Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48553 del 20/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 48553 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LILA REDI N. IL 19/07/1982
avverso la sentenza n. 3676/2012 GIP TRIBUNALE di PADOVA, del
29/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere D tt. GIUSEPPE GRASSO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
ite &’9t OCK4y
:1″3 -1 ■34-.3

(Le r1/40 th-t„,
pkvuocio

af
AE1.4.( ,,,t,~_fr

i

Data Udienza: 20/09/2013

FATTO E DIRITTO

1. Il Tribunale di Padova con sentenza del 29/1/2013, all’esito di richiesta delle
parti ai sensi dell’art. 444, cod. proc. pen., applicò nei confronti Lila Redi,
imputato di violazione dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990, la pena concordata
dalle parti medesime, esclusa la contestata aggravante di cui all’art. 80 d.P.R.
cit., riconosciute le attenuanti generiche ed operata la riduzione del rito.

duplice censura.

3. Con il primo motivo il ricorrente denunzia vizio motivazionale, poiché, secondo
l’assunto impugnatorio, il Tribunale aveva lapidariamente affermato la non
sussistenza di una delle ipotesi previste dall’art. 129, cod. proc. pen., mancando
di prendere in effettiva considerazione la decisiva circostanza che il Lila era
chiamato a rispondere dell’imputazione insieme a un coimputato, la cui posizione
era stata stralciata, e, di conseguenza, la rilevata flagranza e il vaglio
dell’elemento psicologico non avrebbero potuto prescindere da una verifica dello
specifico addebito che si intendeva muovere al Lila.

3.1. Con il secondo motivo l’impugnante muove ulteriore critica all’ordito
motivazionale con specifico riferimento alla disposta confisca di oggetti diversi
dalla sostanza stupefacente (telefoni cellulari, p.c. e somma di denaro).
Trattavasi di cose liberamente disponibili delle quali non era stata in alcun modo
motivata la dipendenza dal contestato reato.

4. Il primo motivo è destituito di giuridico fondamento.
Richiamandosi la ferma giurisprudenza di questa Corte, devesi affermare che
fatta eccezione dell’ipotesi di pena illegale – ipotesi che nella fattispecie non
ricorre – l’accordo raggiunto tra le parti e recepito dal giudice nella conseguente
sentenza, ex art.444 c.p.p. preclude alle parti stesse, nonché al PG, la
proposizione, nella successiva sede dell’impugnazione, di eccezioni o censure
attinenti al merito delle valutazioni, sottese al consenso prestato dalle parti
medesime (giurisprudenza di legittimità consolidata: Cass. Sez. 4 Sent. n. 20165
del 29/04/04, rv 228567; Cass. Sez. 4 Sent. n. 3946 del 30/03/98, rv 210639;
Cass. Sez. 1 Sent. n. 6898 del 24/01/97, rv 206642; Cass. Sez. 4 Sent. n. 8060
del 20/08/96, rv 205835; Sez. III, 3/5/2011, n. 23804).
Condivisibilmente si è, di recente (Cass., Sez. IV, n. 27733 del 18/11/20111;
nello stesso senso, Cass., Sez. Fer., n. 32078 del 12/8/2010) chiarito che nel

2. Avverso la sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, prospettando

procedimento di applicazione della pena su richiesta (art. 444 e ss. c.p.p.), le
parti (anche quella pubblica) non possono prospettare con il ricorso per
cassazione questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento, in
particolare afferenti le prove risultanti dagli atti del procedimento nonché la
qualificazione giuridica del fatto risultante dalla contestazione, in quanto l’accusa
come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione. Ne
consegue che, una volta pronunciata la sentenza che ha recepito l’accordo, sul
quale il giudice ha preventivamente esercitato il suo potere di controllo, le parti

censure con riferimento all’applicazione delle circostanze e alla entità della pena,
che non sia illegale. Né tale doglianza può essere formulata prospettando il
difetto di motivazione, in quanto, con l’accordo intervenuto tra loro, le parti
hanno implicitamente esonerato il giudice dell’obbligo di rendere conto (almeno
“inter partes”) dei punti non controversi della decisione, non potendosi
pretendere l’esposizione dei motivi di un convincimento che le parti stesse hanno
già fatto proprio.
Né, una volta che il giudice abbia dato mostra di aver preso in esame la
condizione negativa di cui all’art. 129, cod. proc. pen. (peraltro, nel caso in
esame con adeguata e specifica motivazione, rinviante alle modalità
dell’accertamento particolarmente qualificate – flagranza – e all’esame chimico
della sostanza sequestrata nell’occorso), può essere ammessa censura sul punto.
Pur vero che questa Corte ha anche affermato che il procedimento di
applicazione della pena su richiesta non impedisce l’azionabilità del ricorso per
cassazione quando il vizio di violazione di legge attenga alla qualificazione
giuridica del fatto (S.U., n. 5 del 19/1/2000; conformi, Cass. 1341/2000;
2083/2000; 39526/2006). Tuttavia, ove il giudice abbia effettuato la verifica
delibativa che la legge gli assegna non è più consentito alle parti e allo stesso
P.G. di dolersi della qualificazione, dell’individuazione delle circostanze, del
bilanciamento e del computo della pena, in quanto si tratterebbe di doglianze
inammissibili perché dirette a ricostruire i fatti, sul punto, in modo diverso da
quanto concordato.

5. Fondato è da ritenere il secondo motivo.
Così come evidenziato dal ricorrente la confisca dei beni diversi dalla sostanza
stupefacente (per la quale il provvedimento è obbligatorio) è scevra da
qualsivoglia motivazione. S’impone, pertanto, l’annullamento della statuizione
impugnata limitatamente alla confisca dei beni di cui detto, con rinvio al
Tribunale di Padova per l’ulteriore corso, stante che

«in tema di

patteggiamento, a seguito della modifica introdotta dalla L. 12 giugno 2003, n.

(anche quella pubblica) non possono più prospettare questioni e sollevare

134, l’estensione dell’applicabilità della misura di sicurezza della confisca a tutte
le ipotesi previste dall’art. 240 cod. pen., e non più solo a quelle previste dal
secondo comma di tale disposizione quali ipotesi di confisca obbligatoria, non
esime il giudice dal dovere di motivare le ragioni per le quali ritiene di dover
disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro, ovvero, in subordine,
su quelle per cui non ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in
ordine alla provenienza del denaro e dei beni confiscati»

(Cass. Sez. VI,

20/11/2008, n. 2703; in senso conforme: Cass. Sez. VI, 30/10/2008; Sez. IV,

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del personal
computer, dei telefoni cellulari e del danaro sequestrati e rinvia sul punto
indicato al Tribunale di Padova. Rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma il 20/9/2013
Il Con

tensore

Il Presidente

26/10/2010, n. 41560; Sez. II, 15/5/2012, n. 33258).

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA