Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48695 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48695 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

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sul ricorso proposto da:
PALAZZOLO GIOACCHINO N. IL 18/12/1982
avverso la sentenza n. 13290/2012 GIP TRIBUNALE di CATANIA, del
10/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 25/09/2013

Ritenuto in fatto
1.

Palazzolo Gioacchino ha proposto ricorso per cassazione avverso la

sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Catania in data 10.01.2013, con la quale,
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle
parti, in ordine ai reati di cui agli artt. 73, d.P.R. n. 309/1990 e 337 cod. pen.
Con il primo motivo la parte rileva che la sentenza impugnata non risulta
conforme al contenuto dell’accordo perfezionato dalle parti. Al riguardo, l’esponente

recidiva; e che nella sentenza il giudicante ha omesso alcun riferimento alla
concordata esclusione della richiamata circostanza.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia il vizio di motivazione,
osservando che il giudice non ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto di
adottare la sentenza in esame.
Considerato in diritto
2. Il ricorso muove alle considerazioni che seguono.
2.1 II primo motivo di ricorso è fondato.
L’esame degli atti versati in fascicolo, al quale questa Suprema Corte procede
direttamente in ragione della natura della dedotta censura, evidenzia: che la richiesta di rito
alternativo depositata in data 1° dicembre 2012, rispetto alla quale risulta acquisito il consenso
del pubblico ministero procedente, prevedeva l’individuazione della pena base in anni tre e
mesi otto di reclusione oltre la multa, in riferimento al più grave reato di cui al capo a), previa
esclusione della contestata recidiva e con il riconoscimento dell’ipotesi lieve entità di cui all’art.
73, comma V, d.P.R. n. 309/1990; e che di converso, nella sentenza oggi impugnata, il
giudicante ha indicato la pena base nella predetta misura, in relazione ai reati come contestati,
omettendo alcun riferimento alla recidiva. Come si vede, la sentenza di patteggiamento non
risulta conforme al contenuto dell’accordo, giacché il giudice, pur ratificando il patto concluso
dalle parti, ha omesso di escludere la contestata recidiva, come dalle stesse concordato.
Deve allora osservarsi che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che il giudice, in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, non può sostituirsi alla volontà delle
stesse e che deve rispettare integralmente i termini dell’accordo, salvo che non ritenga di
respingere “in toto” la richiesta, con la conseguenza che ogni modificazione del contenuto
dell’accordo costituisce violazione del “patto” non consentita dalla legge (Cass. Sez. 5,
sentenza n. 5550 del 17.03.1992, dep. 12.05.1992, Rv. 190095).
3.

Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con

trasmissione atti al Tribunale di Catania per l’ulteriore corso. Resta assorbito ogni altro motivo
di doglianza.

considera che nel patto le parti avevano concordato di escludere la contestata

P.Q.M.
Annulla l’impugnata sentenza senza rinvio con trasmissione atti al Tribunale di Catania.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2013

Il Consigliere est.

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