Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48630 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48630 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LUNGU FLORIN ADRIAN N. IL 26/07/1978
avverso la sentenza n. 3380/2011 TRIBUNALE di PESCARA, del
15/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 25/09/2013

Osserva
Ricorre per cassazione personalmente Lungu Florin Adrian avverso la sentenza
emessa in data 15.12.2011 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del
Tribunale di Pescara con la quale, tra l’altro, veniva applicata al predetto la pena
concordata e condizionalmente sospesa di anni due di reclusione ed C 300,00 di
multa per il delitto di tentato furto pluriaggravato.
Deduce la mancanza e manifesta illogicità della motivazione, nonché la violazione di
legge in ordine all’ipotesi di reato contestata e ritenuta integrata nonché in ordine

Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi aspecifici e non consentiti nella
presente sede di legittimità.
Invero il ricorso è inammissibile, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p. perché i
motivi sono privi del requisito della specificità, consistendo nella generica esposizione
della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata.
Inoltre, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen.
Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della
motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla
particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia
atto, ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di
quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a
norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena,
rimettere in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e
non può, in particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al
merito nè recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle
circostanze o la congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente
illegittime: evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
2

alla quantificazione della pena.

Così deciso in Roma, il 25.9.2013

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