Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48660 del 12/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48660 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di LIVORNO
nei confronti di:
SANTIGLI PAOLO, nato il 23/11/1959
avverso l’ordinanza n. 221/2014 TRIBUNALE di LIVORNO del
06/10/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale dott. Umberto De
Augustinis, che ha chiesto, in accoglimento del ricorso,
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Data Udienza: 12/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 6 ottobre 2014 il Tribunale di Livorno in composizione
monocratica, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha ritenuto l’estensibilità
all’istante Santigli Paolo degli effetti della impugnazione proposta da Papandrea
Salvatore e Calabrò Giuseppe, con riguardo al capo c) della imputazione loro
ascritta, e della pronuncia assolutoria emessa nei loro confronti con sentenza del
9 gennaio 2003 della Corte di appello di Milano, irrevocabile 11 ottobre 2004.

incidente di esecuzione per avere emesso la sentenza del 15 marzo 2002,
irrevocabile 11 ottobre 2002, divenuta definitiva per ultima tra quelle
pronunciate nei confronti dell’istante, come ritenuto anche da questa Corte
decidendo, con sentenza del 3 giugno 2014, in merito a un insorto conflitto di
competenza, rilevava, a ragione della decisione, che:
– l’istante era stato condannato alla pena di anni nove di reclusione e
centoquarantacinque milioni di lire con sentenza dell’8 febbraio 1999 del
Tribunale di Milano, confermata con sentenza del 25 gennaio 2000 della Corte di
appello di Milano, irrevocabile il 21 ottobre 2000 in mancanza di ulteriore
impugnazione, per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 e 80 d.P.R. n. 309
del 1990;
– i coimputati Papandrea Salvatore e Calabrò Giuseppe, che avevano invece
proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, erano stati
assolti, a seguito di annullamento con rinvio disposto da questa Corte, con
sentenza del 9 gennaio 2003 della Corte di appello di Milano dal reato di cui al
capo c) della imputazione per non avere commesso il fatto, senza disporsi la
citazione del coimputato Santigli, cui in precedenza era stato contestato il
medesimo reato;
– tale imputazione atteneva a una fattispecie di concorso di persone nel
reato, essendo stato contestato, tra gli altri, ai predetti Papandrea e Calabrò e
all’istante di avere acquistato una partita di duecento chilogrammi di cocaina,
organizzandone la spedizione in Italia nell’ambito di una più ampia operazione
relativa a ottocento chilogrammi della stessa sostanza;
– a Santigli era stato in particolare contestato di essere l’acquirente e ai
coimputati Papandrea e Calabrò di avere fornito l’importo necessario all’acquisto;
– la condotta non era stata portata compiutamente a termine per essere
stato Santigli arrestato in Brasile con sequestro dell’indicato quantitativo di
cocaina;
– in sede di merito si era pervenuti all’affermazione di responsabilità degli
imputati sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori Tocci Giorgio, Bindi
2

1.1. Il Tribunale, che riteneva la propria competenza in ordine al proposto

Roberto e Amoroso Vincenzo, la cui mancanza di piena attendibilità aveva
determinato il successivo epilogo assolutorio, che aveva riguardato la
sussistenza del fatto storico e non la partecipazione dei predetti alla
importazione di droga;
– il contenuto non strettamente personale dei motivi di assoluzione
comportava l’estensione degli effetti della impugnazione a Santigli, mentre era
privo di rilevanza, in quanto relativo a diversa vicenda non oggetto della
specifica contestazione di cui al capo c), l’intervenuto arresto del medesimo il 26

due predetti imputati, rispetto alla sostanza dei motivi che l’avevano
determinata;
– il rimedio dell’incidente di esecuzione era ammissibile, non essendo stata
disposta nel giudizio di rinvio, dopo l’annullamento della sentenza di condanna
da parte di questa Corte, la citazione dell’imputato Santigli, non appellante.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Livorno, che ne chiede l’annullamento sulla
base di unico motivo, con il quale deduce contraddittorietà processuale della
motivazione per contrasto con gli atti processuali, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. e), cod. proc. pen.
2.1. Secondo il ricorrente, l’ordinanza, che è stata emessa da giudice
incompetente dovendo essere pronunciata dal Tribunale in composizione
collegiale, ha errato nel revocare la sentenza di condanna nei confronti di
Santigli Paolo, estendendogli gli effetti della impugnazione proposta per motivi
esclusivamente personali da Papandrea Salvatore e Calabrò Giuseppe e della
sentenza del 9 gennaio 2003 della Corte di appello di Milano, che aveva assolto
gli stessi con la formula “per non avere commesso il fatto”.
Detta sentenza, emessa a seguito di annullamento con rinvio di questa
Corte cui avevano proposto ricorso solo i detti imputati Papandrea e Calabrò, ha,
infatti, ritenuto che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Tocci Giorgio,
contenenti discrasie quanto a alcuni elementi di fatto del tentativo di
importazione dal Brasile di duecento chilogrammi di cocaina, non permettessero
di giudicare provato il loro coinvolgimento, senza poter mettere in dubbio il fatto
stesso della tentata importazione della indicata partita di cocaina e la
responsabilità di Santigli Paolo, all’evidenza provata dal suo arresto in flagranza
in Brasile, supportato anche dalle dichiarazioni dell’altro collaboratore Bindi
Roberto.
La circostanza che i motivi della impugnazione proposta dagli indicati correi
avverso la sentenza di condanna, divenuta definitiva per Santigli, fossero
personali agli impugnanti era apparsa chiara già a questa Corte, che aveva

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maggio 1992, ed era impropria la formula assolutoria adottata nei confronti dei

annullato la sentenza solo nei loro confronti, e al giudice del rinvio, che non
aveva correttamente proceduto alla citazione di Santigli in un giudizio che non
poteva riguardarlo.
2.2. Né il giudice dell’esecuzione poteva dare al fatto una ricostruzione
diversa da quella operata dal giudice della cognizione, astraendo dalle
emergenze degli atti processuali e delle sentenze dei giudici della cognizione,
concordanti sulla unicità del fatto contestato al capo

c)

dell’originaria

imputazione dell’accusa, poi modificato, solo quanto alla quantità, dal Tribunale

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio, per
nuovo esame, ad altro giudice per la infondatezza del motivo di ricorso
concernente il difetto di composizione del giudice, e per la fondatezza del motivo
attinente alla non estensibilità all’imputato, condannato con sentenza
irrevocabile, dell’assoluzione definitiva intervenuta in autonomo giudizio nei
confronti del coimputato del medesimo reato.

4. Con memoria difensiva recante la data del 5 maggio 2015, Santigli Paolo,
premessa la ricostruzione in fatto della vicenda processuale che lo riguarda,
contesta la fondatezza del ricorso proposto dalla Procura di Livorno, essendo la
decisione censurata corretta e rispettosa del giudicato formatosi sul punto, e
rappresenta, in replica alla requisitoria del Procuratore Generale depositata il 21
gennaio 2015, che la questione della competenza, cui è riferito un fuggevole
riferimento nel ricorso, non è stata sottoposta al vaglio di questa Corte, ed è
comunque infondata oltre a essere inammissibile perché tardivamente proposta,
e che la dedotta questione del mancato ricorso al giudizio di revisione ai sensi
dell’art. 630 cod. proc. pen. non ha formato oggetto del ricorso per cassazione
ed è pertanto inammissibile, oltre a essere sicuramente infondata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’eccezione dedotta in ricorso con riguardo alla competenza del Giudice
dell’esecuzione che ha emesso l’ordinanza impugnata -il cui carattere funzionale,
assoluto e inderogabile comporta comunque la rilevabilità della relativa
questione in ogni stato e grado, anche di ufficio, contrariamente ai rilievi svolti
con la memoria difensiva- è infondata.
1.1. Si osserva, al riguardo, che la determinazione della posizione esecutiva
di un soggetto nei cui confronti siano state pronunziate più sentenze di condanna
emesse da giudici diversi deve essere necessariamente unitaria, per ragioni di
4

di Milano in sede di motivazione.

economicità e di razionalità del sistema, e far capo, quindi, a un giudice unico,
da individuare sulla base del criterio fissato dall’art. 665, comma 4, cod. proc.
pen.
Quest’ultima disposizione, nel dettare le regole per la determinazione della
competenza funzionale del giudice dell’esecuzione, stabilisce che essa
appartiene, indipendentemente dall’oggetto della domanda e dall’attinenza della
questione proposta a decisione emessa da altro giudice, al giudice che ha
emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, avendo riguardo al

12/11/2002, dep. 23/12/2002, Confl. comp. in proc. Miucica, Rv. 222805; Sez.
1, n. 49256 del 21/10/2004, dep. 22/12/2004, Garofalo, Rv. 230301; Sez. 1, n.
24438 del 03/06/2008, dep. 16/06/2008, Confl. comp. in proc. Torres e altri, Rv.
240811; Sez. 1, n. 10415 del 16/02/2010, dep. 16/03/2010, PG in proc.
Guarnieri, Rv. 246395; Sez. 1, n. 33062 del 14/07/2011, dep. 02/09/2011,
Confl. comp. in proc. Salvati, Rv. 250831; Sez. 1, n. 21681 del 22/03/2013,
dep. 21/05/2013, Confl. comp. in proc. Fiore, Rv. 256081; Sez. 1, n. 14686 del
28/02/2014, dep. 28/03/2014, Confl. comp. in proc. D’Aprile; Rv. 259797; Sez.
1, n. 10676 del 10/02/2015, dep. 12/03/2015, PG in proc. Cuneo, Rv. 262987).
1.2. Il criterio fissato dall’art. 665, comma 4, cod. proc. pen. deve essere
integrato con la regola stabilita dal comma 4-bis dello stesso articolo, secondo
cui, se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi dal tribunale in
composizione monocratica e collegiale, l’esecuzione è attribuita in ogni caso al
collegio.
È, tuttavia, principio assolutamente consolidato che la disposizione dell’art.
665, comma 4-bis, cod. proc. pen., mira a disciplinare una sorta di competenza
interna, in sede esecutiva, nell’ambito di un organo unico, quale è il tribunale,
che può dunque operare in diverse composizioni e in diverse sedi, e non la
competenza in senso proprio. Ne consegue che detta norma, che deroga a quella
contenuta nel quarto comma del medesimo articolo (che stabilisce la competenza
all’esecuzione nel caso di provvedimenti emessi da più giudici), non è attributiva
di competenza territoriale, ma trova applicazione solo quando si tratta di
provvedimenti emessi dallo stesso tribunale, inteso come stesso ufficio
giudiziario, in composizione monocratica o collegiale (tra le altre, Sez. 1, n.
25966 del 09/05/2001, dep. 26/06/2001, Confl. comp. in proc. Corso, Rv.
219280; Sez. 1, n. 21879 del 23/04/2003, dep. 16/05/2003, Uccello, Rv.
224432; Sez. 1, n. 29599 del 01/07/2003, dep. 15/07/2003, Confl. comp. in
proc. Vettori, Rv. 225068).
Nei casi in cui l’esecuzione riguardi provvedimenti emessi da giudici
appartenenti a diversi uffici giudiziari, la competenza, invece, appartiene,
secondo il principio fissato dall’art. 665, comma 4, cod. proc. pen., al giudice

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momento della presentazione della domanda (tra le altre, Sez. 1, n. 43534 del

che, indipendentemente dalla sua composizione monocratica o collegiale, ha
emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo (tra le altre, Sez. 1, n.
2828 del 13/04/2000, dep. 04/08/2000, Confl. comp. in proc. Ido, Rv. 216754;
Sez. 1, n. 3346 del 03/12/2001, dep. 29/01/2002, P.M. in proc. Attanasio, Rv.
220685; Sez. 1, n. 19054 del 10/03/2004, dep. 23/04/2004, Zequiri, Rv.
228651; n. 31368 del 02/07/2008, dep. 25/07/2008, Confl. comp. in proc. Pizzo,
Rv. 240680; Sez. 1, n. 25080 del 19/06/2012, dep. 22/06/2012, Conf. comp. in
proc. Granato, Rv. 252743).

deve, quindi, ritenersi che, per effetto della disposizione di cui all’ad 665,
comma 4, cod. proc. pen., il Tribunale di Livorno in composizione monocratica
abbia correttamente riconosciuto la propria competenza a pronunciarsi sul
proposto incidente di esecuzione, afferente a pronunce adottate da giudici diversi
in diversa composizione (collegiale il Tribunale di Milano e monocratica quella di
Livorno), per aver emesso la sentenza divenuta irrevocabile per ultima avendo
riguardo al momento della proposizione della domanda, restando priva di
rilevanza, ai fini della corretta individuazione del giudice dell’esecuzione, la
natura monocratica dell’ufficio ricoperto.

2. È, invece, fondato il ricorso nella parte in cui è contestata la disposta
estensione a Santigli Paolo -non impugnante avverso la sentenza del 25 gennaio
2000 della Corte di appello di Milano, che ha confermato la sentenza di condanna
emessa l’8 febbraio 1999 dal Tribunale di Milano- degli effetti della impugnazione
proposta da Papandrea Salvatore e Calabrò Giuseppe, nei cui confronti, a seguito
dell’annullamento disposto da questa Corte con sentenza del 24 gennaio 2002, la
stessa Corte di appello ha emesso il 9 gennaio 2003 sentenza assolutoria per il
reato di cui al capo c), già contestato pure a Santigli, divenuta irrevocabile 11
ottobre 2004.
2.1. La tesi della comunicabilità a Santigli degli effetti della indicata
impugnazione è stata sostenuta dal Tribunale, muovendo dall’analisi svolta delle
ragioni dell’assoluzione dei coimputati Papandrea e Calabrò oltre che della
fattispecie di reato ascritta, in concorso e tra gli altri, agli stessi e a Santigli e del
materiale probatorio utilizzato, e ritenendo l’attinenza sostanziale dei motivi
dell’assoluzione, al di là della impropria formula utilizzata

(“per non avere

commesso il fatto”), alla sussistenza del fatto storico contestato, cui dovevano

conseguire, già nel giudizio di rinvio, oltre alla diversa formula assolutoria
(“perché il fatto non sussiste”), l’apprezzamento della natura non strettamente

personale dei motivi proposti e gli adempimenti procedurali connessi e
conseguenti alla sussistenza dei presupposti di applicabilità della disposizione

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1.3. In applicazione dei principi esposti, che il Collegio condivide e riafferma,

normativa di cui all’art. 587 cod. proc. pen., la cui omessa attivazione ha reso
ammissibile l’incidente di esecuzione e il suo epilogo giudiziario.
2.2. Il Procuratore ricorrente rimarca l’unicità del fatto giudicato in sede di
cognizione, consistito nella tentata importazione dal Brasile di un quantitativo di
cocaina (pari a circa duecento chilogrammi e costituente una prima “tranche” di
un maggiore quantitativo), organizzata tra gli altri dallo stesso Santigli, in
concorso con i coimputati Papandrea e Calabrò, e non andata in porto per
l’arresto in Brasile del primo, che la deteneva; oppone la non mutuabilità di una

concorso di due giurisdizioni (italiana e brasiliana), e ripercorre le ragioni
dell’assoluzione dei coimputati, sì come sintetizzate nel “ritenuto in fatto”.
Secondo la tesi, sostenuta in ricorso sulla base di tali premesse, la natura
esclusivamente personale dei motivi della impugnazione dei detti Papandrea e
Calabrò, accolta in sede di rinvio per essere stato ritenuto non provato, a seguito
dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte, il loro coinvolgimento nel
fatto, invece non messo in dubbio e all’evidenza provato dall’arresto in flagranza
di Santigli, è anche coerente con le decisioni di questa Corte e della seconda
Corte di appello, che hanno, rispettivamente, annullato la sentenza della prima
Corte di appello e deciso nel giudizio di rinvio senza estendere la decisione e/o la
citazione al non impugnante Santigli.

3. Si rileva in diritto che, per consolidato orientamento di questa Corte, il
fenomeno processuale dell’estensione dell’impugnazione in favore del coimputato
non impugnante (o l’impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile),
di cui all’art. 587 cod. proc. pen., opera di diritto, nell’ambito del processo
plurisoggettivo per lo stesso reato o in un procedimento cumulativo, come
rimedio straordinario che, al verificarsi dell’evento consistente nel
riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, della fondatezza del
motivo non esclusivamente personale dedotto dall’imputato diligente, è idoneo a
revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del
beneficio conseguito dal coimputato, cui segue che, fino a quando non si sia
verificato tale effetto risolutivo, l’indicato fenomeno processuale non spiega
influenza alcuna sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto
processuale concernente il non impugnante o equiparato (Sez. U, n. 9 del
24/3/1995, dep. 23/6/1995, Cacciapuoti, Rv. 201304, e, tra le successive, Sez.
5, n. 15446 del 17/02/2004, dep. 01/04/2004, Koshi, Rv. 228758; Sez. 1, n.
52972 del 07/10/2014, dep. 19/12/2014, Roman, Rv. 261698).
Attraverso l’estensione della impugnazione si realizza, pertanto, un
ampliamento della sfera “soggettiva” del devoluto, nel senso che la domanda
“estensibile” attrae nell’alveo del relativo perimetro decisorio anche le posizioni

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differenza fattuale dal diverso rilievo della diversità giuridica dei fatti, correlata al

soggettive “estranee” a quella domanda, ma suscettibili di godere dei relativi
effetti positivi.
3.1. In coerenza con tale approccio ricostruttivo, si è anche affermato che il
giudice dell’esecuzione è legittimato a intervenire e a rivedere la condanna,
eliminando o anche solo ridimensionando la portata del relativo giudicato, sulla
scorta di un esame dei profili di fatto rilevanti per l’esplicazione dell’effetto
estensivo, per il caso in cui il giudice di appello, “pur sussistendone i presupposti,
non abbia citato i coimputati non impugnanti e non abbia estensivamente

19/04/2001, dep. 24/05/2001, Laratta, Rv. 229235; Sez. 5, n. 17650 del
11/02/2004, dep. 16/04/2004, Tresca, Rv. 229235; Sez. 6, n. 16509 del
21/01/2010, dep. 28/4/2010, Di Maggio e altri, Rv. 246654; Sez. 1, n. 16678
del 01/03/2013, dep. 12/04/2013, Antonelli, Rv. 255847; Sez. 1, Sez. 1, n.
1454 del 14/10/2013, dep. 15/01/2014, Lipari, Rv. 258390).
3.2. Né, con riguardo alla individuazione dell’ambito valutativo dell’incidente
di esecuzione, si è mancato di rilevare che, posta la possibilità del condannato di
invocare nella fase esecutiva -sempre che ne ricorrano i presupposti- l’effetto
estensivo quando voglia giovarsi della impugnazione proposta da altri, il giudice
dell’esecuzione in tal caso “interviene non già in una condizione ‘ordinaria’,
quanto allo scopo di ‘sanare’ una omissione verificatasi nel giudizio di rinvio, a
seguito di annullamento della decisione emessa nei confronti dei coimputati e
della mancata citazione del non impugnante potenzialmente destinatario
dell’effetto”, e che “l’unico ambito valutativo di tale incidente di esecuzione
risulta, pertanto, rappresentato dalla verifica in concreto dei presupposti di
applicabilità della disposizione normativa di cui all’art. 587 c.p.p., ossia la verifica
della ‘comunicabilità’ o meno, nella specifica vicenda processuale posta a monte,
dell’effetto favorevole della decisione emessa nei confronti dei coimputati
impugnanti” (Sez. 1, Sez. 1, n. 1454 del 14/10/2013, citata, in motivazione).

4. Di tali condivisi principi il Giudice dell’esecuzione non ha fatto corretta
applicazione.
4.1. L’ordinanza, invero, ha esattamente premesso che il giudizio sulla
fondatezza della richiesta difensiva azionata

in executívis

supponeva la

preliminare verifica attinente al carattere personale o meno dei motivi proposti
dagli impugnanti Papandrea e Calabrò, e ha congruamente analizzato la
imputazione ascritta al ricorrente Santigli in concorso con i predetti, oltre che in
concorso con Lo Prete, Tocci e Natola, con specifica illustrazione dell’unica
fattispecie di reato contestata (consistente nell’acquisto di una partita di
stupefacente, pari a duecento chilogrammi, e nella organizzazione della sua
spedizione in Italia), dei ruoli di ciascun correo (Santigli e Natola acquirenti,
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applicato gli effetti favorevoli del gravame” (tra le altre, Sez. 3, n. 21085 del

Papandrea, Tocci e Calabrò finanziatori, Lo Prete vettore della valuta), e delle
ragioni della incompletezza della condotta (arresto in Brasile di Santigli e
sequestro di un pari quantitativo di droga).
Dopo tale esatta premessa e congruente disamina il Tribunale ha, inoltre,
rappresentato che, a fronte del materiale probatorio utilizzato, costituito
soprattutto dalle dichiarazioni dei collaboratori Tocci, Bindi e Amoroso, oltre che
da minori elementi informativi che le avevano riscontrate, “i motivi di appello e
quindi le ragioni” della disposta assoluzione dei coimputati Papandrea e Calabrò

collaboratore Tocci, che divergevano -rispetto a quelle degli altri collaboratori- in
più punti segnalati dalle difese e non congruamente risolti dal primo Giudice, e
che il Giudice di appello aveva fatto globalmente oggetto di apprezzamento
negativo.
4.2. Nel suo percorso argomentativo il Tribunale, rimarcando le discrasie nei
racconti dei collaboratori con riguardo a elementi di fatto pertinenti alla tentata
importazione di stupefacenti, e quindi al detto fatto storico, e non al ruolo degli
impugnanti Papandrea e Calabrò e alla loro partecipazione all’indicato fatto, ha
ritenuto che fosse comunicabile a Santigli, non impugnante, l’effetto favorevole
della decisione assolutoria.
Un tale risultato valutativo, se compete al Giudice dell’esecuzione rivedere
la condanna, apprezzare il carattere personale o meno dei motivi in vista del
reclamato effetto estensivo ed esaminare i profili del fatto funzionali a tale
verifica, attraverso la interpretazione dei motivi di impugnazione e delle ragioni
della sentenza che ha deciso sugli stessi, si pone, tuttavia, in termini incongrui
rispetto alle stesse premesse dell’ordinanza, alle dette ragioni della decisione, e
ai presupposti del promosso incidente di esecuzione.
4.2.1. Sotto il primo profilo, deve rilevarsi che, alla stregua della stessa
descrizione della contestazione, richiamata nell’ordinanza, il fatto di tentata
importazione di cocaina, per il quale Santigli, arrestato in flagranza in Brasile, è
stato condannato quale acquirente e Papandrea e Calabrò quali finanziatori,
questi ultimi poi assolti, è il fatto che poi ha formato oggetto sia del dibattito
giudiziario e delle acquisizioni probatorie nel giudizio di merito sia della
valutazione finale che lo ha definito.
Non compete, invece, al giudice dell’esecuzione ipotizzare la sussistenza di
diversa detenzione di sostanza stupefacente, astraendo da quella consegnata al
processo e positivamente riscontrata, ascrivendo ad altra vicenda (pur nella
rimarcata coincidenza quantitativa, temporale e nominale) l’intervenuto
sequestro di quella sostanza detenuta da Santigli, contestualmente arrestato in
flagranza di reato, e trovando conforto in un riferimento non meglio esplicato,

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avevano, in particolare, riguardato l’attendibilità delle dichiarazioni del

contenuto nella sentenza del Tribunale di Milano, che pur ha emesso pronuncia
di condanna a carico del medesimo, poi confermata.
4.2.2. Quanto al secondo profilo, le stesse discrasie dichiarative tra i
collaboratori, come fondatamente opposto dal Procuratore ricorrente, attengono,
secondo l’analisi del Tribunale, al luogo di origine della droga, alla sua quantità,
alla collocazione temporale della vicenda, alle modalità di trasporto della valuta,
e alla individuazione dei finanziatori, e quindi non mettono in dubbio il fatto
stesso della tentata importazione e la responsabilità dell’acquirente, arrestato in

Né, è spiegata l’inferenza logica che ha portato il Tribunale a ritenere
dimostrativa della natura non personale dei motivi di assoluzione la loro operata
estensione da Papandrea a Calabrò e non a Santigli, pur nel riferimento, operato
in premessa, al ruolo di finanziatori, comune ai primi due, ed estraneo al terzo,
che ha assunto il diverso ruolo di acquirente.
4.2.3. Con riguardo ai presupposti dell’incidente di esecuzione, non è, infine,
dubitabile che l’effetto estensivo della impugnazione sia stato richiesto da
Santigli Paolo in relazione alla “fattispecie di concorso di persone nel medesimo
reato”, menzionata nella imputazione elevata a suo carico al capo c), e quindi in
relazione alla condotta ascrittagli quale acquirente e come non terminata per il
suo arresto in flagranza, laddove l’incidentale riferimento a diversa vicenda,
operato dal Tribunale, rinvia, nella non pertinente sede esecutiva, a ulteriore,
non perseguita, detenzione di droga da parte del medesimo Santigli, con
argomenti estranei ai limiti della indagine demandata al giudice dell’esecuzione.

5. L’ordinanza, emessa, alla luce di detti rilievi, al di fuori delle condizioni di
legge, deve essere, conclusivamente, annullata senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Così deciso in Roma, in data 12 maggio 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

flagranza della detenzione della sostanza oggetto di detta importazione.

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