Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48674 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48674 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RANALLI ANTONIO N. IL 23/03/1957
avverso l’ordinanza n. 2562/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 31/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 25/09/2013

Motivi della decisione
La Corte di Appello di L’Aquila, con ordinanza del 31 ottobre 2012, ha
dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto da Ranalli Antonio avverso la
sentenza del Tribunale di Pescara in data 8.02.2010, con la quale l’imputato era
stato condannato alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all’art. 186 cod.
strada. La Corte territoriale ha rilevato la aspecificità delle censure dedotte
dall’appellante, afferenti alla entità della pena. La Corte di Appello ha, quindi,
dichiarato inammissibile il gravame, perché basato su argomenti apodittici e

Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di L’Aquila ha
proposto ricorso per cassazione Ranalli Antonio, a mezzo del difensore. La parte
rileva che la Corte di Appello, nel provvedimento impugnato, ha omesso di indicare
le norme di legge poste a fondamento della pronuncia medesima. Osserva inoltre
che nell’ordinanza che occupa vengono svolte argomentazioni sul merito
dell’impugnazione, incompatibili con la natura del provvedimento.
Sotto altro aspetto, la parte rileva che la motivazione posta a fondamento
dell’ordinanza impugnata non risulta coerente rispetto alla funzione dell’atto.
Il ricorso è inammissibile.
Invero, la possibilità, da parte del giudice dell’impugnazione, di dichiarare
con ordinanza, d’ufficio, l’inammissibilità del gravame è normativamente prevista
dall’art. 591, cod. proc. pen. Segnatamente, l’inammissibilità dell’impugnazione
può essere dichiarata nelle seguenti ipotesi indicate dall’art. 591, comma 1, cod.
proc. pen.: a) difetto di legittimazione o di interesse; b) provvedimento non
impugnabile; c) inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 581, 582, 583, 585,
586, cod. proc. pen.; d) rinunzia. Per quanto attiene, in particolare, ai casi ora
richiamati sub lett. c), preme evidenziare che l’art. 581, comma 1, lett. c), cod.
proc. pen. stabilisce che l’impugnazione deve enunciare . Conseguentemente, nel caso di aspecificità dei motivi, il giudice
dell’impugnazione ben può dichiarare, preliminarmente e con ordinanza,
l’inammissibililità del gravame, come già chiarito dalla giurisprudenza di questa
Suprema Corte (cfr. Cass. Sez. 3, sentenza n. 2977 del 10.12.2003, dep.
28.01.2004, Rv. 227028).
Nel caso di specie, la Corte di Appello ha evidenziato la aspecificità delle
dedotte censure, osservando che i telegrafici argomenti svolti in sede di gravame
non contengono alcuna specifica censura rispetto alla valutazione effettuata dal
Tribunale, circa l’entità della pena da infliggere. Pertanto, sulla scorta di tale
apprezzamento – che risulta immune da vizi logici censurabili in sede di legittimità,
stante il contenuto meramente enunciativo dell’impugnazione di che trattasi e

congetturali; ed ha disposto l’esecuzione della sentenza impugnata.

l’assenza di argomentate ragioni di censura, rispetto all’apparato motivazionale
posto a fondamento della sentenza del Tribunale – del tutto legittimamente la Corte
territoriale, con l’ordinanza oggi impugnata, ha dichiarato l’inammissibilità
dell’appello, secondo la disciplina procedurale specificamente prevista per i casi di
inammissibilità dell’impugnazione. Il Collegio ha, infatti, esercitato i poteri che l’art.
591, cod. proc. pen. conferisce al giudice dell’impugnazione, in caso di aspecificità
dei motivi di appello, come sopra considerato. Ed è appena il caso di osservare che
la mancata espressa indicazione degli articoli del codice di procedura penale che

portato di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen, trattandosi di disposizioni che
regolano in via generale l’inammissibilità delle impugnazioni e che risultano in
termini estranee rispetto alla configurazione della condotta criminosa oggetto di
addebito (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 40398 del 24/09/2008, dep. 29/10/2008,
Rv. 241861).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro
1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 25 settembre 2013.

regolano la fattispecie non determina alcuna causa di nullità, in riferimento al

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