Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48544 del 09/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48544 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1.

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI
ANCONA
2. BUONAVOGLIA ALDO N. IL 28.04.1947
Avverso la sentenza del GIP presso il TRIBUNALE di ASCOLI PICENO del 08/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, viste le
conclusioni del PG in persona del dott. Gioacchino Izzo che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso proposto da Buonavoglia Aldo e l’accoglimento del ricorso proposto
dal PG di Ancona
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza ex art. 444 c.p.p. il GIP presso il Tribunale di Ascoli Piceno applicava
a Buonavoglia Aldo la pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed C 11.000,00 di
multa. Questi era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 73
comma 1 d.P.R. n. 309/1990 perché, a fini diversi dall’uso personale, deteneva gr.
393,15 di sostanza stupefacente tipo cocaina confezionata in tre distinti involucri.
2. Avverso tale decisione proponevano ricorso il Procuratore Generale della Repubblica
presso la Corte d’appello di Ancona ed il Buonavoglia.
Il PG lamentava ai sensi dell’art. 606 1 comma lett. b) c.p.p l’inosservanza o erronea
applicazione della legge penale quanto alla applicata pena pecuniaria.
Il Buonavoglia deduceva la violazione e l’omessa applicazione dell’art. 125, 2 comma
c.p.p. e 111 comma 6 della costituzione in relazione all’art. 606 1 comma lett. e) c.p.p.
e la violazione dell’art. 606 1 comma lett. c) c.p.p. in relazione all’art. 178 comma 1
lett. c) c. p. p.

Data Udienza: 09/07/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Con il primo motivo il Buonavoglia deduce carenza di motivazione della impugnata
sentenza in ordine all’insussistenza di una delle “cause di non punibilità” di cui all’articolo
129 c.p.p. Il motivo è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto
per motivo manifestamente infondato e, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p.,
perché il motivo è privo del requisito della specificità, consistendo nella generica
esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione
impugnata. Va peraltro osservato che nel procedimento di applicazione della pena su
richiesta delle parti, infatti, le parti
non possono prospettare con il ricorso per
cassazione questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento, in particolare
afferenti le prove risultanti dagli atti del procedimento nonché la qualificazione giuridica
del fatto risultante dalla contestazione, in quanto l’accusa come giuridicamente
qualificata non può essere rimessa in discussione. Cosicchè, in questa prospettiva,
l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice affermazione dell’effettuata
verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti e
dell’effettuato controllo degli elementi di cui all’articolo 129 c.p.p. conformemente ai
criteri di legge.
4. A non diverse conclusioni deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo di
doglianza. Ed invero sempre con riferimento allo speciale rito nel quale la sentenza
impugnata è stata pronunciata, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha più volte
affermato il principio secondo il quale l’applicazione concordata della pena postula la
rinunzia a far valere eccezioni di nullità, precisandosi, in alcune pronunce, che deve
ritenersi esclusa la deducibilità delle nullità degli atti che siano stati assunti in
precedenza rispetto alla richiesta di patteggiamento (Sez. VI, 6 aprile 1999, n. 6616,
Rocco, Rv. 214746; Sez. I, 26 maggio 1997, n. 6520, Versace, Rv. 208056; Sez. VI, 3
aprile 1991, n. 9838, Pelella, riv. 188408), ed in altre, più numerose, che,
indipendentemente dal momento in cui la nullità si sarebbe verificata, la richiesta di
pena concordata comporta la rinuncia a far valere le nullità che non inficiano la richiesta
di patteggiamento ed il consenso ad esso prestato (Sez. VI, 25 giugno 2003 n. 32391,
Simone, Rv. 226508; Sez. VI, 5 dicembre 2002 n. 6945, Tornatore, Rv. 223523; Sez.
VI, 24 marzo 2000, n. 1445, Procopio, Rv. 216318; Sez. V, 29 dicembre 1998 – 1 aprile
1999, n. 7262, Ben Hamidi, Rv. 212924; Sez. VI, 3 dicembre 1996 – 17 gennaio 1997,
n. 279, Tamburello, Rv. 206690; Sez. VI, 25 maggio 1994, n. 10102, Mancini, Rv.
199558; Sez. III, 22 ottobre 1993, n. 11596, Giglione, riv. 196931; Sez. I, 22 marzo
1993, n. 1216, Pezzurro, Rv. 193940; Sez. VI, 26 maggio 1992, n. 7903, Cogo, Rv.
191093). Non mancano, inoltre, affermazioni giurisprudenziali, secondo le quali il
suddetto principio deve applicarsi solo alle nullità diverse da quelle assolute ed insanabili
(Sez. V, 23 giugno 1998, n. 4129, Cieri, Rv. 211510), osservandosi, in particolare che,
se il c.d. patteggiamento costituisce impegno ad accettare ed eseguire la sanzione
concordata con il pubblico ministero e ritenuta equa dal giudice, con rinuncia ad ogni
questione od obiezione di qualsiasi natura, con la conseguenza che non è possibile
proporre al giudice dell’impugnazione eccezioni che sono state superate dall’applicazione
della pena richiesta, ne’ devolvere allo stesso il potere di conoscerne.
5. Appare invece fondato il ricorso del Procuratore Generale: il reato di cui all’art. 73 d.P.R,
n. 309/1990 è infatti punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da C
26.000,00 ad C 260.000,00. La sentenza impugnata, nel ratificare l’accordo delle parti,
quanto alla pena pecuniaria è partito invece da una pena pecuniaria di C 21.000,00,
inferiore per difetto al minimo edittale, pervenendo alla finale irrogazione di C 11.000,00
di multa, risultato a cui non si poteva in alcun modo pervenire anche computando le
diminuenti nella misura massima possibile. La illegalità della pena implica l’esclusione
della validità dell’accordo concluso fra le parti del processo e ratificato dal giudice.
L’annullamento peraltro deve avvenire senza rinvio in quanto le parti del processo
potranno o meno rinegoziare l’accordo su altre basi e nel caso contrario – se ad es., con
riguardo al caso in esame, l’imputato non ritenesse di patteggiare data la maggiore
entità della sanzione pecuniaria – il procedimento dovrà proseguire con il rito ordinario.
Questa conclusione, rigorosamente rispettosa della volontà negoziale delle parti,
(conforme a Cass., Sez. 5, n. 1411 del 2007 ed alla prevalente giurisprudenza di questa
Corte Suprema) si fa preferire a quella di un indirizzo minoritario di questa stessa Corte

..

6.

Ne consegue, con riferimento al ricorso del Procuratore Generale che deve adottarsi
da
dispositivo.
dell’art.
620
c.p.p.
come
sensi
pronunzia
ai
Va pertanto disposto l’annullamento della sentenza senza rinvio al Tribunale di Ascoli
Piceno.

7.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso del Buonavoglia consegue, a norma
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma, che si ritiene equo liquidare in C 1500,00, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso di Buonavoglia Aldo e lo condanna al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della cassa delle ammende; in
accoglimento del ricorso del PG annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone
trasmettersi gli atti al Tribunale di Ascoli

Così deciso nella camera di consiglio del 9 luglio 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

che opta invece per la possibilità della rettificazione della sentenza ex art. 619 c.p.p.,
comma 2 ed a quella di altro indirizzo che è nel senso dell’annullamento con rinvio
(Cass., Sez. 3, 14 giugno 2007, n. 34302, P.G. in proc. Catuogno, Rv. 237124).

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