Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48613 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48613 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAVALLO ANTONIO N. IL 12/08/1982
avverso la sentenza n. 1191/2008 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 12/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 25/09/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Cavallo Antonio avverso la sentenza
emessa in data 12.1.2012 dalla Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di
Taranto che confermava quella resa in data 18.1.2008 dal Tribunale di TarantoSezione distaccata di Grottaglie con cui, tra l’altro, il predetto era stato condannato
alla pena di mesi nove di reclusione ed C 500,00 di multa per il delitto di furto
pluriaggravato.
Denunzia il vizio motivazionale in relazione al trattamento sanzionatorio

generiche.
Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata ed
aspecifica.
E’ palese la sostanziale aspecificità della censura mossa che han riproposto in questa
sede pedissequamente la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattesa con motivazione ampia e congrua, immune da
vizi ed assolutamente plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Inoltre, si rammenta che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il
massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale
assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli
elementi indicati nell’art. 133 c.p.: tale valutazione, infatti, rientra nella sua
discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per
addivenirvi in concreto (Cass. pen. Sez. II, n. 12749 del 19.3.2008, Rv. 239754).
Quanto alle attenuanti generiche, che non sembra siano state nemmeno richieste in
appello, anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità
del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente al loro rigetto
(Cass. pen. Sez. II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163), sicchè deve ritenersi
implicita nella motivazione inerente la congruità del trattamento sanzionatorio anche
la ritenuta insussistenza degli estremi per il loro riconoscimento.

2

rappresentando che avrebbero potuto essere riconosciute le circostanze attenuanti

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 25.9.2013

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