Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48694 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48694 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Tassone Giuseppe, nato a Siderno (Rc) il 19/3/1991

avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Catanzaro in
data 26/5-22/6/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoní;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 26/5-22/6/2015, il Tribunale del riesame di Catanzaro
rigettava il ricorso proposto da Giuseppe Tassone avverso il provvedimento
emesso il 24/4/2015 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Cosenza, così confermando a suo carico la misura cautelare degli arresti
domiciliari; allo stesso era contestato il delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 73,
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per aver concorso con altri nell’acquisto di 16 kg.
circa di stupefacente del tipo marijuana.

Data Udienza: 10/11/2015

2. Propone ricorso per cassazione il Tassone, personalmente, deducendo i
seguenti motivi:
– violazione di legge e difetto motivazionale. Il Tribunale avrebbe
confermato la misura pur in assenza di qualsivoglia fumus in ordine al delitto
contestato; la figura di concorrente, ascritta al Tassone, sarebbe stata infatti
motivata con affermazioni meramente ipotetiche e congetturali, peraltro senza
assegnare allo stesso – unico nella vicenda – alcun ruolo specifico, prima e dopo
il trasporto dello stupefacente. Al riguardo, peraltro, il silenzio serbato dal

significato del tutto neutro, quale espressione di un diritto di difesa
costituzionalmente garantito;
– violazione di legge e difetto di motivazione quanto alle esigenze cautelari.
Il Collegio di merito avrebbe individuato le esigenze cautelari in forza di un
palese travisamento dei fatti, ovvero riferendo a Tassone condotte – valutate
anche in ottica prognostica – allo stesso non addebitabili, e confondendo lo
stesso con il coimputato Matteo Geracitano;
– violazione dell’art. 192, commi 1 e 2 cod. proc. pen., mancata valutazione
della memoria difensiva e degli argomenti ivi contenuti. Il Tribunale non avrebbe
considerato affatto quanto indicato nella memoria depositata, assai rilevante
nell’ottica difensiva, sì da dar luogo ad una motivazionale palesemente carente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il gravame è fondato.
Costituisce indirizzo ermeneutico più volte affermato da questa Corte quello
per cui, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per
cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme
di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento
secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando
propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in
una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Giudice di merito (Sez.
6, n. 11194 dell’8/3/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 5, n. 46124 dell’8/10/2008,
Pagliaro, Rv. 241997). Allorquando, poi, sia denunciato un vizio di motivazione in
ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta
solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di
legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il Giudice di merito abbia dato
adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità
del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della
motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni

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ricorrente in sede di interrogatorio – invero valorizzato dal Tribunale – avrebbe

della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze
probatorie (per tutte, Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Tiana, Rv. 255460).
4. Orbene, ritiene la Corte che il Tribunale del riesame non abbia fatto buon
governo di questo principio, redigendo al riguardo una motivazione del tutto
apodittica e congetturale; ciò, peraltro, pur tenendo conto del non irrilevante
dato temporale, che vuole il mezzo condotto dal Panetta (a bordo del quale
erano stati trasportati i 16 kg. di marijuana ed identificato il ricorrente) prima
quasi bloccato alle 23.07 del 7/10/2014, quindi definitivamente arrestato – ma

In particolare, il ruolo del Tassone nell’acquisto e trasporto della marijuana è
stato individuato – al fine di superare la tesi difensiva della mera connivenza non
punibile – con la seguente motivazione: 1) il contributo morale offerto a Cosimo
Panetta sarebbe consistito nella «maggior sicurezza nel trasporto, giacché il
Tassone, all’occorrenza, avrebbe potuto prendere il posto di guida di Panetta
qualora ciò si fosse reso necessario nel corso del tragitto»; 2) il contributo
materiale, poi, si sarebbe inverato nell’aiutare il Panetta medesimo a scaricare la
droga dal mezzo ed occultarla per strada, come desumibile dal fatto che a) «è
fuori da ogni più plausibile considerazione che il Tassone, a fronte della necessità
ed urgenza di occultare lo stupefacente da un eventuale controllo delle forze
dell’ordine, e dopo esser sfuggiti ad un primo tentativo, possa essere rimasto
inerte e comodamente seduto al suo posto mentre il Panetta, da solo,
provvedeva al trasferimento dei sacchi di sostanza»; b) «è altamente verosimile
che il Tassone abbia provveduto, in aiuto a Panetta Cosimo, a trasferire lo
stupefacente dalla vettura al luogo di occultamento, se non altro per accorciare i
tempi, visto che erano inseguiti dai Carabinieri, con piena consapevolezza che si
trattava di attività delittuosa». Il Tribunale, da ultimo, ha quindi rilevato che il
ricorrente, in sede di interrogatorio di garanzia, si era avvalso della facoltà di
non rispondere, senza fornire spiegazioni circa la propria presenza sul mezzo
condotto dal cugino Panetta, «pur a conoscenza della circostanza che, nella
vettura, fosse occultata sostanza stupefacente».
Una motivazione, si ribadisce, del tutto congetturale (“E’ fuori da ogni
plausibile considerazione”, “E’altamente verosimile”, “All’occorrenza avrebbe
potuto”), specie a fronte di una figura – quella del Tassone – che, giusta
ordinanza gravata, non ricorre in alcuna delle numerose intercettazioni captate
(a differenza, tra gli altri, del cugino Panetta), né in alcuno dei precedenti servizi
di appostamento. Motivazione, dunque, con la quale il Tribunale non ha
adeguatamente aderito al costante indirizzo di legittimità in forza del quale, in
tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non
punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto

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senza rinvenirvi la droga – alle successive 23.13.

che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente
passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato,
mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo – morale o
materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o
rafforzino il proposito criminoso del concorrente (tra le molte, Sez. 4, n. 4055 del
12/12/2013, Benocci, Rv. 258186; Sez. 6, n. 44633 del 31/10/2013, Dioum, Rv.
257810; Sez. 4, n. 4948 del 22/1/2010, Porcheddu, Rv. 246649).
Contributo che l’ordinanza ha individuato con asserzioni apodittiche, del

5. Nei medesimi termini, poi, si conclude quanto alle esigenze cautelari.
Il Tribunale, infatti, ha sostenuto che «il Tassone ha dimostrato, attraverso
la condotta tenuta, di esser in grado di poter approvvigionare con rilevanti
partite di droga anche soggetti che operano in contesti territoriali notevolmente
distanti dal proprio, e ciò a dimostrazione del fatto che egli è in grado di
istaurare rapporti, tendenti al rifornimento dello stupefacente, con ambienti
criminali collocati in diversi contesti territoriali»; quel che, però, dalla lettura
dell’ordinanza appare ancora affermazione del tutto apodittica ed indimostrata,
atteso che – allo stato degli atti – l’unica condotta pacificamente riscontrata a
carico del ricorrente è risultata la presenza a bordo del mezzo condotto dal
cugino Panetta.
Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio del provvedimento, affinché il
Tribunale del riesame integri la motivazione sui punti indicati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catanzaro, sezione
riesame.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

tutto insufficienti a fondare una misura cautelare.

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