Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48611 del 05/11/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 48611 Anno 2015
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CITTERIO CARLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PETRACHE IONUT N. IL 21/02/1995
avverso la sentenza n. 31471/2014 TRIBUNALE di MILANO, del
27/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
Data Udienza: 05/11/2015
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ORDINANZA
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Avverso la sentenza di applicazione della pena, deliberata dal
Tribunale di Milano in data 27.4.15, ricorre l’imputato PETRACHE IONUT
lamentando violazione di legge e vizi della motivazione per la mancata
2. Il ricorso è inammissibile, perché il motivo è diverso da quelli
consentiti.
In sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi
dell’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova
e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare
sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (anche
deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della sua
qualificazione giuridica, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per escludere la
ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste. Quanto specificamente al
trattamento sanzionatorio, in sede di patteggiamento tutte le statuizioni non
illegittime, concordate dalle parti e recepite in sentenza, in quanto
manifestazione di un generale potere dispositivo che la legge riconosce con
questo istituto alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse
parti rimesse in discussione con il ricorso per cassazione. Ne consegue che la
parte che abbia prestato il proprio consenso all’applicazione di un determinato
trattamento sanzionatorio non può poi dolersi della successiva ratifica del patto
da parte del giudice, neppure sotto il profilo del difetto o del vizio di motivazione,
in quanto ha implicitamente esonerato quest’ultimo dell’obbligo di rendere conto
dei punti non controversi della decisione
(Sez. 3, sent. 42910 del 29.9 –
11.11.2009), fermo il caso, non ricorrente nella fattispecie, della pena illegale.
L’insussistenza di cause di non punibilità è assorbita
nell’apprezzamento della non ricorrenza delle condizioni per l’applicazione
dell’art. 129 c.p.p..
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1500 alla Cassa delle ammende, equa al caso.
applicazione dell’art. 131-bis c.p..
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1500 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 5.11.2015