Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4865 del 07/01/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4865 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di
Caltanissetta avverso il decreto n. 19/2013 della Corte d’Appello di
Caltanissetta del 23 maggio 2013 iNti”

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sentita la relazione del Consigliere Dott. Stefano Mogini
lette le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Antonio Gialanella, che
ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.

Ritenuto in fatto
1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Caltanissetta
ricorre avverso il decreto n. 19/2013 della Corte d’Appello di Caltanissetta del 23
maggio 2013 con il quale è stato annullato il decreto di prevenzione personale e
patrimoniale emesso dal Tribunale di Caltanissetta il 25 ottobre 2010 nei confronti di
Morteo Gaetano.
2. Il pubblico ministero ricorrente lamenta violazione di legge con riferimento agli articoli 1
e 2 ter della legge n. 575/1965, così come modificata dalla legge n. 125/2008, per
avere la Corte territoriale disapplicato i presupposti soggettivi ed oggettivi per
l’imposizione di misure di prevenzione personale e patrimoniale. La Corte d’Appello
avrebbe fatto erronea applicazione della citata normativa laddove non ha considerato a
carico del Morteo gli indizi di affiliazione all’associazione mafiosa e l’indimostrata liceità

Data Udienza: 07/01/2015

dell’appartenenza dei beni a lui intestati emergenti, tra l’altro, da processo definito nei
suoi confronti con sentenza assolutoria, con conseguente violazione del principio di
autonomia del giudizio di prevenzione rispetto a quello penale. La motivazione del
decreto impugnato sarebbe in particolare del tutto carente e meramente apparente ove non addirittura completamente assente – circa l’appartenenza del proposto alla
consorteria mafiosa della Stidda, requisito questo diverso da quello della partecipazione
ad associazione mafiosa proprio alla fattispecie di cui all’art. 416 bis cod. proc. pen.. Si
sarebbe di fatto in presenza di un imprenditore colluso, titolare una cosiddetta impresa

per mera opportunità, convenienza o timore di paventati e prevedibili atti di ritorsione a
suo danno.

Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile. Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è
ammesso soltanto per violazione di legge in forza della generale disposizione dell’art. 4,
comma 11, della legge n. 1423 del 1956, applicabile anche nei casi di pericolosità
qualificata di cui alla legge n. 575/1965 alla stregua del richiamo operato dall’art. 3 ter
comma 2 della stessa legge. Ne consegue che in sede di legittimità non è deducibile il
vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente o presenti difetti tali
da renderla meramente apparente e in realtà inesistente, ovvero si presenti come
assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di
‘merito oppure, ancora, allorché le linee argomentative del provvedimento siano
talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far risultare oscure le
ragioni che hanno giustificato la decisione sulla misura. In tali casi, ben può ravvisarsi
violazione di legge per mancata osservanza da parte del giudice di merito dell’obbligo,
sancito dall’art. 4 comma 10 della I. 1423/1956, di provvedere con decreto motivato

(ex multis, Sez. 6, n. 35240 del 27 giugno 2013, Cardone e altri). Tale vizio non può
peraltro essere riscontrato, in nessuna delle forme teste’ descritte, nel decreto
impugnato. Esso risulta infatti dotato di adeguato percorso argomentativo, che
consente la necessaria verifica circa gli elementi ritenuti rilevanti ai fini del decidere, la
loro valutazione e la pertinenza logico-giuridica delle conclusioni adottate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 7 gennaio 2015.

mafiosa, il quale opera non per un’autentica condivisione degli interessi della mafia ma

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