Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48586 del 25/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48586 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CHOUCKRI EL ALAM N. IL 01/01/1987
HACHAD ACHRAF N. IL 20/11/1980
avverso la sentenza n. 4994/2009 TRIBUNALE di GENOVA, del
03/11/2009
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 25/09/2013

Osserva
Ricorrono per cassazione, con distinti ma identici atti, Choukri El Alam EijAchad Achraf
avverso la sentenza emessa in data 3.11.2009 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice
monocratico del Tribunale di Genova con la quale veniva applicata a predetti la pena
concordata di mesi cinque e giorni dieci di reclusione per il delitto di cui all’art. 73, 50
e quella di C 80 di ammenda per quello di cui all’art. 6 comma 3 d.lvo n. 286 del
1998, con sostituzione della pena detentiva con quella della libertà controllata per
mesi undici e giorni quattro.

della pena prospettata dalle parti.
I ricorsi sono inammissibili perché proposti per motivo non consentito nella presente
sede ed aspecifico.
Il motivo addotto è palesemente privo del requisito della specificità, consistendo nella
generica esposizione della doglianza, pur con dovizia di citazioni giurisprudenziali,
senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata.
Inoltre, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen.
della sentenza di applicazione della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla delibazione degli
elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta
qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di
bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale
della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi
(che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo
129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere
in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in
particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè
recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la
congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime:
evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.500,00, per ciascuno, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.

2

Entrambi deducono la mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta correttezza

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 25.9.2013

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