Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48527 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48527 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELLEZZA FRANCESCO N. IL 12/09/1956
avverso la sentenza n. 7883/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4,4 Del■—=
che ha concluso per
A.d) VCA10

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Udito, per la pa
Uditi dife

Avv.

ivile, l’Avv

Data Udienza: 02/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 14/4/2008, dichiarata la
penale responsabilità di Bellezza Francesco per avere, per colpa medica
causato lesioni personali (artt. 590 e 583, cod. pen.) a Marinello Anna Maria,
sulla quale l’imputato, medico specialista in chirurgia estetica, aveva praticato

concesse le attenuanti generiche con criterio di equivalenza alla contestata
aggravante, alla pena di mesi tre di reclusione; nonché al risarcimento del
danno e alla prestazione di una provvisionale.

1.1. La Corte d’appello di Roma, investita della cognizione
impugnatoria dall’appello proposto dall’imputato, con sentenza 12/6/2012,
esclusa la contestata aggravante, ridusse la pena a mesi due di reclusione,
revocò, inoltre, la liquidazione del risarcimento del danno, rimettendone la
misura al giudice civile, implementando, allo stesso tempo, l’entità della
provvisionale. Nel restò la statuizione di primo grado venne confermata.

2. L’imputato propone ricorso per cassazione corredato da unitaria
censura denunziante vizio motivazionale in questa sede rilevabile in ordine al
trattamento sanzionatorio e violazione dell’art. 597, cod. proc. pen.
Questa, in sintesi, la prospettazione difensiva. La Corte romana in
conseguenza dell’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 583, cod. pen.,
aveva proceduto a rideterminare la pena, riducendola di un mese di
reclusione. Tuttavia, di poi, in violazione dell’art. 597, cod. proc. pen., non
aveva fatto luogo ad ulteriore riduzione in virtù delle attenuanti generiche, già
concesse in primo grado.
Né la Corte territoriale aveva fornito apprezzabile giustificazione della
scelta, apparsa del tutto arbitraria, essendosi limitata a sottolineare la
congruità della pena in relazione al disvalore del fatto, dimenticando che il
profilo del danno aveva formato oggetto di autonoma valutazione civilistica e
che la stessa persona offesa aveva riconosciuto la pronta disponibilità del
professionista ad emendarlo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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un intervento al seno di “mastopessi secondarie”, condannò il medesimo,

3. Va osservato che dopo la sentenza di secondo grado è venuto a
maturare il termine massimo prescrizionale previsto dalla legge per il reato
contestato in relazione ad un quadro impugnatorio che, non apparendo
inammissibile, ha efficacemente mantenuto la pendenza processuale.
Il fatto risale al 15/3/2005 e, pertanto, secondo il testo del comb. disp. degli
artt. 157 e 160, cod. pen. (ante riforma ex I. 7/12/2005, n. 285), tenuto
conto del reato ritenuto in sentenza (delitto per il quale la legge stabilisce la
pena della reclusione inferiore a cinque anni), allo scadere del 15/9/2012,

dibattimentale al 10/1/2013, si è compiuto il termine massimo previsto dalle
norme citate.

4. La delibazione del motivo sopra preso in rassegna fa
escludere l’emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole
convincimento dell’evidente innocenza dell’imputato, il quale si è limitato a
contestare il trattamento penale.
Nella giurisprudenza di questa Suprema Corte netta è la distinzione tra
l’effetto preclusivo derivante dall’impugnazione, il quale sedimenta in
giudicato sul singolo capo (ciascuna decisione messa relativamente ad uno dei
reati ascritti) solo allorquando resti esaurita ogni vertenza concernente i
singoli punti di quel capo (art. 597, cod. proc. pen.) – S.U. n. 1 del 19/1/2000
– e il giudicato preclusivo a formazione progressiva, al quale dà vita la norma
speciale di cui all’art. 624, cod. proc. pen., la quale, appunto, dispone che
<> (S.U., 26/3/1997, n. 4904;
19/1/1994, Cellerini ed altro; 11/5/1993, Ligresti ed altro; 23/11/1990,
Agnese ed altro; Sez. II, 29/10/1998, n. 11544, Rv. 211905; Sez. VI,
2/4/1998, n. 5578, Rv. 210612).
Di conseguenza, escluso l’insorgere d’effetto preclusivo con la sentenza
d’appello, deve tenersi conto del maturarsi di fenomeni estintivi, quale quello
della prescrizione.
In tema di declaratoria di cause di non punibilità nel merito in concorso
con cause estintive del reato, il concetto di «evidenza» dell’innocenza
dell’imputato o dell’indagato presuppone la manifestazione di una verità
processuale chiara, palese ed oggettiva, tale da consistere in un quid pluris
rispetto agli elementi probatori richiesti in caso di assoluzione con formula
ampia (Cass. 19/7/2011, n. 36064).
Il giudice può pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129 c.p.p.
quando le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la
2

ulteriormente prorogato da sospensioni maturate durante la trattazione

commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale
emergano dagli atti in modo assolutamente incontestabile (Cass. 14/11/2012,
n. 48642).
Invero, nel caso di specie, restando al vaglio previsto dal comma 2
dell’art. 129, cod. proc. pen., la certa dipendenza delle lesioni dall’improvvido
intervento chirurgico e l’assenza di elementi univoci dai quali trarsi, senza
necessità di approfondimento critico, il convincimento d’innocenza dello
imputato, impone l’anticipato epilogo.

reato contestato estinto per prescrizione.

5. Le statuizioni civili, non interessate dal ricorso (che, come si è
visto, non pone in discussione l’affermazione di colpevolezza penale e di
responsabilità civile), restano impregiudicate.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.

Così deciso in Roma il 2/10/2013.

Va disposto, pertanto, annullamento della sentenza impugnata essendo il

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