Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48652 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48652 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 25/09/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TERRACONE RAFFAELE N. IL 27/08/1946
avverso la sentenza n. 3264/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
16/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

A

Motivi della decisione
Terracone Raffaele ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Brescia in data 16.01.2012, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Bergamo in data
15.03.2001, in ordine al reato di furto aggravato.
Con il primo motivo la parte deduce la violazione di legge ed il vizio
motivazionale, in riferimento alla affermazione di penale responsabilità

valorizzato: il fatto che l’automobile utilizzata dall’autore del furto fosse intestata al
Terracone; il silenzio serbato dall’imputato sull’utilizzatore del veicolo; il duplice
riconoscimento effettuato dalla persona offesa.
Con il secondo motivo l’esponente si duole della mancata esclusione della
recidiva; e della entità del trattamento sanzionatorio.
Il ricorso è inammissibile.
Soffermandosi sul primo motivo di ricorso, si osserva che l’esponente
propone censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la
ricostruzione e la valutazione del fatto, come pure l’apprezzamento del materiale
probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di
merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da
incongruenze di ordine logico. Come è noto la giurisprudenza della Suprema Corte
di Cassazione ha ritenuto, pressocchè costantemente, che “l’illogicità della
motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è
quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocull, in quanto
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per
espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle
acquisizioni processuali” (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite
Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che
“esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali” (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero,
in sede di legittimità non sono consentite le censure, che pur investendo
formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass.
23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI sentenza n. 22445 in data
8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, nel caso di specie, la Corte di

dell’imputato. L’esponente rileva che i giudici di merito hanno erroneamente

Appello ha effettuato un coerente vaglio del complessivo compendio probatorio,
evidenziando, in particolare, che la parte offesa Malusardi aveva effettuato un
duplice riconoscimento a carico del Terracone; e che le precisazioni fornite in sede
di individuazione dal Malusardi, in ordine al fatto che il ladro all’epoca del fatto
appariva più magro e con i capelli meno radi sulla fronte, non inficiavano la
positività del riconoscimento, trattandosi di aspetti facilmente variabili, collegabili
ad una modifica ponderale oppure ad un diverso taglio di capelli.

impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa
appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto concerne la determinazione del
trattamento sanzionatorio. E’ appena il caso di considerare che in tema di
valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero
in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena
ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa
Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. sez. VI 22
settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene
congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche
che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento
illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). Si tratta di
evenienza che certamente non sussiste nel caso di specie. La Corte di Appello ha
infatti considerato, che andava riconosciuta la contestata recidiva, atteso che i
plurimi precedenti penali a carico del Terracone evidenziavano che il prevenuto
aveva sistematicamente continuato a delinquere, nonostante le precedenti vicende
giudiziarie; e che persisteva, pertanto, la pericolosità dell’imputato. Ed il Collegio ha
pure rilevato che alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. doveva essere
confermata la pena comminata dal primo giudice, peraltro in misura prossima al
minimo edittale.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 25 settembre 2013.

Soffermandosi sul secondo motivo di doglianza, si osserva che la decisione

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