Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48560 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48560 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI MESSINA
nei confronti di:
SPADARO VINCENZO N. IL 24/03/1952
TESTA GIUSEPPE N. IL 19/11/1957
LENTINI SALVATORE N. IL 02/06/1975
avverso la sentenza n. 3320/2009 GIP TRIBUNALE di MESSINA, del
14/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
1~-1sentite le conclusioni del PG Dott. 43,4z j k.
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Data Udienza: 02/10/2013

FATTO E DIRITTO

1. Il G.I.P. del Tribunale di Messina, con sentenza del 14/3/2013, all’esito
dell’udienza preliminare dichiarava non luogo a procedere nei confronti di
Spadaro Vincenzo, Testa Giuseppe e Lentini Salvatore, nonché di Manganaro
Agatino, Romeo Carmelo, Pajno Giovanni Battista e Macrì Antonio, i primi tre
medici in servizio presso l’Ospedale Trigona di Noto e gli ultimi quattro presso il
Policlinico Universitario di Messina, tutti imputati di omicidio colposo in danno del

stessa giornata, a Messina, ove decedeva il 27/1/2007.

2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina proponeva
ricorso per cassazione limitatamente alla posizione dei sanitari in servizio presso
l’Ospedale di Noto.

3. In estrema sintesi, per quel che appare utile in questa sede, prima di
prendere in rassegna i motivi dell’articolato ricorso, la vicenda, siccome
ricostruita in sede giudiziaria, si è svolta nei termini di cui appresso.
Il Rocca nella mattinata del 23/1/2007, colto da forti dolori addominali e affetto
da stipsi che si protraeva da più giorni, venne condotto presso il pronto soccorso
dell’Ospedale di Noto. Ivi venne sciolta diagnosi di
dolente

rx addome marezzatura fecale

«costipazione

addome

non aria sub frenica>>. Alle ore

14,00, dopo somministrazione di clistere, veniva registrata evacuazione di
piccole quantità di fecalomi. Peggiorate le condizioni, dopo che il ragazzo aveva
fatto rientro presso la propria abitazione, i di lui genitori prendevano contatto
con il reparto Fibrosi Cistica del Policlinico Universitario di Messina, presso il
quale il minore era seguito (in quanto affetto dalla predetta patologia
polmonare), che alle ore 23,30 dello stesso giorno lo accoglieva in regime di
ricovero. Misurati valori pressori estremamente bassi, effettuate, verso le ore
00,20 del giorno successivo, radiografie del torace e dell’addome, nonché TAC
dell’addome, risultò evidente l’avvenuta perforazione intestinale. Trasferito al
reparto Chirurgia d’Urgenza, veniva sottoposto ad intervento chirurgico alle ore
4,40; rientrato in reparto alle 7,00, nonostante la soddisfacente riuscita
dell’intervento, a causa della grave compromissione pluriorgano, il giorno 27
veniva a morte.
Le valutazioni medico-legali avevano addebitato al medico radiologo Lentini che
la radiografia da lui effettuata non evidenziava la parte apicale delle cupole
diaframmatiche, con la conseguenza che era risultato impossibile escludere la
presenza di gas in sede sub frenica, indice di perforazione intestinale; allo

minorenne Rocca Carmelo Walter, ricoverato a Noto il 23/1/2007 e, indi, nella

Spadaro, medico in servizio presso il reparto, di non avere esaminato le lastre e,
comunque, di non essersi accolto della grave incompletezza delle stesse; al
Testa, medico subentrante allo Spadaro, di aver tenuto condotta
complessivamente negligente, omettendo di procedere alle annotazioni dei dati
clinici.
Il G.I.P. di Messina proscioglieva i sanitari dell’Ospedale di Noto per non essere
rimasto accertato il nesso di causalità: non era stato possibile, secondo quel
giudice, individuare il momento in cui era intervenuta la perforazione, stante che

presentava trattabile e gli esami ematochimici effettuati avevano dato risultati
non significativi.

2.1. Il P.M. di Messina, denunziando violazione di legge e vizio motivazionale
rilevabile in sede di legittimità, assume che il giudice dell’udienza preliminare,
travalicando i limiti dell’art. 425, cod. proc. pen., si era impropriamente
sostituito al giudice del dibattimento, senza tener conto che la natura
procedurale della sentenza di proscioglimento, emessa all’epilogo dell’udienza
preliminare, impone un giudizio meramente prognostico afferente ad un quadro
probatorio suscettibile d’evoluzione in sede dibattimentale. Con la conseguenza
che solo in presenza di una situazione nella quale non sia consentito ipotizzare
mutamenti del detto quadro, inidoneo a fondare giudizio di colpevolezza, se del
caso, anche qualificando diversamente il fatto, può emettersi statuizione di tal
fatta.
L’asserita incertezza sul momento in cui era intervenuta la fatale perforazione
intestinale, poi, era da attribuirsi ad una inadeguata valutazione delle risultanze
peritali: a) la cartella non presentava la descrizione obiettiva della condizione del
paziente; b) l’erroneità dell’indagine radiografica avrebbe dovuto essere colta e
tenuta in conto; c) la decisione di somministrare il “Selg Esse” ed il clistere,
incrementando i fluidi era stata concausa della perforazione; d) al momento del
ricovero a Messina era stata immediatamente riscontrata “facies peritonitica”,
causata da evidente lacerazione, che aveva indotto all’urgente trattamento
chirurgico; e) le anse intestinali si erano presentate all’operatore ricoperte da
abbondante fibrina, indice di una perforazione in atto da tempo.
In definitiva, conclude il ricorrente, l’asserita decisività della mancata
individuazione dell’esatto momento della perforazione non era condivisibile: se
fosse stato compiutamente annotato in cartella il quadro clinico del paziente e se
si fosse ripetuto l’accertamento radiografico o dato corso ad ulteriore
approfondimento diagnostico per immagini i sanitari dell’Ospedale di Noto si
sarebbero resi conto della gravità della situazione.

al momento del primo ricovero, pur in presenza di dolore acuto, l’addome si

3. Nell’interesse dell’imputato Lentini Salvatore veniva depositata memoria
difensiva del 10/9/2013.
In primo luogo il Difensore del predetto imputato invoca declaratoria
d’inammissibilità del ricorso, imperniato su valutazioni di mero fatto.
Nel merito ne chiede il rigetto, sulla base di plurime considerazioni: a) l’asserto
impugnatorio riposava sopra congetture, affermazioni sommarie o, addirittura,
propalazioni provenienti da coimputati (i sanitari messinesi) aventi interessi

accertare l’esatto momento nel quale era avvenuta la perforazione assumeva
importanza decisiva per addebitare causalmente il tragico evento al Lentini; c) a
conclusioni perplesse erano giunti sia i consulenti del P.M., che i periti; d) non
sussistevano le condizioni per esprimere il giudizio di controfattualità, dovendosi,
al contrario, osservare che al momento dell’effettuazione della radiografia
mancavano del tutto le indicazioni semeiotiche che avrebbero potuto indirizzare
per l’intervenuta lesione.

4. Il ricorso è fondato.
Perché all’accusa venga negato il diritto di provare in giudizio la penale
responsabilità dell’imputato il giudice dell’udienza preliminare deve trovarsi in
presenza d’un impianto probatorio che, non solo appaia inidoneo alla concreta
affermazione della pretesa punitiva, ma, quel che più rileva, insuscettivo,
d’immutazioni a sèguito dell’istruttoria dibattimentale.
In altri termini «la sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425, c.p.p., ha
natura prevalentemente processuale, e non di merito; essa non è diretta ad
accertare la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, ma ha essenzialmente lo
scopo di evitare che giungano alla fase del giudizio vicende in relazione alle quali
emerga l’evidente infondatezza dell’accusa, allorché vi sia in atti la prova
dell’innocenza dell’imputato, ovvero l’insufficienza o contraddittorietà degli
elementi probatori acquisiti depongano per un giudizio prognostico circa la loro
inidoneità a sostenere l’accusa in giudizio … [trattasi, in definitiva di] formulare
una diagnosi di sostenibilità dell’accusa, alla stregua del materiale probatorio
raccolto, con specifico riferimento alla tesi che il PM chiede di sostenere in
dibattimento. Solo ove detta tesi si presenti insostenibile ed insuperabile in
dibattimento – in ragione dell’evidente infondatezza della stessa, ovvero per
l’insufficienza o contraddittorietà delle fonti di prova e per la loro inidoneità a
subire concreti sviluppi nella sede dibattimentale, attraverso l’acquisizione di
nuovi elementi probatori ovvero una possibile diversa valutazione del compendio

contrastanti; b) al contrario di quanto affermato dal ricorrente l’impossibilità di

probatorio già acquisito – legittimamente il giudice può emettere sentenza di
proscioglimento dell’imputato» (Cass., IV, 22/9/2011, n. 39271)
Nel caso in discorso ci si trova, appunto, in presenza di un compendio probatorio
non univoco, suscettivo di difforme valutazione da parte del giudice del
dibattimento, specie avuto riguardo a profili che già sin d’ora appaiono essere
stati interpretati dal giudice dell’udienza preliminare, privilegiando una delle due
ricostruzioni. Quadro, che non vi sono ragioni per presagire statico e non
soggetto a sviluppi, attraverso l’istruttoria dibattimentale (escussioni

quanto ritenuto in sentenza, l’equivocità probatoria attuale, specie avuto
riguardo ai plurimi scenari ricostruttivi, fa apparire necessario il vaglio
dibattimentale, sola fase chiamata a giudicare sulla base di acquisizioni non più
implementabili.
La diversificazione della posizione degli imputati, suggerita dal Procuratore
Generale in udienza (annullarsi la sentenza nei soli confronti del Lentini) non è
condivisa dal Collegio, in quanto implicante una ponderazione quantitativa del
merito indiziario, estranea al presente giudizio, il quale è teso esclusivamente
alla verifica del presupposto di cui all’art. 425, comma 3, cod. proc. pen.
Non ignora il Collegio che una recente linea interpretativa elaborata da questa
Corte ha, tuttavia, colto il mutamento d’assetto procurato dagli interventi
riformatori, concludendo che << La situazione è completamente cambiata con la riforma introdotta dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479 (c.d. legge "Carotti"). Invero al G.U.P., ai sensi dell'art. 425, comma 3, è odiernamente consentito disporre il proscioglimento dell'imputato "anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio". Alla luce della riforma oramai non è più sostenibile la tesi che l'udienza preliminare abbia finalità meramente procedurali, bensì può dirsi che essa consenta una vera e propria valutazione di merito dell'accusa, sebbene solo per finalità preliminari e cioè al fine di consentire al giudice di decidere se prosciogliere l'imputato (con una sentenza "stabile" ma non irrevocabile) ovvero rinviarlo a giudizio innanzi al giudice dibattimentale (...). Ne consegue, alla luce di quanto esposto, che il giudice dell'udienza preliminare è odiernamente abilitato a svolgere una valutazione del "merito" dell'accusa. Quanto ai limiti dell'esercizio di tale potere, questa Corte ha già avuto modo di precisare che ".... l'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi probatori devono avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili in giudizio, con la conseguenza che, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in testimoniali, perizia, esami di consulenti). Invero, esattamente all'opposto di giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di non colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento... Di tale che, il giudice dell'udienza preliminare deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato solo in presenza di una situazione di innocenza tale da apparire non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuovi elementi di prova o da una possibile diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito tale per il giudice dell'udienza preliminare non è l'innocenza, bensì.... l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio e la prognosi dell'inutilità del dibattimento...." (cfr. Cass. 4^, 11335/08, Huscer; vedi anche : Cass. Sez. 6, Sentenza n. 33921 del 17/07/2012 Cc. (dep. 06/09/2012), Rv. 253127; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 10849 del 12/01/2012 Cc. (dep. 20/03/2012), Rv. 252280; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43483 del 06/10/2009 Cc. (dep. 13/11/2009), Rv. 245464; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 13163 del 31/01/2008 Cc. (dep. 28/03/2008), Rv. 239597)». Senza necessità d'invocare altro e diverso orientamento, parimenti recente, che conferma, invece, l'impostazione tradizionale (Cass., Sez. IV, n. 41860 del 18/7/2013, in Diritto & Giustizia 2013; massima in DeJure, Giuffrè), non par dubbio che, anche valorizzando l'arricchimento di potere decisorio, il giudice dell'udienza preliminare, solo al cospetto di un quadro probatorio non suscettivo d'implementazioni dibattimentali, deve pronunziare sentenza di proscioglimento nel merito, e ciò (come chiarito dalla citata sentenza n. 41860) anche nel caso in cui, come prevede espressamente l'art. 425 comma 3 c.p.p., gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio: tale disposizione è la conferma che il criterio di valutazione per il giudice dell'udienza preliminare non è l'innocenza, bensì - dunque, pur in presenza di elementi probatori insufficienti o contraddittori (sempre che appaiano destinati, con ragionevole previsione, a rimanere tali nell'eventualità del dibattimento) - l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Testa Giuseppe, Spadaro Vincenzo e Lentini Salvatore, con rinvio al Tribunale di Messina per l'ulteriore COrSO. Così deciso in Roma il 2/10/2013 Il presidente disposizione altro non è, infatti, se non la conferma che il criterio di valutazione

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