Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48511 del 05/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48511 Anno 2015
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MEDDA ANTONIO N. IL 17/06/1962
avverso la sentenza n. 10596/2014 GIP TRIBUNALE di CAGLIARI,
del 20/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;

Data Udienza: 05/11/2015

19793/15 RG
Motivi della decisione

Con la sentenza indicata in epigrafe il G.I.P. del Tribunale di Cagliari ha applicato a MEDDA
Antonio, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena concordata per il reato di cui all’ art. 73
d.p.R. n. 309/90.

Tanto premesso, si osserva che l’impugnazione si rivela inammissibile perché manifestamente
infondata, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è conformato – con
motivazione che il ricorrente non attinge in alcun modo – alle indicazioni di questa Corte
regolatrice e, adeguandosi a quanto contenuto nell’accordo tra le parti ed esplicitando
l’effettuazione dei controlli a lui demandati, ha soddisfatto in maniera adeguata all’obbligo di
motivazione, calibrato in rapporto alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti (Cass. Sez. U del 27/03/1992, Di Benedetto; Sez. U del
27/09/1995, Serafino; Sez. U del 25/11/1998, Messina).
Nel ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra
le parti, non è ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si
versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena
proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una volta
perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato
a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione,
a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione
dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute.(Sez. 3, n. 18735 del 27/03/2001
Ciliberti Rv. 219852).

All’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle
ammende, che stimasi equo quantificare in euro 1.500,00 (millecinquecento).
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.500,00 (millecinquecento) in favore della cassa delle ammende.
Roma, 5.11.2015

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore,
deducendo vizio di motivazione in ordine alla congruità della pena con particolare riferimento
all’aumento per la continuazione rispetto ad ipotesi rientranti nelle c.d. droghe leggere.

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