Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48682 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48682 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 25/09/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PAVANI MARCO N. IL 31/12/1973
avverso la sentenza n. 4961/2012 GIP TRIBUNALE di GENOVA, del
06/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

(Ar

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Pavani Marco avverso la sentenza emessa in
data 6.11.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal G.i.p. del Tribunale di Genova con la quale
veniva applicata al predetto la pena concordata di anni tre, mesi tre di reclusione ed C
14.000,00 di multa oltre all’interdizione dai pp.uu. per anni cinque per il delitto di cui all’art.
73 dPR 309/1990.
Deduce la mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta correttezza della congruità della
pena prospettata dalle parti.

presente sede di legittimità.
Invero, il motivo, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p., è privo del requisito della
specificità, consistendo nella generica esposizione delle doglianza senza alcun contenuto di
effettiva critica alla decisione impugnata.
Inoltre, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un.,
n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso
di specie, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza
dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali
circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della
sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e
di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in particolare,
proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè recriminare sulla
qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la congruità della pena a
meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di
specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 25.9.2013

J2,TA 1

Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo aspecifico e non consentito nella

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