Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48502 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48502 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
P.M. presso il Tribunale di Vigevano
avverso l’ordinanza del 6.5.2013
del Tribunale di Pavia
nei confronti di
1) Silva Roberto

nato il 29.1.1950

sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Fulvio Baldi, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
sentito il difensore, avv. Caffù in sost. avv. Andrea Rodolfo
Masera, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

1

Data Udienza: 07/11/2013

1. Con ordinanza in data 6.52)13 il Tribunale di Pavia anrullava il decreto di sequestro preventivo, EMESSO dal GIP
del Tribunale di Vigevano in data 12.42313, disposto sui beni personali dell’indagato Silva Roberto e ne ordinava
la restitizione all’avente diritto.
PrErnetteva il Tribunale de il decreto di sequestro era stato Emesso, ipotizzandosi l’esistenza di una associazione
per delinquere transnazionale, finalizzata alla frode in camere-io di vino ed alla evasione delle accise gravanti in
Gran Bretagna calcolate complessivamente in euro 6.836.810,5, e che, competa/a al Tribunale del riesarevalutare,
sulla base degli atti e delle deduzioni delle parti, la corretta qualificazione giuridica dei fatti in relazione ai
presupposti di legittimità della misura cautelare.
Tanto premesso, rilevava il Tribunale, in ordine al reato di cui all’art.43 D.Lvo 504195, che la norrnativa del D.Lvo
in questione fa riferimento ad imposte mila produzione e sui conami ed alle relative sanzioni con esclusivo
riferimento ad imposte esigibil i dallo Stato Italiano (ccme si ricava, in particolare, dal disposto degli artt2, 10, 1Ciribis
e 10 ter, 3 co.4).
Nel caso di specie, invece, Emergeva, padficamente, che non si trattava di evasione di accisa dovuta allo Stato italiano,
ma eventualmete ai altro Stato.
Non essendovi alcuna evasione di tributi dovuti allo Stato italiano, non era configurabile il reato ipotivato di cui
al I ‘a rt43 cit; né era possibile parlare di reato ari -messo a I I ‘estero presupponendo anche tale ipotesi I ‘evasione di
acdsa dovuta allo Stato italiano.
L’impossibilità di configurare il reato in questione si ripercuoteva anche sulla individuazione e quantificazione del
profitto del reato associativo, pur volendosi dare per armessa una evasione dell’accisa britannica (peraltro la
determinazione era stata effetluata da un responsabile del Servizio antisofisticazioni vinicole della Provincia di
Alessandria de non aveva alcuna compaterza neppure i astrdtto in proposito).
Il decreto di sequestro era quindi privo di motivazione nella parte in cui faceva propria tale quantificazione; siahè in
rrencanza di denminazione dei profitto del reato associativo, non era possibile individuare l’equivalente cui ancorare
sequestro.
Tali considerazioni erano assorbenti in ordine all’accertzmento della consapevole partecipazione dei soggetti
indagati al reato associativo.
Rissisteva, invem, il firrus del reato dì cui agli artt56, 516 e 517 c.p., per cui andava mantenuto il sequestro
dell’azienda per impedire de essa venisse utilizzata per ulteriori condotte illecite.
2. Ricorre per cassazione il P.M. presso il Tribunale di Vigevano, derunciando, con il primo motivo, l’inosservanza
Elo erronea applicazione dell’art43 D.L50495 con riferirrerto ad imposte di fabbricazione dovute nel Rapo Unito.
La norma sanziona chiunque sottrae all’accertarreto dell’accisa alcool e bevande alcooliche, ma non specifica se
tale accertamento debba riferirsi allo Stato italiano e non a qualunque altro Stato ccmunitario. In tal se so si è
pronunciata in un caso analogo la Cassazione (sEe.1 n.2518 del 253.1999).
Con il secondo motivo de-unda l’inosservanza et) erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla
mancata individuazione del profitto del reato associativo.
Il Tribunale omette di considerare che, anche se si dovesse ritenere insussistente il reato finanziario, il profitto poteva
derivare all’associazione dagli altri illeciti penali ipotizzati (plurrni reati di frode in corrmercio e di evasione
dell’iva) nel prooedirenbo e dei conseguenti consistenti profitti illeciti.
Con il terzo motivo denuncia l’inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale con riferimento
all’impossibilità di quantificare o alla ritenuta erronea quantificazione del profitto del reato associativo.

RITENUTO IN FATTO

3. Con mEmoria del 21.102)13 il difersore dell’indagao asarre, quanto al primo motivOdi ricorso, che le
ara-re-dazioni del P.M. sono inconferenti, risultando corretta l’interpretazione della norma fornita dal Tribunale.
Il secondo motivo è inarrnissibile per violazione dell’art.325 cp.p, cenairandosi la motivazione del prowedimeto
impugnato
Anche il terzo motivo è inarrnissibile in quarto vengono censurate le argomEntazioni del Tribunale in ordine alla
quantificazione del presunto profitto del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso del P.M. è inarmissibile per carenza di legittimazione.

2

44,

2. Il prowedimento impugnato è stato emesso dal Tribunale del riesare di Pavia, mentre a ricorrere per cassazione è
il P.M. presso il Tribunale di Vigevano, che aveva fatto richiede al GIP di applicazione della misura cautelare reale
(poi parziaknenteamullata al Tribunale).

modifiche nella L23.12.1996 n.652), contro le decisioni eresse a norma degli artt 309 e 310 cp.p. possono
proporre ricorso per cassazione il pubblico ministero presso il Tribunale del riesane e quello, w diverso, che ha
chiesto l’applicazione della misura.
Per le misure cautelari reali, invece, l’art325 cpf.prevede che contro le ordinanze emesse a norma degli artt322 bis e
324 possano propone ricorso per cassazione, il pubblico ministero, l’impuleto ed il suo difensore.
Sicchè, cane ribadito costenbarente da questa Corte, “è ina -rmbile, per difetto di legittinazione, il ricorso per
cassazione awerso l’ordinanza del Tribunale del riesane proposto dal Pubblico Ministero che ha richiesto
l’applicazione della misura cautelale reale, in quanto legittimato a ricorrere contro le ordinanze del tribunale
distrettuale è solo il Procuratore della Repubblica presso queseuttkno” (cfr. Cass.pen. S. 3 n.25882 del 25.62)10,
che richiana la giurispruderm precedente, nonché, più di recente, Cass. SEZ. 3 n.47142 del 7.112012).
P. Q. M.
Dichiara inarrmissibile il ricorso del P.M.
Così deciso in Rcrna il 7.112013

3. Ai sensi dell’art. 311 ccrrma 1 cp.p. (nel testi) introdotto dall’art3 del D.L 23.10.1996 n.553, convertito con

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