Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48521 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48521 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MALANGA ETTORE N. IL 27/11/1972
avverso la sentenza n. 17/2006 CORTE APPELLO di SALERNO, del
05/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Gerwrale in persona del Dott. (0,/es
che ha concluso per W
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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C.17-2-„z70

Data Udienza: 02/10/2013

-

RITENUTO IN FATTO
1. Il GUP del Tribunale di Salerno, con sentenza del 20/7/2005,

giudicato Malanga Ettore colpevole dei reati di cui all’art. 73, d.P.R. n.
309/1990 e 81, cod. pen. al medesimo contestati, per avere illecitamente
detenuto sostanza stupefacente del tipo cocaina e cannabis sativa,
riconosciute l’attenuante di cui al comma 5 del cit. art. 73 e quella di cui
all’art. 62bis, cod. pen. ed effettuata, infine, la riduzione del rito, condannò il
medesimo alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed €. 6.000,00 di
multa.

1.1. La Corte d’appello di Salerno, alla quale l’imputato si era
rivolto, con sentenza del 5/10/2012, confermò la decisione di primo grado.

2. Avverso quest’ultima determinazione il Malanga propone ricorso
per cassazione corredato da plurime censure.

3. Con il primo motivo, sviluppato nei primi tre paragrafi dell’atto
impugnatorio, il ricorrente denunzia violazione di legge per avere la Corte
territoriale disatteso, con ordinanza emessa in udienza e richiamata nel corpo
della sentenza, istanza avanzata dalla Difesa volta ad ottenere differimento
della trattazione, a cagione di legittimo impedimento derivante da altro
impegno professionale. Secondo la prospettazione impugnatoria la Corte
aveva violato l’art. 420ter, cod. proc. pen., non avendo tenuto conto che
l’impegno professionale addotto come impediente doveva considerarsi
preminente.

3.1. Con il secondo motivo viene dedotta violazione di legge per
essere stata acquisita dal G.U.P., al di fuori del rito legale, sentenza
concernente l’originario coimputato Gaudiosi Bruno.

3.2. Con gli ultimi due motivi il Malanga prospetta violazione di legge
e vizio motivazionale in questa sede censurabile per non essere stata
riconosciuta sussistere l’ipotesi della destinazione dello stupefacente ad
esclusivo uso personale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il primo motivo, così come prospettato, non coglie nel segno.

1

I

Anche a volere aderire, per ragioni di comodità argomentativa,
all’opinione del ricorrente, secondo la quale il giudizio d’appello, esitato nella
sentenza oggetto del ricorso, pur svolgentesi nella forma camerale (artt. 433
e 599, cod. proc. pen.), che non prevede il differimento della trattazione per
impedimento del difensore, avrebbe dovuto cedere all’indifferibilità e
preminenza dell’impegno addotto come impediente, in quanto solo per
quest’ultimo la presenza del difensore era prevista come eventuale e non
necessaria, e, quindi, in caso d’assenza del medesimo le garanzie

difensore d’ufficio (sul punto è bene, tuttavia, ricordare che le Sezioni Unite di
questa Corte suprema, con sentenza n. 31461 del 27/6/2006 hanno chiarito
che, esclusa l’eccezione espressa di cui all’art. 420, cod. proc. pen., il
legittimo impedimento del difensore non costituisce causa di rinvio dei
procedimenti camerali), il motivo difetta di specificità.
Il ricorrente, in vero, non ha specificatamente ed espressamente
censurato la motivazione della Corte d’appello, la quale ha ritenuto non essere
stata allegata adeguata giustificazione in ordine alla preminenza dell’impegno
addotto come impediente. In altri termini, oggi il ricorrente assume che
quell’impegno era preminente per la ragione sopra sintetizzata; ma,
allorquando chiese il differimento non allegò alcuna convincente ad
apprezzabile spiegazione sul punto. Né oggi deduce e dimostra
(autosufficienza) che quella primigenia allegazione ci sia stata e la Corte
territoriale ne abbia ingiustamente omesso l’esame.

5. Il secondo motivo è inammissibile per manifesta irrilevanza.
Non consta, come osservato dalla Corte di Salerno che il Tribunale abbia
disposto la contestata acquisizione e, in ogni caso, la sentenza a carico del
coimputato non ha in alcun modo costituito materiale per la decisione
concernente il Malanga.

6. Gli ultimi due motivi propongono, in definitiva, una diversa valutazione
dei fatti rispetto a quella della Corte territoriale.
Ovviamente, in questa sede non sarebbe consentito sostituire la
motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento
alternativo apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di

2

dell’indagato/imputato non avrebbero trovato tutela nella nomina di un

apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il

giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.
Poiché nel costrutto motivazionale della sentenza gravata non si
rinvengono illogicità manifesta o contraddizione, ma, al contrario esaustiva
coerenza e plausibilità (irrilevanza della pretesa agiatezza familiare
dell’imputato, entità ponderale, pluralità di sostanze, possesso di strumenti
utilizzati per il confezionamento in dosi, la suddivisione in dosi) le riportate
censure non possono che essere disattese.

7. L’epilogo di rigetto impone condannarsi il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 2/10/2013.

cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione

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