. proc. pen., con rinvio ad altra
sezione del Tribunale di Catania perché proceda ad un nuovo esame sul punto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla adeguatezza della misura
disposta con rinvio al Tribunale di Catania, Sezione per il Riesame; rigetta nel
resto il ricorso.
La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia
trasmesso al Direttore dell’Istituto Penitenziario a norma dell’art. 94 comma 1
ter Disp. Att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 25/11/2015

confermando le valutazioni effettuate dal primo giudice, in merito alla

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