Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48491 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48491 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE SARLO MARIO N. IL 16/01/1952
avverso la sentenza n. 10224/2012 TRIB.SEZ.DIST. di MANDURIA,
del 11/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ,e
USQ
:-

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 13/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’11.12.2012 il Tribunale di Taranto – Sezione Distaccata
di Manduria ha condannato

Mario DE SARLO

alla pena dell’ammenda,

riconoscendolo responsabile del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) d.lgs.
152\06, per l’illecito stoccaggio, su un terreno di sua proprietà, di rifiuti speciali

l’originaria imputazione per realizzazione di una discarica abusiva.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, rilevando la mancanza di prove in ordine alla sua responsabilità per
i fatti contestati, rilevando come gli stessi non avrebbero potuto essergli
addebitati per il solo fatto di avere la proprietà del terreno interessato dall’attività
di stoccaggio di rifiuti.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Le censure mosse al provvedimento impugnato appaiono non solo
generiche, ma anche prevalentemente finalizzate ad ottenere una valutazione
alternativa degli elementi fattuali analizzati dal giudice di prime cure, attività che
però è preclusa a questo giudice di legittimità, a cui non compete di ripetere
l’esperienza conoscitiva del giudice di merito.

4. Ciò posto, rileva il Collegio che il Tribunale ha correttamente qualificato
come illecita gestione l’attività posta in essere dall’imputato.
Osserva il giudice del merito che la polizia giudiziaria, a seguito di esposto,
aveva proceduto ad un sopralluogo su un terreno di circa 10.000 mq., di
proprietà del ricorrente, completamente recintato e munito di due accessi
carrabili privi di chiusura, ove risultavano presenti cumuli di rifiuti consistenti in
materiali da demolizione per 40 – 50 mc, parte dei quali già utilizzata per
riempire un dislivello presente sull’area anche mediante spianamento.
Avuto riguardo alla quantità dei rifiuti, alle modalità di accumulo, alle

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non pericolosi consistenti in materiale da demolizione, così modificando

caratteristiche dell’area ed all’assenza di una situazione, anche tendenziale, di
degrado della stessa, il giudice del merito ha ritenuto di riqualificare l’originaria
imputazione di realizzazione di discarica abusiva (art. 256, comma 3 d.lgs.
152\06) in quella di illecita gestione, giustamente individuando l’attività
concretamente posta in essere nello stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi.
Lo stoccaggio è definito dall’art. 183, comma 1, lett. aa) d.lgs. 152\06 come
«le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di
rifiuti di cui al punto D15 dell’Allegato B alla parte quarta del decreto (e, cioè, il

escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono
prodotti) nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in
riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell’Allegato C alla medesima parte quarta (e,
cioè, la messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei
punti da R1 a R12 escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo
in cui sono prodotti).

5. Nella fattispecie, il giudice del merito, ha rilevato come lo scarico ed il
deposito nell’area dei rifiuti speciali corrispondesse alla definizione suddetta,
evidentemente considerando anche la destinazione dei rifiuti.
Dalla descrizione della situazione ben poteva infatti ritenersi che nell’area
fosse stato effettuato, quanto meno, un deposito preliminare (D13) in vista di
successive operazioni.
Tale attività, come pure risulta accertato dal giudice del merito, veniva
effettuata in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo, configurandosi, così,
un’ipotesi di illecita gestione.
Deve ricordarsi, a tale proposito, che la giurisprudenza di questa Corte ha
già avuto modo di rilevare che anche nelle direttive comunitarie l’attività di
stoccaggio viene considerata un’operazione di smaltimento o di recupero
secondo la destinazione del rifiuto, con l’ovvia conseguenza che, qualora il
termine stoccaggio non venga utilizzato in alcune disposizioni (come in quelle
che prevedono sanzioni per l’illecita attività di gestione) si applicheranno
comunque le disposizioni previste, a seconda dei casi, per lo smaltimento ed il
recupero (v. Sez. III n. 42212, 29 settembre 2004).

6. Oltre ad aver correttamente qualificato i fatti contestati, il Tribunale ha
anche compiutamente esaminato l’aspetto concernente la responsabilità
dell’imputato che, diversamente da quanto affermato in ricorso, non è stata
ritenuta considerando esclusivamente la sua posizione di proprietario dell’area.
Il giudice ha infatti valorizzato la circostanza, emersa nel corso

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deposito preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14,

dell’istruzione dibattimentale, della utilizzazione di parte dei rifiuti per colmare un
dislivello presente sul terreno, osservando che, sebbene l’accesso all’area fosse
privo di sbarramenti, la collocazione dei rifiuti ed il loro impiego per interventi di
sistemazione del fondo consentivano di escludere l’abbandono da parte di terzi,
dovendosi al contrario ritenere che lo stoccaggio fosse stato effettuato dal
proprietario dell’area o da altri su sua disposizione quale attività prodromica ad
ulteriori attività di sistemazione del fondo.
Si tratta, ad avviso del Collegio, di argomentazioni del tutto scevre da

la mera elencazione di principi giurisprudenziali in tema di responsabilità del
proprietario del terreno interessato da abbandono di rifiuti o adibito a discarica
senza tuttavia replicare, se non limitandosi a negare la propria responsabilità,
alle pertinenti osservazioni del giudice del merito.
L’adeguatezza delle linee argomentative e la congruenza logica del discorso
giustificativo della decisione la rendono pertanto immune da censure.

7. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento
Così deciso in data 13.11.2013

lacerazioni di senso o manifeste contraddizioni, alle quali il ricorrente ha opposto

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