Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4869 del 07/01/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4869 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GAIETTI MATTEO, nato a Scilla (RC) il 22 ottobre 1969
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria in data 9 aprile 2014
(n. 220-P/14 R.T.L.)
sentita la relazione del Consigliere Dott. Stefano Mogini
udite le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Francesco Mauro
Iacoviello, che ha chiesto il rigetto del ricorso
Uditi gli Avvocati Pasquale Foti e Luigi Bellantoni, che hanno insistito per
l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Matteo Gaietti ricorre per mezzo dei suoi difensori avverso l’ordinanza con la quale, in
data 9 aprile 2014, il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione del Riesame – ha
confermato, decidendo in sede di rinvio a seguito di annullamento disposto da questa
Corte, l’ordinanza emessa il 24 giugno 2013 dal giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria che applicava al ricorrente la misura della custodia
cautelare in carcere per plurime condotte di attribuzione fittizia di beni finalizzate ad
eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale (art. 12 quinquies comma
1 L. 356/1992), aggravate dal fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa

Data Udienza: 07/01/2015

denominata ‘Ndrangheta, nella sua articolazione territoriale operante in Scilla e nei
territori limitrofi e nota come cosca Nasone-Gaietti (art. 7 L. 203/1991), commesse in
concorso, rispettivamente, con Gaietti Rocco e Delorenzo Rocco.

Considerato in diritto
1. Il ricorrente lamenta col primo motivo violazione di legge con riferimento agli articoli
273 comma 1 e ibis, 274 e 297 comma 3 cod. proc. pen. e illogicità e contraddittorietà

sancito dall’articolo 297 comma 3 cod. proc. pen.. I fatti di cui al presente processo
sarebbero legati da connessione qualificata (art. 12 comma 1 lett.

B e C cod. proc.

pen.) a quelli oggetto di precedente ordinanza con la quale – nel procedimento penale
c.d. “Alba di Scilla” – la misura cautelare della custodia in carcere era stata applicata al
ricorrente con riferimento alla contestazione del reato di partecipazione alla stessa
associazione di stampo mafioso (cosca Nasone-Gaietti – art. 416 bis cod. pen.), il cui
scopo principale risultava individuato nello stesso veicolo d’accusa con quello “di
conseguire vantaggi patrimoniali dalle attività economiche che si svolgevano nel
territorio (omissis)”. Ne consegue l’operatività nel caso di specie della disciplina della
retrodatazione prevista al comma 3 dell’art. 297 cod. proc. pen., poiché tutti gli
elementi relativi ai fatti di intestazione fittizia di cui al presente processo erano già
desumibili dall’ordinanza custodiale e dal decreto di sequestro preventivo emessi
nell’ambito del primo procedimento, c.d. “Alba di Scilla”.

2.

Col secondo motivo il ricorrente lamenta invece violazione degli articoli 273 comma 1 e
1 bis, 274 cod. proc. pen. e 7 L. 203/1991 e contraddittorietà della motivazione laddove
l’impugnata ordinanza disattende le argomentazioni difensive tendenti a dimostrare
come le accuse di intestazione fittizia, con specifico riferimento a quelle contestate in
concorso col fratello Rocco Gaietti, fossero contraddette dal fatto che l’intestazione al
fratello riguardava solo quota proprietaria pari alla metà degli immobili, condotta questa
inidonea ai fini elusivi considerati dalla norma incriminatrice di cui all’articolo 12
quinquies comma 1 L. 356/1992. Tale circostanza renderebbe manchevole la
motivazione dell’impugnata ordinanza in punto di sussistenza dell’aggravante di cui
all’articolo 7 L. 203/91, poiché farebbe propendere per un rapporto di tipo familiare e
sarebbe idonea a contraddire la finalità agevolativa dell’organizzazione mafiosa alla
base della citata aggravante.

3. Va in primo luogo ricordato che l’ordinanza impugnata è stata emessa a seguito di
annullamento con rinvio operato da questa Corte, con sentenza pronunciata il 5
febbraio 2014, con riferimento a mancata motivazione in ordine: a) alla sussistenza
della circostanza aggravante di aver agito con metodo mafioso; b) alla retrodatazione

della motivazione. Il Tribunale avrebbe violato il divieto di contestazione a catena

della decorrenza del termine di custodia cautelare a norma dell’art. 297 cod. proc. pen.
per effetto di non consentita contestazione a catena. La decisione teste’ richiamata
escludeva peraltro la sussistenza degli altri vizi lamentati dal ricorrente Matteo Gaietti,
in particolare per quanto riguarda la sufficienza della provvista indiziaria relativa a tutte
le rubricate condotte di intestazione fittizia, sicché tale questione deve ritenersi coperta
da giudicato cautelare. Ne consegue che, nella parte in cui il secondo motivo di ricorso
lamenta violazione di legge e contraddittorietà della motivazione dell’impugnata
ordinanza circa l’idoneità elusiva delle condotte di interposizione fittizia contestate al

4. Il primo motivo di ricorso è infondato. Il ricorrente lamenta che il Tribunale del Riesame
avrebbe violato il divieto di contestazione a catena sancito dall’articolo 297 comma 3
cod. proc. pen., essendo i fatti di cui all’impugnata ordinanza legati da connessione
qualificata a quelli oggetto di precedente ordinanza cautelare, emessa dal g.i.p. di
Raggio Calabria il 1.6.2012, con la quale analoga misura custodiale gli era stata
applicata per la partecipazione alla cosca Nasone-Gaietti. Il Tribunale fa invero corretto
uso delle norme la cui violazione viene denunciata dal ricorrente allorché esclude la
sussistenza di connessione qualificata – sia sotto il profilo della continuazione che sotto
quello del nesso teleologico – tra i fatti di intestazione fittizia considerati in questa sede
e quelli oggetto del procedimento c.d. “Alba di Scilla”. Nel caso di specie non esistono
elementi idonei a far ritenere che le condotte elusive considerate nell’impugnata
ordinanza fossero state previste in modo specifico e programmate in tutti i loro
elementi essenziali al momento della costituzione della cosca Nasone-Gaietti. La
motivazione dell’impugnata ordinanza, che fa precisa applicazione dei principi espressi
al riguardo dalla giurisprudenza di questa Corte (ex multis, Sez. 1, n. 8451 del
21.1.2009, secondo cui “agli effetti di quanto previsto dall’art. 297 comma 3 cod. proc.
pen. fra reato associativo e singoli reati fine non è ravvisabile un vincolo rilevante ai fini
della continuazione o meno ancora della connessione teleologica, posto che,
normalmente, al momento della costituzione dell’associazione, i reati fine sono previsti
solo in via generica”), appare sul punto del tutto adeguata e immune da vizi logici e
giuridici. Essa non è all’evidenza smentita dal fatto, allegato in ricorso, che la
contestazione associativa rilevante per la prima ordinanza cautelare individuasse uno
dei fini dell’associazione nel conseguimento “di vantaggi patrimoniali dalle attività
economiche che si svolgevano nel territorio”. Si tratta infatti di finalità generiche, non
coincidenti con le condotte di interposizione fittizia a fini elusivi contestate in questa
sede. Allo stesso modo, deve ritenersi totalmente corretta l’affermazione del Tribunale
secondo la quale gli elementi per poter configurare a carico del ricorrente gravi indizi di
colpevolezza in ordine alle imputazioni cautelari di intestazione fittizia qui rilevanti non
erano presenti al momento del primo titolo custodiale, posto che i relativi accertamenti

ricorrente, la doglianza deve ritenersi preclusa.

patrimoniali, confluiti nell’informativa di reato in data 18.2.1013, sono stati successivi.
A tale riguardo, il ricorso appare del tutto generico, non contenendo alcuna indicazione
idonea a giustificare in modo verificabile e non apodittico la possibilità di ricavare dagli
elementi investigativi disponibili al tempo di emissione della prima ordinanza cautelare
(1.6.2012) anche gli elementi che giustificano l’adozione della seconda. L’allegazione
del ricorrente si rivela al proposito vieppiù inadeguata ove si consideri che in tema di
retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la possibilità di
desumere le fonti indiziarie poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva

“conoscibilità” di determinate evenienze fattuali, ma si individua nella condizione di
conoscenza, da un determinato compendio documentale o dichiarativo, degli elementi
relativi ad un determinato fatto reato che abbiano una specifica significanza processuale
(Sez. 6, n. 11807 del 11.2.2013).

5. Il secondo motivo di ricorso è invece fondato. Per la configurabilità dell’aggravante
speciale di cui all’art. 7 D.L. n. 152 del 1991 (convertito in L. n. 203 del 1991) è
necessario – quale che sia la posizione associativa del favorito – che la condotta valga
oggettivamente ad agevolare anche l’attività dell’associazione mafiosa di riferimento, e
che di tale obiettiva funzionalità l’agente sia consapevole (Sez. 6, n. 9735 del
10.12.2013, Megale). L’agevolazione dell’associazione rappresenta pertanto l’obiettivo
“diretto” della condotta, non rilevando possibili vantaggi indiretti nè il semplice scopo di
favorire un esponente di vertice della cosca, indipendentemente da ogni verifica in
merito all’effettiva ed immediata coincidenza degli interessi del capomafia con quelli
dell’organizzazione (Sez. 5, n. 4073 del 22.11.2013, B. e altro). Sotto tale profilo, il
percorso argomentativo dell’impugnata ordinanza si rivela dissonante rispetto alla
struttura dell’aggravante speciale e del tutto inidoneo a giustificarne la ritenuta
sussistenza. In particolare, privo di ogni capacità dimostrativa deve ritenersi in questa
sede l’unico elemento offerto al riguardo dal Tribunale del Riesame: il parallelo proposto
tra la condotta estorsiva considerata in altro procedimento cautelare e ascritta a
Delorenzo Rocco e quelle di interposizione fittizia delle quali il Delorenzo deve
rispondere in concorso col ricorrente e per le quali quest’ultimo è stato sottoposto alla
misura cautelare custodiate con l’impugnato provvedimento. Il predicato secondo il
quale “come la condotta estorsiva è finalizzata a reperire risorse da destinare al
mantenimento e al rafforzamento della predetta cosca …, allo stesso modo anche quella
di cui all’art. 12 quinquies non può non considerarsi, nel caso di specie – attesa la
sussistenza di forti cointeressenze anche parentali tra di loro – funzionale
all’agevolazione dell’associazione di stampo mafioso in riferimento”, è all’evidenza
apodittico e accomuna condotte tra loro eterogenee, delle quali assume un medesimo
fine senza alcuna indicazione delle modalità attraverso le quali i fatti di interposizione

dagli atti inerenti la prima ordinanza non va confusa con la semplice “conoscenza” o

riverberino diretti, positivi effetti non solo sul soggetto favorito, ma anche
sull’organizzazione di riferimento. L’aggravante speciale contestata va quindi esclusa ai
fini cautelari. Atteso il tempo trascorso dalla contestazione cautelare e il reiterato
esame del punto da parte del giudice di rinvio, il Collegio ritiene superfluo, ai sensi
dell’art. 620 lett. I) cod. proc. pen l un ulteriore rinvio sul punto.

P.Q.M.

1991, che esclude. Rigetta nel resto il ricorso. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di
cui all’articolo 94-1/ter Disp. Att. c.p.p.
Così deciso il 7 gennaio 2015.

Annulla l’ordinanza impugnata senza rinvio limitatamente all’aggravante ex art. 7 d.l. 152 del

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