Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48512 del 09/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48512 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
LONGO ROBERTO (PARTE CIVILE) N. IL 01.08.1975
Nei confronti di :
CRISTALDI SALVATORE N. IL 26.10.1966
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI CATANIA del 25/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona del dott. Roberto Aniello che ha chiesto l’annullamento con
rinvio al giudice penale
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 25 settembre 2012 la Corte d’appello di Catania dichiarava
inammissibile l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso la sentenza emessa il 24
febbraio 2010 dal Tribunale di Catania, sezione distaccata di Macaluscia nei confronti di
Cristaldi Salvatore e rigettava l’appello proposto dalla parte civile.
Il Cristaldi era stato tratto a giudizio per rispondere, in concorso con Ragusa Giuseppe
Filippo Salvatore per cui si era proceduto separatamente- di lesioni colpose aggravate dalla
violazione di norme antinfortunistiche in danno di Longo Roberto – suo dipendente- che si
infortunava cadendo da un’altezza di quattro metri dall’interno di un’apertura praticata nel
solaio del piano sottotetto, durante i lavori di ristrutturazione di un’abitazione.
Il giudice di primo grado aveva assolto il Cristaldi perché il fatto non sussiste, ritenendo che
all’esito della istruttoria dibattimentale non si era raggiunta la certezza della qualifica di
imprenditore edile dell’odierno imputato, la cui esistenza deve essere ritenuta
indispensabile per ritenerlo responsabile delle condotte contestate.
2. Avverso tale decisione proponeva appello la costituita parte civile Longo Roberto. Il
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania proponeva parimenti appello
richiamando per intero i motivi illustrati dalla parte civile, condividendone il contenuto sia in

Data Udienza: 09/07/2013

punto di fatto sia in punto di diritto e, considerandoli parte integrante del proprio atto di
appello, chiedeva affermarsi la penale responsabilità del Cristaldi.
Con la impugnata sentenza la Corte distrettuale ha ritenuto inammissibile l’impugnazione
proposta dalla parte pubblica limitandosi quest’ultima ad un nudo rinvio alla motivazione
formulata dalla parte civile, rigettando poi l’appello della parte civile, sulla scorta delle
superiori considerazioni.
3. Avverso tale decisione propone ricorso la parte civile lamentando la violazione dell’art. 606
comma 1 lett. b) in relazione all’art. 573 c.p.p., l’inosservanza od erronea applicazione
della norma penale che prevede la trattazione e la decisione dell’appello ai soli effetti civili
nonché la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) in relazione all’art. 573 e 597 c.p.p. e
l’assoluta mancanza di motivazione in relazione ai motivi di appello ai soli effetti civili
devoluti alla cognizione della Corte.
4. La difesa del Cristaldi depositava note difensive chiedendo la declaratoria di inammissibilità
del gravame per difetto di procura o comunque il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto da Longo
Roberto, essendo l’avvocato Di Stefano munito di idonea procura. Sul punto infatti questa
Corte ha precisato (cfr. SS.UU., 27 ottobre 2004, n. 44712, P.C. in proc. Mazzarella, Rv.
229179) che la presunzione di efficacia della procura “per un solo grado di processo”,
stabilita dall’art. 100 comma 3 c.p.p. può essere vinta dalla manifestazione di volontà della
parte, desumibile dalla interpretazione del mandato. Nella specie la procura risulta essere
stata conferita al fine di rappresentare e difendere il Longo “in ogni stato e grado del
processo”.
Nel merito il ricorso è fondato. Nel caso di specie,infatti, la Corte distrettuale non ha
effettuato alcuna cognizione dell’appello della parte civile, erroneamente rigettandolo, come
automatica conseguenza della declaratoria di inammissibilità dell’appello del Procuratore
della Repubblica. La sentenza impugnata è incorsa pertanto in violazione di legge,
effettuando omessa pronuncia rispetto all’azione della parte civile e, correlativamente, alla
difesa contro detta azione instaurata dall’imputato, il quale in tal caso ha ovviamente
interesse all’accertamento negativo (cfr. per ipotesi di estinzione di reato in grado
successivo a quello di condanna, nel senso della persistenza dell’obbligo del giudice penale
di valutare i capi civili della sentenza senza rimettere in toto al giudice civile, Cass. sez. 5,
15 luglio 2001 n. 42135 e Cass. sez. 6, 25 novembre 2009-26 gennaio 2010 n. 3284). La
sentenza impugnata va pertanto annullata limitatamente alla dichiarazione di rigetto
dell’appello proposto dalla parte civile. Contrariamente a quanto richiesto dal Procuratore
Generale in udienza il rinvio deve essere comunque operato al giudice penale (da
individuarsi in altra sezione della Corte d’appello di Catania). Non ricorrono, infatti, le
condizioni per il rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello ex art. 622
cod. proc. pen.(cfr. Sez. 5, n. 18364 del 10/04/2012„ Rv. 252691). Tale norma postula
infatti o il già definitivo accertamento della responsabilità penale, o l’accoglimento
dell’impugnazione proposta dalla sola parte civile contro la sentenza di proscioglimento
dell’imputato, esigendo comunque che la sentenza gravata si sia pronunciata nel merito,
mentre nella specie il ricorso riguarda la declaratoria di rigetto del proposto appello della
parte civile, senza alcuna – come già rilevato- sostanziale motivazione. Diversamente
opinando, si perverrebbe al paradossale risultato che il suddetto vizio della sentenza
darebbe luogo alla neutralizzazione degli effetti della proposizione dell’azione civile entro il
giudizio penale (cfr. in tal senso Sez. 3, 16 gennaio 2013, Rv. 255110), con la ulteriore
conseguenza che il rinvio al giudice civile priverebbe ingiustificatamente il ricorrente di un
grado di merito del processo penale (v., per il caso analogo in cui il giudice di secondo
grado, dichiarando la prescrizione del reato, abbia omesso di statuire in ordine agli interessi
civili: Cass. 42135/2011, Rv. 251707).
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla dichiarazione di rigetto dell’appello
proposto dalla parte civile con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania…
Così deciso nella camera di consiglio del 9 luglio 2013

x.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE
IL PRESIDENTE

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