Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48614 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48614 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SANTAMARIA MASSIMO ALIAS N. IL 16/02/1982
HALILOVIC KONAD N. IL 23/07/1991
HALILOVIC SASA’ N. IL 17/06/1986
avverso la sentenza n. 6756/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
30/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 25/09/2013

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A

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Motivi della decisione

Contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
Halilovic Konad e
Santamaria Massimo,

Halilovic Sasa in ordine al delitto di cui agli articoli
responsabili

56, 110,624, 625 comma l numeri 2 e 5 c.p., hanno proposto
ricorso per cassazione gli imputati chiedendone

di legge con riferimento all’art.56 c.p., essendovi stata,
ad avviso dei ricorrenti, una ipotesi di desistenza e con
riferimento agli articoli 62 bis e 133 c.p..
Il ricorso è inammissibile,

ex

articolo 606, comma 30 ,

cod.proc.pen., perché proposto per motivi manifestamente
infondati.
La Corte di appello di Torino ha invero adeguatamente ed
esaustivamente motivato in ordine alle ragioni per cui ha
ritenuto la sussistenza del tentativo e non già di una
ipotesi di desistenza volontaria, citando pertinente
giurisprudenza di questa Corte secondo cui è ravvisabile
il tentativo allorquando l’agente, come nella fattispecie
che ci occupa, interrompa l’azione criminosa perché non
aveva trovato quanto gli interessava.
Quanto

alle

doglianze

concernenti

il

trattamento

sanzionatorio, si rileva che la decisione impugnata
risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che

l’annullamento per mancanza della motivazione e violazione

soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto
concerne la dosimetria della pena. E appena il caso di
considerare che in tema di valutazione dei vari elementi
per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in
ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda
la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di
legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa
Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione
implicita (Cass., Sez.6, 22 settembre 2003 n.227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass.,

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sez.6, 4 agosto 1998, Rv.211583), ma afferma anche che le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art.133 c.p., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero
arbitrio o ragionamenti illogico (Cass., sez.3, 16 giugno

certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la
Corte di appello di Torino chiarito le ragioni in base
alle quali ha ritenuto di confermare la pena inflitta dal
giudice di primo grado, tenuto conto delle modalità della
condotta, della concreta gravità del fatto delittuoso e
della personalità degli imputati.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento, a favore della Cassa delle
ammende, della somma di euro 1.000,00 ciascuno a titolo
di sanzione pecuniaria, trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a
colpa, dei ricorrenti stessi (cfr. Corte Costituzionale
sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).

P Q M

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento
a favore della Cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00 ciascuno.

Così deciso in Roma il 25 settembre 2013

DEPOSITATA.

2004 n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza che

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