Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48656 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48656 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DJORDJEVIC VIOLETA N. IL 01/01/1984
avverso la sentenza n. 10912/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
07/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 25/09/2013

Motivi della decisione
Djordjevic Violeta ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Roma, resa il 7.12.2011, con la quale è stata confermata la
sentenza di condanna del Tribunale di Civitavecchia in data 28.09.2009, in
riferimento al reato di furto aggravato in fattispecie tentata, in concorso con altri. Il
Collegio, nel censire i motivi di gravame, ha evidenziato che nel caso sussistevano
gli elementi costitutivi del reato in addebito, in considerazione della accertata

segni di forzatura impressi sulla porta di ingresso dell’abitazione della parte offesa
Fiorini; oltre a ciò, ha rilevato che e non poteva neppure ipotizzarsi una alternativa
ricostruzione in merito alla presenza dell’imputata, unitamene alla giovane
complice, sul luogo del fatto.
L’esponente deduce il vizio motivazionale, osservando che la Corte territoriale
si è soffermata unicamente sulla unicità dell’azione come diretta
all’impossessamento di beni altrui, omettendo di esaminare il requisito della
idoneità della condotta a realizzare l’evento, questione che era stata specificamente
dedotta in sede di appello.
Il ricorso è manifestamente infondato e perciò inammissibile.
La Corte di Appello ha unitariamente esaminato i temi di prova che erano
stati evidenziati dall’appellante e che vengono in rilievo nella fattispecie del delitto
tentato. Con specifico riguardo alla univoca direzione finalistica degli atti, la Corte
territoriale ha considerato, sviluppando un percorso argomentativo immune da
fratture di ordine logico, che stante la accertata presenza della prevenuta sulle
scale di accesso all’appartamento, nelle riferite circostanze spazio-temporali, non
era possibile ipotizzare una ricostruzione alternativa in merito alla presenza della
donna sul predetto luogo. Oltre a ciò, il Collegio ha osservato: che l’infisso della
porta di ingresso della casa, ove la donna si trovava sino al momento in cui ebbe a
darsi a precipitosa fuga a causa dell’attivazione del sistema di allarme, presentava
segni di forzatura; e che la prevenuta aveva la disponibilità di un arnese atto allo
scasso. In tali termini, è stata censita pure la questione della idoneità degli atti,
rispetto alla realizzazione del tentativo di furto in abitazione,
Orbene, le predette valutazioni si collocano nell’alveo dell’insegnamento
espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in riferimento agli elementi costitutivi
del delitto tentato. La Suprema Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che
l’elemento della direzione non equivoca degli atti risulta connesso al tema di prova
relativo alla intenzione criminosa del soggetto agente. E, con riferimento al
requisito della idoneità degli atti – questione che viene specificamente in rilievo nel
caso di specie – la Corte regolatrice ha precisato che si tratta di un parametro di
natura oggettiva, dipendente dall’efficienza causale della condotta. Al riguardo, si è

disponibilità da parte della prevenuta di uno strumento idoneo allo scasso e dei

chiarito che l’idoneità degli atti richiesta per la punibilità del tentativo ex art. 56,
cod. pen. deve essere valutata con giudizio ex ante, tenendo conto di tutte le
modalità e circostanze concrete, in modo da verificare la reale adeguatezza causale
della condotta a creare una situazione di pericolo attuale e concreto rispetto alla
lesione del bene protetto (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9273 del 28/06/1995,
dep. 30/08/1995, Rv. 202420; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 43209 del 15/06/2004,
dep. 04/11/2004, Rv. 230108). Pertanto, del tutto legittimamente, la Corte di

realizzata da parte di soggetto datosi alla fuga solo perché disturbato
dall’attivazione del sistema di allarme – circostanza di fatto specificamente
valorizzata dai giudici di merito, come sopra si è evidenziato – certamente risultava
idonea, sul piano casuale, ad esporre a concreto pericolo il bene giuridicamente
protetto dal delitto di furto in abitazione ex art. 624 bis cod. pen., per il quale si
procede.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 25 settembre 2013.

Appello ha rilevato che la forzatura della porta di ingresso dell’appartamento,

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