Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48539 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48539 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Centorame Antonello n. il 9.10.1986
avverso la sentenza n. 1019/2012 pronunciata dalla Corte d’appello di
Bologna il 19.7.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 7.11.2013 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. A. Policastro, che
ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena;
rigetto del resto;
udito, per l’imputato, l’avv.to. B. Scaramazza, del foro di Roma, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 07/11/2013

Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 19.7.2012, la corte d’appello di
Bologna — disposta la correzione dell’errore materiale contenuto nel
dispositivo della sentenza di primo grado in relazione alla determinazione della pena ivi indicata – ha confermato la sentenza in data
21.4.2010 con la quale il tribunale di Rimini ha condannato Antonello
Centorame alla pena di cinque mesi di arresto ed euro 3.000,00 di
ammenda (pena sostituita, secondo la correzione apportata dalla corte d’appello, in quella di euro 8.700,00 di ammenda), oltre alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di
guida per la durata di un anno, in relazione al reato di guida in stato
di ebbrezza alcolica (tasso alcolemico pari a 2,69 g/1 e 2,64 g/1) commesso in Riccione il 11.9.2008.
Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato censurando: i) l’omessa motivazione circa la mancata concessione della sospensione condizionale della pena e circa la
mancata sostituzione della pena con la misura del lavoro di pubblica
utilità, ritualmente e tempestivamente invocate dall’imputato; 2) la
violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’avvenuta
correzione del dispositivo della sentenza di primo grado, con il conseguente aggravamento della sanzione imposta a carico dell’imputato, in mancanza di alcuna impugnazione del pubblico ministero, e in
mancanza della rituale fissazione di un’apposita udienza in camera di
consiglio, unitamente alla convocazione di tutte le parti, per la pronuncia della correzione disposta.
Considerato in diritto
2.1. – Devono essere preliminarmente disattese le argomentazioni illustrate dal ricorrente con riguardo al procedimento di correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza di
primo grado, avendo la corte d’appello ritualmente proceduto a detta
correzione senza alcun pregiudizio per le ragioni dell’imputato, non
avendo la corte in alcun modo disposto l’aggravamento della sanzione inflitta al Centorame, bensì il mero adeguamento materiale del
dettato del dispositivo emesso dal tribunale di Rimini al chiaro e inequivoco contenuto della motivazione, nella parte in cui, dopo aver
stabilito la pena in quella di cinque mesi di arresto ed euro 3.000,00
di ammenda (come peraltro espressamente indicato nello stesso di-

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spositivo della sentenza di primo grado), ne ha disposto la sostituzione con la corrispondente sanzione pecuniaria pari a complessivi euro
8.700,00 di ammenda (e non con quella inverosimile pari a complessivi euro 1.050,00).
2.2. –

Devono ritenersi viceversa fondati i restanti motivi di ri-

Occorre rilevare, al riguardo, come la corte d’appello abbia del
tutto omesso di dettare alcuna motivazione con riguardo al diniego
del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendo il
giudice a quo espressamente dato atto della relativa richiesta avanzata dalla difesa con lo stesso atto d’appello (v. pag. i della sentenza
d’appello), senza tuttavia indicare alcuna giustificazione a fondamento del (implicito) rigetto della stessa.
Allo stesso modo, deve ritenersi fondato il motivo di ricorso riferito alla possibilità, non esercitata dal giudice d’appello, di valutare,
a fronte dell’espressa richiesta dell’imputato (cfr. le conclusioni della
difesa trascritte nella stessa sentenza d’appello), la sostituibilità della
pena inflitta con la misura del lavoro di pubblica utilità, trattandosi,
infatti, di un incombente imposto dalla legge più favorevole al reo già
in vigore al momento della pronuncia della sentenza.
Al riguardo, questa stessa corte ha già avuto modo di affermare come, in tema di successione di leggi penali nel tempo, l’art. 2,
comma 3, c.p., facendo riferimento alla ‘disciplina più favorevole’, intende riferirsi a quella che in concreto — ossia proprio in relazione
all’ipotesi in giudizio — venga a risultare, complessivamente, più favorevole per il giudicabile (Cass., Sez. 6, n. 394/1990, Rv. 186207), e
che l’individuazione, tra una pluralità di disposizioni succedutesi nel
tempo, di quella più favorevole al reo, va eseguita non in astratto, sulla base della loro mera comparazione, bensì in concreto, mediante il
confronto dei risultati che deriverebbero dall’effettiva applicazione di
ciascuna di esse alla fattispecie sottoposta all’esame del giudice
(Cass., Sez. i, n. 40915/2003, Rv. 226475 ed altre conformi).
Nel caso di specie, occorre considerare come con la sopravvenuta legge n. 120/2010, mentre da un lato è stato introdotto il comma 9-bis dell’art. 186 c.d.s. (che prevede la pena sostitutiva del lavoro
di pubblica utilità, con l’aggiunta, in caso di esito positivo, dell’estinzione del reato, della riduzione alla metà della sanzione della sospen-

corso.

sione della patente e della revoca della confisca del veicolo sequestrato), dall’altro, è stata inasprita la pena detentiva prevista (dal previgente art. 4 d.l. n. 92/2008) per il reato di cui al comma 2 lett. c) della medesima norma.
Sulla base di tali elementi di valutazione, non può invero negarsi che, nel complesso, la nuova disposizione, alla luce dei tanti
vantaggi introdotti a fronte dell’avvenuto inasprimento della sanzione, là dove sia intervenuta la specifica scelta dell’imputato (ovvero la
sua mancata opposizione), divenga per quest’ultimo oggettivamente e
in concreto più favorevole rispetto a quella previgente, benché la pena-base di partenza debba comunque essere commisurata alle previsioni della nuova formulazione dell’art. 186 c.d.s., non potendo certamente realizzarsi (pena la violazione del principio di legalità) la
combinazione di frammenti normativi di leggi diverse secondo il criterio del favor rei, con la creazione e applicazione di una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore (cfr.
Cass., Sez. 6, n. 36757/2004, Rv. 229687).
Sotto altro profilo, un eventuale diniego dell’invocata sostituzione fondato sulle possibili conseguenze derivanti dalla violazione
degli obblighi imposti in caso di concessione del beneficio sarebbe
motivato in forza di un ragionamento meramente ipotetico, che, per
escludere la natura più favorevole della nuova disposizione, prefigura
il caso della violazione delle prescrizioni con reviviscenza in sede esecutiva di una pena ben maggiore di quella prevista dalla normativa
previgente: questione, su cui il ricorrente – che ha espressamente invocato l’applicazione del beneficio della sostituzione – non ha palesato alcuna particolare riserva (cfr., sul punto, Cass., Sez. 4, n.
11198/2012, Rv. 252170).
Nel caso di specie, peraltro, la disposta negazione della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità motivata con la
mancata specificazione del percorso riabilitativo, “della relativa documentazione secondo programmi e con l’ausilio di un ente” (cfr.
pag. 4 della sentenza d’appello), appare in evidente contrasto con il
principio più volte sancito da questa corte di legittimità, ai sensi del
quale l’imputato che abbia presentato la richiesta di sostituzione della
pena con il lavoro di pubblica utilità non ha l’onere di individuare
specificamente le modalità di espiazione della pena attraverso la presentazione di un progetto di svolgimento del predet-

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to lavoro sostitutivo, potendo egli rimettere al giudice l’individuazione del tipo di lavoro di pubblica utilità (Cass., Sez. 4, n. 15563/2013,
Rv. 255524Cass., Sez. 4, n. 37997/2012, Rv. 254370; Cass., Sez. 4, n.
12926/2012, Rv. 255523).
Di tutte le considerazioni sin qui esposte dovrà farsi carico il
giudice del rinvio nell’esaminare la richiesta di sostituzione avanzata
dall’odierno imputato.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, annulla la sentenza impugnata limitatamente ai punti concernenti la mancata concessione della sospensione condizionale della pena e la mancata sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità e rinvia su tali punti alla Corte
d’appello di Bologna.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.11.2013.

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